"APPUNTI DI VIAGGIO": ... DI QUEL CHE MI RICORDO DEL GUATEMALA
ANGELO LUCHETTA
Avevo messo la testa nel sacco per questo viaggio. Perché mai avevo accettato di andare a passare tre mesi su una barca a vela ormeggiata lungo il Rio Dulce, abbandonando lavoro e casa?
Forse per passare il mio primo inverno sotto i tropici? O per rivedere l’amico che da venti anni naviga e vive con la sua barca a vela nei Caraibi con lavori precari? Per una misteriosa voglia di conoscere il Guatemala dei Maya? Un po’ dei tre motivi, sicuramente.
 
L’unico biglietto aereo economicamente interessante in partenza da Ginevra era stato quello della compagnia Iberia che mi fece passare diciotto ore di volo e cambi tra Madrid e Miami. Avendo visto che l’arrivo era previsto alle 01:30 della mattina, e sapendo per esperienza del tempo sempre troppo lungo da passare tra discesa dall’aereo, camminata tipo “formica” fino agli sportelli della dogana, attesa e recupero bagagli, mi parve quasi ovvio che avrei preso un taxi all’uscita per andare nel primo hotel  accanto all’aeroporto.

Oggi come oggi con internet che governa le nostre vite pare impossibile non prenotare una camera d’albergo prima di mettersi in viaggio, e questo anche nel mio paese: la Svizzera.
Non ricordo se nel 2000 c’era le possibilità di prenotare qualcosa in Guatemala via internet (?!) Comunque avevo scelto il metodo tradizionale: buttarsi in acqua.
 
Si intravedevano le prime luci di Ciudad de Guatemala quando, gracchiando dagli altoparlanti, la voce del comandante di bordo annunciò l’imminenza dell’atterraggio e mi tirò fuori dalla contemplazione. Sorvolare la città m’impressionò. Tutte le luci mi indicarono l’immensità della capitale (chiamata Guate’ dagli stessi abitanti), nella quale avrei immerso il mio essere.
Una città, un paese, gli odori, i colori, Una cultura diversa della mia con i suoi codici da tradurre e i segni da interpretare.
Sto pensando alla vita tranquilla e sicura che avevo in Svizzera mentre guardo questi serpenti luminosi scivolare sotto l’aereo. Cosa mi aspetterà lì sotto?
 
Il tempo di scendere dall’aereo e di fare le code per la dogana e i bagagli. Sono già le tre della mattina di questo mese di novembre. Avevo considerato l’idea, in caso di grande stanchezza, di trovare una camera in un albergo vicino all'aroporto per riposare qualche ora, ma vedendo la folla frenetica alla ricerca del primo taxi disponibile, mi decido ad aspettare l’alba nello spazio delle partenze situato al primo piano.
L’atmosfera ovattata che seguì al baccano tipico delle uscite degli aeroporti riportò la serenità ai miei pensieri. “Devo uscire al più presto di questa città per recarmi a Rio Dulce. a Est del paese, tra il Belize e l'Honduras”, mi dissi.

Per farlo dovevo recarmi al terminal delle corriere della compagnia Litegua, l'unica con la Fuentes del Norte a fare servizio express in quella regione del Paese. Le corriere express, dette Pullman, sono il modo migliore e a un prezzo conveniente per fare lunghi percorsi seduti comodi con l’aria climatizata.
Dopo ci sono i famosi chicken bus utilizzati in tutta l’America Latina. Erano vecchi Bus scolastici statunitensi di colore giallo ma riverniciati con disegni dei tempi moderni. Costano poco, stracolmi e si fermano là dove non pensate che ci sia gente ad aspettarli. Brivido assicurato a chi piace giocare con la morte, soprattutto nei sorpassi a tutto gas, nelle curve senza visibilità!

Prendo la Litegua con aria climatizzata e lascio l’esperienza della mescolanza culturale dei chicken bus per un altro giorno. Li utilizzerò comunque sempre per i viaggi di meno di 100 km. Una vita senza rischi non vale la pena, a quanto pare, per noi occidentali, che viviamo nella tranquillità delle nostre democrazie. Che cosa sapevo del Guatemala se non quello che s’impara brevemente a scuola al capitolo “conquista spagnola”, quella che racconta il massacro e sottomissione dei Maya dopo quella degli Aztechi del Messico?

Quegli stessi Maya che furono grandi costruttori di palazzi, templi e piramidi, che lasciarono una scrittura particolare difficile da decifrare, il codex maya, e ben altro…
Altre informazioni contemporanee indicavano il monopolio della United Fruit Company già dal 1901. Un’esperienza socialista con Jacobo Arbenz Guzman, eletto presidente nel 1951 e rovesciato da un colpo di stato nel ‘54 con l’aiuto della CIA, che sfociò qualche anno dopo in una guerra civile sanguinosa che fece 200.000 morti, per lo più civili indigeni delle comunità Maya, e terminata con un accordo di pace nel 1996 sotto l’Egidio delle nazioni Unite.

Sapevo che Ernesto “Che” Guevara si era fermato a Guate’ negli inizi degli anni 50. Sapevo che era un paese con vulcani in attività, siti archeologi Precolombiani importanti, magnifici da visitare, che i vestiti degli indigeni erano variopinti. Alla fine non sapevo un granchè, ma di una cosa ero certo: non si passeggia di notte e ancora meno vicino all’aeroporto che dista solo quattro km da una città dell'America Centrale di quasi tre milioni di abitanti.
 
L’unica volta che avevo messo piedi nei paesi latinoamericani fu sull’isola di Margarita in Venezuela nel 1997. Stavo vivendo da mesi in Canada, a una temperatura di - 26°, quando andai a trovare questo stesso amico che stava ormeggiato lì con la barca. Pochi giorni e uno choc termico. Dopo me ne ritornai nell’ inverno del Canada. Non avevo imparato granchè tranne non mettere ghiaccio nel mio rhum e non mangiare cibo cucinato per strada.
 
Ora dovevo rimettermi la testa a posto, svegliarmi dal torpore del volo. Non avendo nessuno ad accogliermi e a farmi da guida, dovevo mettermi rapidamente in modalità “sopravvivenza” e riflettere non come uno che ha un alloggio prenotato all’arrivo, ma come uno che deve vivere in questo posto un po’ più a lungo. 

Due libretti per imparare la lingua spagnola: un dizionario con frasi comuni, l’altro con i verbi regolari e irregolari. Avevo imparato a memoria qualche parola e i verbi in spagnolo, ma la somiglianza sonora con l’italiano mi fece abbandonare quegli studi di base appena iniziati.

Nel dialetto veneto il verbo “chiudere” si pronuncia “serar” , esattamente come nella lingua spagnola,  ma è scritto “cerrar”. Da lì iniziai a leggere, ma senza per forza memorizzare. L’ immersione totale avrebbe fatto il resto.
La mescolanza dell’italiano e del dialetto veneto con un pizzico di spagnolo sarebbe stata utile per farmi comprendere quando parlavo. In realtà non ottenevo buoni risultati, se non delle grande risate da parte dei miei interlocutori.

In tutti i viaggi mi sono sempre dato una regola semplice: prima di partire imparare a memoria le parole “buongiorno”, “buonasera”, “per favore”, “grazie”, “scusi”, “dove”, “bagno” e i verbi “gradire”, “avere”, “essere”. Mi piace scherzare dicendo che una delle frasi più importanti è “ Buongiorno! Per favore dove essere bagno? Grazie.”

Vi sembra stupido? Beh, quando sarete nel bel mezzo di un bazar turco, un mercato greco o un quartiere di Algeri, con il mal di pancia, capirete subito.
Imparare qualche parola della lingua del paese dove soggiornate mi pare rientrare nel minimo di rispetto obbligatorio nei confronti degli abitanti. Inoltre ciò fa nascere subito un clima di simpatia nei vostri confronti e non vi fa passare per il maleducato di turno che sa solo dire “pizza, spaghetti, coca-cola”.
 
Al contrario dei miei altri viaggi in America del Nord, inGuatemala camminavo abbastanza leggero.  Niente zaino colorato con appeso sacco a pelo e altre cianfrusaglie da campeggio, ma un semplice borsone nero in tela, tipo militare, dove si butta tutto dentro. Niente vestiti cari di negozi specializzati, ma un vecchio jeans usato, niente scarponi di marca, ma un paio di scarpe qualunque comprate a 20 euro e utilizzate da qualche tempo, niente giacca moderna in goretex, ma una in jeans stravecchio comprata di seconda mano e compagna di tutti i miei viaggi precedenti.

Niente chiavi di casa e soprattutto niente cellulare, quest’ultimo lasciato spento in Svizzera, un lusso che forse adesso non ci si vuole più permettere. Per motivi di sicurezza avevo lasciato a casa dei genitori il mio braccialetto d’argento, comprato a un Navajo di Tuba City nell’Arizona nel 93, e il mio orologio di acciaio, senza valore, ma brillante al sole. Inutile fare da capra legata al palo aspettando il lupo!
 
Dove ero rimasto? Ah si, l’attesa bucolica in un aeroporto internazionale di un alba splendente su un giorno nuovo e sicuramente avventuroso. Dico cosi perché ora, dopo la descrizione fatta un pò "stile letterario" passo ora al modo  “ embedded” come si suo dire nelle redazioni.
 
Esco quindi dall'aeroporto e prendo questo benedetto taxi alle sei di mattina. Entro e con un bell’accento veneto dico: "Oueilà, tassista! Al terminal del’ Liteegua per piaser’
'Sta bien! Entonces cerra la puerta y vamos!- mi risponde lui.
Caspita! “Serar” la porta? Si parla Veneto?
Allora certo che “sere” la porta compare e  “me sente anca do” (Chiudo la porta compare e mi siedo anch'io).
E via con questo taxi sgangherato per le strade della città senza fermarsi agli stop e ai semafori, rallentando ogni tanto alla vista del poliziotto che beve il primo caffè all’angolo della strada.

L’autista mi dice di non avere paura perchè qui si guida sempre cosi di mattina, bisogna approfittare fino a quando non c’è ancora traffico. Deve avere visto nello specchiettoretrovisore il mio sguardo spaventato e interrogatore.
  •  
  • Ed io gli faccio domande:
  • Compare! perché muovi la mano fuori il finestrino quando giri a sinistra?
  • Per indicare che giro a sinistra!
  • Che domanda stupida.
  • I pedoni! I pedoni! Attenzione! Caspita!
  • Tranquilo hombre, sanno saltare!
Imparerò rapidamente nelle settimane seguenti questo tipo di guida molto particolare in città e muoverò anch’io la mano fuori dal finestrino. Meglio se avete un passeggero che muove la sua mano per girare a destra cosi siete sicuri di essere capito dagli altri conducenti. In confronto la guida a Napoli sembra rispettosa delle regole!

Dalla grandissima e lunghissima Avenida La Reforma ci tuffiamo nei quartieri centrali della città per arrivare al Terminal della Litegua nella Zona 1, il centro storico della capitale.
Qualche Pullman sulla piccola piazza, una biglietteria come tante, la fila, la domanda del biglietto solo andata per Rio Dulce, un caffè e una colazione rapida al “Rincon” del posto, il borsone buttato in stiva e salgo.
Chi ha detto che le strade di Guate City sono sporche? Sono sicuramente usurate dal tempo, a volte rotte e quelle vicino ai mercati popolari sporche della giornata, ma vengono sempre ripulite per il giorno dopo.

Certamente caotica e nella periferia meno attenzione alla pulizia, ma il centro storico di Guate' rimane ricco di edifici del passato coloniale, di negozi vari, mercati artigianali e una vita popolare unica dove la gentilezza dei guatemaltechi, per lo più di origine Maya, è leggendaria.
 
Si parte per Rio Dulce e la gente riempie poco a poco le strade, i negozi si aprono e alcune improbabili bancarelle s’installano ovunque giù dai marciapiedi, bambini tirano carretti pieni colmi di merce varia e s’infilano nella circolazione. L’aria fresca della mattina se ne va con i primi odori della cucina dei “comedor”. Ritornerò spesso a Guate'.
Si pensa di dormire durante il viaggio, ma la curiosità vi tiene svegli e il finestrino del pullman diventa una televisione e trasmette un incredibile documentario sul Guatemala che durerà per cinque ore.
 
Finalmente ritrovo il mio amico a Rio Dulce e la vita sotto i tropici inizia bevendo dei rum-coca con ghiaccio e mangiando cose cucinate in strada!!
Sapevo che mettere del ghiaccio nel rum e mangiare per strada significava beccarsi di sicuro la dissenteria del viaggiatore, ma dovevo crearmi subito gli anticorpi. Inutile pensare di vivere in un vaso sterile per tre mesi bevendo solo acqua in bottiglie. Qui si mangia per strada e si beve tutto con ghiaccio. E amen!

Dopo cinque o sei giorni di mal di pancia e dissenteria acuta ritrovai il gusto di vivere e gli odori della “comida” in strada. Tutto il tempo che rimasi lì non fui mai più incomodato da un problema gastrico, e caspita, se ne ho mangiate di cose lungo le strade del Guatemala! E, in più, mi piaceva. E’ per le strade del paese che si sente veramente battere il cuore della gente, che s’imparano le parole utili o i gesti semplici della vita locale, come quello di ordinare la birra nazionale Gallo nei bar notturni stracolmi di gente e rumorosi, simulando con la mano aperta sulla testa la cresta del gallo e indicandone quante con l’altra. Più semplice di cosi!

La tienda “Bendicion de Dios” era diventata la nostra mensa. Piccolo locale aperto sulla strada con cucina semplice di tortillas di mais con carne o legumi e condimenti diversi ma senza alcool. Senza birra e con un nome del genere non poteva significare altro che “evangelismo”, l’altra grande piaga dell’America Latina. Li riconosci subito, basta proporre loro una birra e quelli ti rispondono: “ la mia religione non me lo permette”.
Mangiavamo sul tavolo messo in strada cosi da potere bere la birra comprata nella tienda di alimentazione accanto e nessuno trovava niente da ridire. La birra non entrava nel locale e la vita proseguiva normalmente. Pragmatismo guatemalteco.
 
Facevano degli sforzi per l’igiene, portavano dei guanti di plastica leggera per preparare gli alimenti ma si dimenticavano di toglierseli quando prendevano o rendevano i soldi ai clienti. Gli anticorpi ce li avevo già e ci ridevo sopra. Alla fine della giornata si andava spesso a bere la birra in una piccola tienda vicino al fiume. Nelle tiendas vendono solitamente due tipi di birra tra le tante che esistono: la Gallo tradizionale e meno cara di tutte e la Montecarlo Premium. Di solito c’erano anche i lavoratori e i pescatori che prima di tornare a casa si scolavano una birra fresca o dell’aguardiente di canna da zucchero meno cara, ma più pericolosa per la testa. Si parlava di tutto e di niente e si beveva pagando a turno “ el trago”. La Montecarlo era apprezzata da tutti e dicevamo loro che per un Quetzal in più valeva comunque la pena di bersi quella migliore.

La riposta fu molto semplice: - Certo che preferiremmo bere la migliore, ma con il costo di 6 Montecarlo a 7 Quetzal noi compriamo 7 Gallo, visto che ognuna costa 6 Quetzal!-

Da allora bevemmo sempre della birra “Gallo” con loro ma l’ultimo giro prima di andare via pagavamo
" Montecarlo" per tutti. Inutile essere un bianco europeo se non si può ogni tanto fare qualcosa di piacevole con i soldi che si hanno. Il Gringo paternalista che paga solo le cose più care per dimostrare il  potere o quello ingenuo "umanitario salva-popoli" che al contrario paga sempre le meno care per l’illusione di ottenere l’amicizia della “plebe”?
Tra questi due esempi universali bisogna trovare un equilibrio.
L’equilibrio a volte veniva a mancare quando c’era stata troppa “indita”, l’aguardiente di canna da zucchero, bevuta davanti alla tienda. Non era raro vedere i machetes alzarsi in aria per affermare la virilità. Nelle zone rurali tutti portano il machete per i lavori nei campi e questo rende la vostra vita più difficile quando siete in mezzo a un gruppo di ubriachi.
  •                  - Qui non pensare più con la tua logica occidentale sennò ti farà venire l’ulcera -
  • Mi ero sentito dire questo appena arrivato. E chi ha voglia di farsi venire l’ulcera sotto i tropici? Pero il machete me lo compro anch’io, non si sa mai.
    Già che si dormiva con il fucile calibro 12 accanto al letto, non era un machete che avrebbe fatto la differenza.
     
    Collaboravamo alla costruzione di una marina privata e si andava spesso a Guate con un fuori strada scassato per comprare materiale. Avevamo a disposizione un appartamento nella zona 4 all’incrocio della 9 e 5. Il tempo di trovare quello che avevamo bisogno e si ripartiva dopo qualche giorno. Si trova di tutto a Guate ma non sempre subito e allora s’impara una delle grande virtù in America Centrale: la Pazienza!
     
    La capitale divisa in zone definite dai numeri 1 a 22 è, come si poteva prevedere, da evitare al massimo. La zona 1, chiamata Centro Historico, dove guarda caso ci sono tanti monumenti da visitare e alberghi molto più economici, sconsigliata ai turisti. La città di giorno sembra sotto assedio tante le guardie armate che girano davanti a banche, negozi e altri uffici amministrativi.
    Tantissime le armi in circolazione nella società guatemalteca e con una certa facilità a ottenerle al mercato nero.
    Essendo assai diffuso nel paese il porto d’armi, i locali notturni vi proibiscono di entrare con le armi e il massiccio servizio d’ordine vi obbliga a lasciare la vostra pistola alla simpatica signorina dietro il bancone. Altri paesi, altri costumi.
     
    Se veramente volete andare a visitare la città fatelo di giorno, la mattina presto, e poi tornate all’interno delle zone 9 e 10 per fare la festa e dormire.
    La zona 10 conosciuta come la Zona Viva, sarebbe la zona dei negozi, hotel di lusso, ristoranti e bar notturni dove turisti e Guatemaltechi benestanti si ritrovano nella serata e dove ci si può rilassare e fare la festa.
    L’immensa ambasciata USA sull’Avenida La Reforma tra la 9 e la 10 Zona avrà sicuramente influito sulla tranquillità di queste ultime, nel passato almeno.
    Ecco che ricomincio a fare la guida turistica. Fatemi pensare di aprire un blog dove v’indicherò tutti gli indirizzi, soprattutto quelli meno frequentabili per noi “gringos”.

    Lo stile “american way of life”  della Zona Viva non quadra con la vita reale che vi circonda. Ristoranti “alla Franchhhéééze”, bar Australiani con i tipici cartelloni stradali indicandovi il passaggio di canguri, quelli statunitensi con le tavole da surf al muro, Pizzerie Vesuvio, etc... tutto cosi fuori posto che la prima serata, quando tornai in città dopo settimane di “acclimatazione” dal Rio Dulce, me ne andai a piedi verso i locali guatemaltechi, qualche strada accanto.

    Non avevo seguito per niente questi buoni consigli di evitare la Capitale e me ne andavo camminando tutta la giornata a visitare i dintorni. Si capisce subito quando una zona diventa più pericolosa per un “gringo”. Allora senza precipitarsi, ma con passo determinato, si cerca la via di uscita.
    Dalla zona 4, che di giorno è considerata quasi tranquilla, mi ero incamminato fino alla mia zona preferita attraversando una specie di “no man’s land” urbano dove non c’era assolutamente niente da fare, anzi era meglio camminare con quell’aria di chi sa dove va. Andavo di mattina al Mercado Central della Zona 1 facendomi prima la colazione al tavolo di un “comedor” qualsiasi.

    Mi gustavo il mio enorme piatto di uevos rancheros con frijoles e platano bevendo il mio tazzone di caffè sempre troppo zuccherato. Il caffè te lo zuccherano loro prima di portartelo e sembra che tutti lo bevano molto zuccherato. Por favor sin azucar!  L’abitudine dietro al bancone era troppo forte, 2 volte su 3 me lo ritrovavo zuccherato, eh va beh cosa ci vuoi fare? Fa parte del rituale della mattina no??
     
    In seguito prendevo sempre il taxi perché comunque rimane pericoloso muoversi a piedi nelle varie zone.
    Mi ricordo della signora che si toglieva le collane e anelli ogni sera per salire sulla machina del marito che veniva a prenderla dopo il lavoro.
    - Capisci - mi diceva - qui se ti vedono con un anello d’oro alla mano, ti tirano giù dalla macchina al semaforo per strappartelo e ti ammazzano pure, se resisti -.
    Per capire l’avevo già capito che qui la vita non vale un gran che. Da tre mesi che ero nel paese, avevo già visto due cadaveri scendere lungo il fiume e avevo evitato di ritrovarmi per poco in mezzo a una sparatoria sull'unica strada principale.
    I cadaveri, pare, fossero quelli di due ladri che avevano iniziato una serie di aggressioni armate con proprietari stranieri di barche a vela ormeggiati sul Rio Dulce. Guarda caso sono morti dopo qualche giorno dalla visita di una certa polizia investigativa speciale che li stava cercando.
     
    La ciliegina sulla torta arriva quando si parla della criminalità di questo paese, con uno dei tassi più alti dell’America Centrale, se non del mondo, con un livello di violenza alta che tocca i turisti. Inefficienza della polizia di stato e corruzione alle stelle. Si usa dire che quando si tratta di aggressione a mano armata nelle strade … non si sa se siano banditi comuni o poliziotti fuori servizio per incrementare lo stipendio.

    Un giro sui siti d’informazioni dei Ministeri degli affari esteri dei diversi paesi Europei, senza parlare di quello USA, per capire che si prospettano pericoli anche per chi viaggia nel Liechtenstein, (paese monarchico-bancario di 160km2 con 36.000 sudditi al fianco EST della Svizzera per chi non l’avesse localizzato subito). Così si abbandonerebbe subito l’idea di passare delle vacanze in Guatemala. Infatti nel capitolo  “ Consigli ai viaggiatori” si legge che il Paese è ad alto rischio sismico e certi vulcani sono tuttora in attività, i rischi sanitari sono elevatissimi e in particolare si parla della malaria al nord e la febbre dengue nel resto del paese, etc... Si consiglia di portarsi una tonnellata di medicinali e avere un’assicurazione per il rimpatrio in caso d’incidente perché gli ospedali locali non sono affidabili.

    Il numero elevato di controlli dei differenti corpi della polizia militare o di stato lungo le strade principali del paese era sempre all’ordine del giorno nel 2000. Questo dava probabilmente un senso di sicurezza ai turisti, ma per gli abitanti locali era solo quando il bus ripartiva libero dal cordone della polizia, e ritrovavano il sorriso pensando “beh! Anche questa volta ci è andata bene”.
    In sostanza tutte le regioni del paese sono sconsigliate ai viaggiatori solitari, particolarmente quella del dipartimento di Izabal con la zona Rio Dulce in particolare, lì dove devo recarmi. E tu parli di vacanze….
    In confronto l’Iraq sembra essere una destinazione rilassante e l’Afghanistan una cura termale.
     
     
    Spiegavo in modo molto semplice a certi turisti la differenza che c’era tra le diverse polizie per le strade del paese: I “gentili”, vestiti bruni e pistola Beretta, si occupano degli affari correnti e della circolazione. I “cattivi”, vestiti blu con capello giungla e mitraglietta Uzi, si occupano di criminalità e i “cattivoni”, vestiti neri con berretto verde, fucili automatici AK47, si occupano di tutto quello che gli altri non possono o non osano fare. Inutile e pericoloso discutere con questi ultimi del tempo che farà domani o dei metodi utilizzati per controllarvi, se ne fregano che siate turisti nel loro paese, lasciateli fare senza guardarli troppo e mi raccomando: niente foto!
     
    Alla fine in Guatemala non ci sono rimasto tre mesi, come avevo previsto, bensì 6 mesi. Mi ero trovato bene nel Rio Dulce, clima tropicale, giungla con frutta e selvaggina, un lago immenso con un fiume e il suo corso si inoltra tra le mangrovie facendovi pensare di essere nell’Amazzonia. Navigando nelll’ultimo tratto, là  prima di sfociare nel mar dei Caraibi tra le alte pareti delle montagne,l'acqua  forma quello che si chiama un rio, e vi catapulta nell’epoca dei primi navigatori che scoprirono questo paradiso.
     
    Che cosa posso dire del Guatemala? Che sono rimasto colpito dalla gentilezza della popolazione maya, dalla sua timidezza o forse.........dall’antica Antigua. In piena “semana Santa” è il migliore momento per visitarla e farsi trasportare dal senso di fede che fuoriesce dai cortei di carri portati da una ventina di fedeli incappucciati, l’odore intenso dell’incenso.
    Totonicapan lo ricordo per i più begli oggetti lavorati in terracotta, Quetzaltenango per la sua birra pilsener creata dagli emigrati tedeschi. Chichicastenango per il suo colorato mercato indigeno, il lago Atitlan e Panajachel per non si sa che, ma sicuramente il panorama del vulcano sul lago.

    La mia visita di Panajachel mi fece capire che paradiso Rio Dulce fosse e l'unico posto che mi diede  soddisfazione in questa città fu il mercato municipale dove potevo fare la colazione con il tradizionale tazzone di caffè... molto zuccherato. Ci ho lavorato nel Rio Dulce, fatto la festa con gente poco raccomandabile, ho mangiato la cucina fatta in strada  bevendo la peggiore aguardiente. Ho navigato per le mangrovie di El Golfete e disceso il rio fino a Livingstone dove vive l'unica comunità nera del Guatemala detta Garifuna e trovi tutta la droga che vuoi. Ho viaggiato per il paese, Quezaltenango, Huehuetenango, Puerto Barrios, Morales, Antigua, Totonicapan, Guate’, Mixco. Ho dormito con il fucile calibro 12 vicino al letto, evitato serpenti, sia quei veri che quelli a due zampe con la pistola in tasca. 

    Ma alla fine il tempo maya mi ha conquistato. Appena rimesso l’orologio al polso...ed erano gia passati 6 mesi. Me ne sono andato via passando la frontiera con il Messico, e sono arrivato in Chiapas. Avevo il mio machete nel borsone, ma gli anticorpi erano rimasti in Guatemala. Tanto cose da raccontare ancora ma questo è un'altra storia....

    Terrò sempre in  memoria questo libro:
    “Guatemala Nuncas mas, Il genocidio delle popolazioni maya nella denuncia della chiesa cattolica e nel rapporto ONU. Memoria del silenzio. Con prefazione di Rigoberta Menchu.” (Continente desarapecido, 1999, Sperling & Kupfer Editori)
     
     
     
     
Angelo Luchetta. Nato nella Svizzera francese, cresce fra due culture, essendo di madre italiana del Veneto e padre svizzero. Poi le culture si moltiplicano. Viaggiatore con diverse esperienze di vita anche nel continente americano. Le varie tappe e distanze percorse, arricchite da una curiosità notevole verso usi e costumi differenti, permettono di poterlo definire un “raccontatore di storie” nelle quali si snodano conoscenze, curiosità su genti e Paesi che ha visitato, raccolte negli anni, grazie anche al fatto che parla correttamente 5 lingue.