Vita e amicizia: Myriam Fraga, Zélia Gattai e Jorge Amado. II PARTE
Cássia Lopes
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)


                                                                              Alla memoria dell’amica Myriam Fraga
                               
Durante la lettura delle cronache di viaggio, si distacca una lettera di Zélia a Myriam, datata 24 agosto 1989, inviata da Parigi. In essa, la donna fa riferimento a una fotografia di Myriam, sorpresa a dormire al tavolo di un caffè a Berna, in Svizzera. La fotografia era stata scattata da Zélia e, a quanto pare, inviata da Jorge Amado per scherzo. L'immagine non solo avrebbe rivelato la stanchezza di Myriam dopo aver camminato per le strade della città, ma avrebbe anche creato lo specchio giocoso in cui la direttrice della Fundação Casa de Jorge Amado si sarebbe vista in un modo in cui non avrebbe mai potuto vedersi, proprio perché dormiva: in quell'istante in cui si verifica la sospensione dell'immagine di sé resa possibile dall'esperienza del sonno, in un libero abbandono provocato dalla stanchezza.
 
L'obiettivo di Zélia catturò quest'immagine di Myriam che lei stessa non avrebbe mai conosciuto, né avrebbe mai sperimentato, se non fosse stato per l'interesse e il gesto dell'amica nel riprendere  l'attimo in cui l'altra si ritrovava in una dimensione di libertà e di abbandono al tempo, offerta dal viaggio e dalla compagnia degli amici. Viaggiare tra amici è un modo di amare, di condividere sensazioni, in cui il giudizio rimane sospeso per lasciar spazio al gioco, alle risate e ai sogni. Ma il gesto di Zélia non si limitò a questa foto. Insieme a questa fotografia di Myriam, inviò una seconda immagine di Jorge Amado: anche lui apparentemente dormiva mentre partecipava come giurato a una cerimonia di premiazione a Montreux. Insieme a queste due fotografie, che ritraggono i due rinomati scrittori addormentati in situazioni inaspettate, Zélia inviò un biglietto in cui si legge: "Le mando anche perché oltre te, anche Carlos possa vedere  che dormire è umano". (MYRIAM, 2013, p. 208)
 
La nostra analisi si concentra sull'atto del dormire che accomuna i due scrittori: Jorge Amado e Myriam Fraga. La prima domanda che si pone è come lo sguardo di Zélia si avvicini all'obiettivo per catturare la libertà di quei corpi e, allo stesso tempo, costruire un filo di comunicazione tra loro. Questi soggetti, ognuno con il proprio mondo, la propria poetica, la propria storia, appaiono così in pace che si potrebbe dire che abbiano già raggiunto la loro vocazione. Riposano l'uno accanto all'altro nello stesso viaggio di decifrazione degli enigmi del linguaggio, in una chiamata alle parole che li avvicinano e li allontanano, con mari e strade così amate e così uniche per ciascuno. Dormire in uno spazio pubblico non è la stessa cosa che addormentarsi nella camera da letto di casa, ma tutto si dispiega come se i confini fossero sfumati dalla stanchezza degli imperativi del linguaggio e dei dettami sociali, e nei loro corpi si sperimenta l'impotenza di un istante, senza timore di giudizio, sollecitati dall'affetto e dalla tenerezza di Zélia, il cui gesto permette ai corpi di addormentarsi, in una sorta di desiderio che sembra non voler possedere nulla dell'altro.
 
L'episodio catturato dall'obiettivo della macchina fotografica rivela lo sguardo vigile dell'amica e, allo stesso tempo, la visione sospesa, in una sorta di attenzione aperta, una memoria fluttuante, capace di affermare la casualità del linguaggio, dei corpi e dei loro sogni a occhi aperti. Un gioco di presenza e assenza catturato nell'immagine dei due scrittori: erano nella con-divisione dello spazio, ma si ritrovavano cullati dai loro sogni in un'altra dimensione dell'umano: non solo nel riposo delle ore e dei giorni, ma nell'esperienza del con-sentire l'attimo. Si verifica il cons-sentimento dell'esistenza vissuta dai tre personaggi scrittori, che si traduce in definitiva in un modo di vivere, abitare e articolare la vita in società. Zélia assume la sua funzione di amica in relazione a Myriam permettendole di essere chiunque desideri, di dormire liberamente sotto il suo sguardo, senza timore di essere giudicata; Myriam può sperimentare l'abbandono di sé in quel momento. Il passaporto giocoso, firmato da Zélia, suggella l'unione di Myriam e Jorge, ma rivela anche l'immensa tenerezza di Zélia per Myriam Fraga. Con la sua amicizia, Zélia con-sente all'amica Myriam Fraga di dormire a quel tavolo a Berna, permettendole di sentirsi libera di abbandonarsi al sonno, per quanto fugace e momentaneo.
 
Ma la lettera di Zélia Gattai cita anche una sua foto accanto al vaso di begonie, regalato da Myriam alla coppia in segno di affetto e gratitudine per i giorni trascorsi a Parigi e a casa dei loro amici: "E inoltre, vi manderò il vaso di begonie che ha sopportato eroicamente i 10 giorni della nostra assenza, senza pane né acqua." (MYRIAM, 2013, p. 210.) Ma la fotografia non è stata scattata solo per ragioni estetiche. Myriam Fraga, prima di tornare a Bahia, ha lasciato questo segno della sua presenza nella casa della coppia, che finisce per essere immortalato nell'obiettivo di Zélia, ancora una volta un gesto che rivela il gioco di assenza e presenza: le begonie parlano di questo, di come Myriam avesse condiviso quella casa, quella città, e le sue tracce sono rimaste nel vaso di begonie sul tavolo, che ha resistito ai giorni e all'assenza della coppia. C'è una posizione del corpo di Zélia accanto al vaso: parla dell'oggetto che finisce per integrare la presenza della sua amica Myriam, proprio perché assente, in una sorta di condivisione della tavola dei sogni e dei ricordi della coppia. Le begonie delineano la fanopeia di giorni condivisi, frammento di un istante di amicizia, di tenerezza, di delicatezza di fronte al mondo e all'esistenza. Ma se il vaso, in quanto simbolo, non è prova d'amore, né certezza di alcunché, c'è il disegno della fotografia che parla del piacere provato dai tre amici, di un'esistenza con-sentita e con-divisa dai legami della letteratura e da un modo singolare di abitare la vita e il tempo.
 
Ma l'amicizia è fatta anche di sogni e viaggi irrealizzati. Myriam Fraga intendeva recarsi in Marocco nell'agosto del 1991 per il 14° Festival Culturale Azilah, presieduto dallo scrittore Jorge Amado, che avrebbe affrontato il tema "Meticciato Culturale: il caso del Brasile". Fu invitata a partecipare dallo stesso Ministro della Cultura, con tutte le spese offerte. Inoltre, tutte le comunicazioni sarebbero state successivamente raccolte in un libro, pubblicato in tre lingue: arabo, francese e spagnolo. Tutto questo sarebbe stato vissuto insieme ai suoi amici Zélia e Jorge, il che avrebbe reso ancora una volta il viaggio incantevole e indimenticabile. Purtroppo, il viaggio in Marocco fu annullato per motivi familiari – la malattia del marito – che impedirono a Myriam di lasciare Salvador nell'agosto del 1991.
 
La frustrazione per il fascino del Marocco e la promessa di questo viaggio rivelarono a Myriam, quantomeno, il suo modo di esprimere dolore e agonia. Dimostrò come lo scrittore sia padrone dei suoi sogni e del suo linguaggio, capace di trasformare il vuoto delle ore, di fronte a un progetto incompiuto, in poesia. Con questo episodio, vediamo come la biografia di un dato soggetto sia fatta dei viaggi intrapresi, ma anche di quelli non compiuti: la scrittura porta il corpo in Marocco, e il viaggio viene costruito da un'altra prospettiva, in una sorta di lingua straniera, senza memoria, una lingua abitata solo dal desiderio, da un'agenzia immaginativa in cui tutto conta per la scrittura. Un Marocco sognato, immortalato in una poesia, dedicata a Zélia e Jorge Amado:
Viaggio in Marocco
Sul viso il vento del sud
O è il simun?
Il movimento ondeggiante
Dei cammelli?
 
Fez, Rabah e Casa Blanca
La delicata terracotta di Marrakech
La fontana cristallina
In mezzo alla pietra.
 
Azilah, le tue sillabe
Volano come uccelli,
Come ali che sfiorano
Il mio volto.
 
Il mio dio è nessuno
È morto ragazzo ed è dolce
Come un frutto,
Come le acque di Oxumn
Che lavano le mie ferite.
 
Conserva per me,
Azilah,
I tuoi datteri più dolci,
I più segreti...
 
Un minareto scrive
Linee storte
Nell'angolo che si arriccia
Nel pomeriggio.
 
Come una linea di gesso
Il mio cammino è un cerchio,
Le carovane passano...
Nel mio grembo, il cane, morto, non abbaia. (MYRIAM, 2013, p. 219)
 
L'immaginario del Marocco avanza in versi, così che il viaggio tocchi la zona silenziosa del desiderio, di un tempo perduto, non vissuto nelle moschee di Fez, o nelle strade di Rabah e Casablanca, nelle frontiere e al sole di quel paese, sempre con un'emozione repressa, impedita a muoversi attraverso il mare e i continenti. Se un minareto scrive dall'alto della sua torre, posa lo sguardo su angoli e oggetti intravisti dalla sua scrittura, si ascoltano preghiere il cui "dio è nessuno", con un modo di fare poesia che inscrive il suo corpo nel tempo e nel Marocco. Con il linguaggio della sua poetica, Myriam ha trovato un altro modo per farsi presente in compagnia di Zélia e Jorge Amado. Con la sua poesia, Myriam diceva silenziosamente agli amici (e io traduco e immagino il suo silenzioso cenno del capo): Non sono andata in Marocco, ma ero in Marocco, ero con voi, camminavo per le strade e i vicoli di Azilah, ho visto cammelli attraversare l'orizzonte e ho sentito il rosso e il lilla che coprivano il tardo pomeriggio. Ho percepito le nostre risate e i sentieri che attraversavano muri e venti. La voce fraghiana è stata udita da Zélia e Jorge Amado, che hanno ricevuto la poesia ed espresso la loro emozione nel leggere quei versi. In una breve lettera datata 27 novembre 1991, Jorge Amado racconta le sue impressioni sui versi dell'amica Myriam, e alla fine della breve lettera, un breve biglietto scritto a mano da Zélia spicca, dopo la lettera dattiloscritta di Jorge Amado:
 
La tua poesia, "Viaggio in Marocco", è bellissima, molto bella. Per noi, Zelia e io, tuttavia, la sua bellezza è singolare perché il tema del Marocco richiama una frustrazione, una spina. Ti sei liberata dalla frustrazione e dalle spine avvolgendoti nella poesia: i poeti hanno questo privilegio. Solo ora Zélia e io abbiamo fatto pace con Azilah: la tua poesia ha cancellato la tristezza dell'assenza. Grazie per la dedica; non poteva che essere per noi. Un bacio dai tuoi amici. Jorge Amado. (Myriam, la tua poesia mi ha commosso, ho quasi pianto. È così bella. Un bacio affettuoso. Da Zelia. (p. 217)
 
Il libro Memórias de alegria è un elogio dell'amicizia, nella sua espansione di forza e linguaggio. Forse Freud aveva ragione nel dire, nel suo libro “Il disagio della civiltà”, che "le soddisfazioni sostitutive, come quelle offerte dall'arte, sono illusioni, in contrasto con la realtà, ma non per questo sono meno efficaci psichicamente". (FREUD. 1988, p. 83) Forse la cosa più importante da sottolineare nel testo di Freud è il valore che attribuisce all'amicizia. Secondo questo approccio, non possiamo sfuggire alla sofferenza, derivante dalla perdita e dall'esaurimento fisico del corpo stesso, ma forse l'amicizia è un modo di rendere la vita possibile e la sofferenza sopportabile senza cadere in una servitù volontaria. Quindi, non è stata solo la poesia “Viaggio in Marocco” a liberare Myriam dalla sua frustrazione e dal suo vuoto, ma anche la consapevolezza di come la sua vita sia condivisa da amici che possono leggere i suoi versi e commuoversi. Dopotutto, a cosa servono i poeti senza lettori? E a cosa serve la vita senza amicizia? "Dopotutto, a cosa serve una lunga vita se si rivela difficile e priva di gioia?", si chiedeva Freud. (FREUD, 1988, p. 95) Il libro Memórias de alegria risponde a queste domande e le riassume con una citazione di Jorge Amado: "L'amicizia è il sale della vita" (Myriam, 2013, p. 205).
 
RIFERIMENTI
AGAMBEN, George. O amigo. In: O que é contemporâneo e outros ensaios. Trad. Vinicius Ricastro Honesko. Chapecó: Argos, 2009.
FRAGA, Myriam. Memórias de alegria. Salvador: FCJA, 2013.
_______. Poesia Reunida. Salvador: Assembleia Legislativa do Estado da Bahia, 2008.
FREUD, Sigmund. Mal-Estar na civilização. In: Obras psicológicas completas. Rio de Janeiro: Imago Editora. V. XXI. 1988.
ROLLAND, Barthes. Por Roland Barthes. Trad. Leyla Perrone-Moisés. São Paulo: Estação Liberdade, 2003
 
----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Cássia Lopes. Docente di Teoria Letteraria presso l'ILUFBA. Membro permanente del Corso di Laurea Magistrale in Letteratura e Cultura presso l'Istituto di Lettere e del Corso di Laurea Magistrale in Arti Performative presso l'Università Federale di Bahia. Membro del gruppo di ricerca Dramatis/UFBA. Responsabile del gruppo di ricerca "Poetica e Politica del Corpo". Email: cassia.c.lopes@hotmail.com.

Traduzione dal portoghese di A.R.R.


La prima parte dell'articolo si può leggere nel N. 31 della Rivista.


© SARAPEGBE.                                                          
E’ vietata la riproduzione, anche parziale, dei testi pubblicati nella rivista senza l’esplicita autorizzazione della Direzione  
-------------------------------------------------------------------------------


TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Vida e Amizade: Myriam Fraga, Zélia Gattai e Jorge Amado. II PARTE
por
Cássia Lopes



                                                           

                                                                                                        À memória da amiga Myriam Fraga

Durante a leitura das crônicas de viagem, recorta-se uma carta de Zélia para Myriam, datada de 24 de agosto de 1989, enviada de Paris, em que ela faz referência à fotografia de Myriam, flagrada enquanto dormia à mesa de um café em Berna, na Suiça. A fotografia foi tirada por Zélia e teria sido enviada por Jorge Amado em tom de brincadeira. A imagem revelaria não somente o cansaço de Myriam após a caminhada pelas ruas da cidade, mas também criaria o espelho lúdico em que a diretora da Fundação Casa de Jorge Amado se veria de um modo em que jamais poderia ser vista por si mesma, exatamente por estar dormindo: naquele instante quando ocorre a suspensão da imagem de si possível pela experiência do sono, numa entrega livre proporcionada pelo cansaço.
A lente de Zélia flagrou essa imagem de Myriam que ela própria não conheceria de si e nem saberia ter vivido, caso não houvesse o interesse e o gesto da amiga em capturar o instante no qual a outra se encontrava numa dimensão de liberdade e de entrega quanto ao tempo, proporcionada pela viagem e pela companhia dos amigos. Viajar entre amigos é um modo de amar, de partilhar sensações, em que o julgamento fica suspenso e cede lugar ao lúdico, ao riso, ao sonho. Mas o gesto de Zélia não se limitou apenas a essa foto. Junto com essa fotografia de Myriam, enviou uma segunda imagem flagrada de Jorge Amado: ele também teria dormindo enquanto participava como jurado durante uma premiação em Montreux. Acompanhada dessas duas fotografias, dos dois reconhecidos escritores, dormindo em situações inesperadas, Zélia envia um bilhete em que diz: “Também mando, para que Carlos veja, e você também, que dormir é humano”. (MYRIAM, 2013, p. 208)
 

Nossa análise faz um close no gesto de dormir que aproxima os dois escritores: Jorge Amado e Myriam Fraga. A primeira questão levantada é como o olhar de Zélia se aproxima da lente para capturar a liberdade daqueles corpos e, ao mesmo tempo, construir um fio de comunicação entre eles. Esses sujeitos, cada um com seu mundo, com sua poética, sua história, apresentam-se tão tranquilos que já se pode dizer que alcançaram sua vocação, repousam um ao lado do outro no mesmo trajeto de decifrar enigmas da linguagem, num apelo da palavra que os aproxima e os distancia, com mares e ruas tão amadas e tão singulares para cada um.  A situação de dormir, em um espaço público, não é a mesma de se deixar levar pelo sono na alcova, em casa; mas tudo ocorre como se as fronteiras fossem borradas pelo cansaço dos imperativos da linguagem e dos ditames sociais e, nos corpos, vivesse o desamparo de um instante, sem medo de julgamentos, convidados pelo carinho e pela ternura de Zélia, cujo gesto permite que os corpos adormeçam, numa espécie de desejo que parece querer nada possuir do outro.
O episódio recortado pelas lentes da objetiva traz o olhar vigilante do amigo e, ao mesmo tempo, a visão suspensa, numa espécie de atenção aberta, memória flutuante, capaz de afirmar o acaso da linguagem, dos corpos e de seus devaneios. Um jogo de presença e ausência capturado na imagem dos dois escritores: eles estavam na com-divisão do espaço, mas se encontravam embalados por seus sonhos em outra dimensão do humano: não só no repouso das horas e dos dias, mas na experiência de com-sentir o instante. Ocorre o com-sentimento da existência vivida pelos três personagens escritores, que acabam por traduzir um modo de viver, habitar e articular a vida em sociedade. Zélia assume sua função de amiga em relação à Myriam: permitir que ela seja o que quiser ser, dormir livremente diante de seu olhar, sem medo de ser avaliada; Myriam pode viver o abandono de si naquele instante. O passaporte lúdico, assinado por Zélia, sela a união de Myriam e Jorge, mas também revela a enorme ternura de Zélia por Myriam Fraga. Com sua amizade, Zélia com-sente que a amiga Myriam Fraga durma naquela mesa em Berna, que ela se sinta livre para entregar-se ao sono, ainda que fugidio e momentâneo.

Mas a carta de Zélia Gattai também faz referência a uma foto dela ao lado do vaso de begônias, dado por Myriam ao casal, como sinal de carinho e gratidão pelos dias vividos em Paris e na casa dos amigos: “De quebra vai o vaso de begônia que suportou heroicamente os 10 dias de nossa ausência, sem pão e sem água”. (MYRIAM, 2013, p. 210.) Mas a fotografia foi tirada não apenas por questões estéticas. Myriam Fraga, antes de voltar para a Bahia, deixou esse signo de sua presença na casa do casal, que acaba se eternizando nas lentes de Zélia, novamente um gesto que revela o jogo de ausência e presença: as begônias falam disso, de como Myriam havia com-dividido aquela casa, aquela cidade, e seus rastros ficaram no vaso de begônias sobre a mesa, que resistiram aos dias e a ausência do casal. Há uma posição de corpo de Zélia ao lado do vaso: ele diz do objeto que acaba suplementando a presença da amiga Myriam, exatamente por esta se fazer ausente, numa espécie de partilha da mesa dos sonhos e de lembranças do casal. As begônias desenham a fanopéia dos dias compartilhados, fragmento de um instante de amizade, de ternura, de delicadeza diante do mundo e da existência. Mas se o vaso, enquanto signo, não é prova de amor, nem a certeza de nada, há o desenho da fotografia que fala do prazer vivido pelos três amigos, de uma existência com-sentida e com-dividida pelos laços da literatura e por um modo singular de habitar a vida e a horas.
Mas a amizade também é feita de sonhos e de viagens não realizadas. Myriam Fraga pretendia ir a Marrocos, em agosto de 1991, por ocasião do 14º Festival Cultural d’Azilah, presidido pelo escritor Jorge Amado, que versaria sobre o tema “Mestiçagem cultural: o caso do Brasil”. Ela foi convidada a participar pelo próprio Ministro da Cultura, com todas as despesas pagas. Além de tudo isso, todas as comunicações seriam compiladas, posteriormente, em livro, publicado em três línguas: árabe, francês e espanhol. Todo esse momento seria vivido com os amigos Zélia e Jorge, o que tornaria mais uma vez a viagem encantadora e inesquecível. Infelizmente, a ida a Marrocos não aconteceu por motivos familiares – a doença do marido – que impediram Myriam de ausentar-se de Salvador naquele agosto de 1991.
A frustração diante do apelo de Marrocos e de toda a promessa anunciada para essa viagem revelou a Myriam, pelo menos, o seu modo particular de extravasar dores e agonias, mostrou como o escritor é dono de seus sonhos e da linguagem, capaz de transformar o vazio das horas, diante do projeto desfeito, em poesia. Com esse episódio, vemos como a biografia de um determinado sujeito é feita das viagens realizadas, mas também das que não foram possíveis: a escrita carrega o corpo para Marrocos, e a viagem se constrói em outra perspectiva, numa espécie de língua estrangeira, sem memória, uma linguagem habitada apenas por desejo, por uma instância imaginativa em que tudo conta para a escritura. Uma Marrocos sonhada, eternizada em um poema, dedicado a Zélia e a Jorge Amado:
 
Viagem a Marrocos
Na cara o vento sul
Ou será o simum?
O balançar ondeado
Dos camelos?
 
Fez, Rabah e Casa Blanca
Terracota sutil de Marrakesh
A cristalina fonte
Em meio à pedra.
 
Azilah, tuas sílabas
Adejam como aves,
Como asas roçando
Em minha face.
 
O meu deus é ninguém
Morreu menino e é doce
Como um fruto,
Como as águas de Oxum
Lavando-me as feridas.
 
Guarda para mim,
Azilah,
Tuas tâmaras mais doces,
Mais secretas...
 
Uma minarete escreve
Linhas tortas
No canto que se enrola
Pela tarde.
 
Como um risco de giz
Meu caminho é um círculo,
As caravanas passam...
No regaço, o cão, morto, não ladra. (MYRIAM, 2013, p. 219)
 
O imaginário de Marrocos avança em versos para que a viagem roce a zona silenciosa do desejo, de um tempo perdido, não vivido nas mesquitas de Fez, ou nas ruas de Rabah e Casablanca, nas fronteiras e no sol daquele país, sempre com uma emoção cortada, impedida de deslocar-se pelo mar e atravessar continentes. Se uma minarete escreve do alto de sua torre, pousa seu olhar por esquinas e objetos vislumbrados pela sua escrita, ouvem-se orações cujo “deus é ninguém”, com um modo de laborar a poesia que inscreve seu corpo no tempo e em Marrocos. Com a linguagem de sua poética, Myriam encontrou outra maneira de se fazer presente em companhia de Zélia e Jorge Amado. Com seu poema, Myriam dizia, silenciosamente, aos amigos (e eu traduzo e imagino seu mudo aceno): eu não fui a Marrocos, mas eu estive em Marrocos, eu estive com vocês, andando por ruas e vielas de Azilah, eu vi camelos cruzando o horizonte e senti o vermelho e o lilás que cobriam o final da tarde. Eu pressenti nossos risos e caminhos atravessando muralhas e ventos. A voz fraguiana foi ouvida por Zélia e por Jorge Amado que receberam o poema e expressaram a emoção de ler aqueles versos. Em uma breve carta, datada de 27 de novembro de 1991, Jorge Amado relata as impressões sobre os versos da amiga Myriam e, ao final da breve carta, destaca-se um pequeno bilhete escrito por Zélia, à mão, depois da carta datilografada por Jorge Amado:
Teu poema, “Viagem a Marrocos”, é belo, muito belo. Para nós, Zelia e eu, porém, sua beleza é singular pois o tema de Marrocos recorda uma frustração, um espinho. Da frustração, do espinho te livraste, envolta em poesia, os poetas têm esse privilégio. Somente agora, Zélia e eu fizemos a pazes com Azilah: teu poema apagou a tristeza da ausência. Obrigados pela dedicatória, não podia ser senão para nós. Um beijo de teus amigos. Jorge Amado. (Myriam, teu poema me comoveu, quase choro. É bonito demais Um beijo afetuoso. Da Zelia. (p 217)
O livro Memórias de alegria é um elogio à amizade, no que ela tem de expansão de força e de linguagem. Talvez, Freud estivesse correto em dizer, em seu livro Mal-estar da civilização, que “as satisfações substitutivas, tal qual as oferecidas pela arte, são ilusões, em contraste com a realidade, nem por isso, contudo, se revelam menos eficazes psiquicamente.” (FREUD. 1988. p.83) Talvez o mais importante a se destacar do texto freudiano seja o valor que confere à amizade. Segundo essa abordagem, não podemos fugir do sofrimento, advindo de perdas e do próprio esgotamento físico do corpo, mas, talvez, a amizade seja uma maneira de tornar a vida possível e o sofrimento passível de ser atravessado sem cair na servidão voluntária. Assim, não foi só o poema Viagem a Marrocos que libertou Myriam de sua frustração e vazio, mas saber como sua vida é compartilhada por amigos que podem ler seus versos e se emocionarem. Afinal, para que servem os poetas sem os leitores? E para que serve a vida sem amizade? “Enfim, de que nos vale uma vida longa se ela se revela difícil e estéril em alegrias?”, indagava Freud. (FREUD. 1988, p. 95) O livro Memórias de alegria responde a essas perguntas e as sintetiza com uma frase de Jorge Amado: “A amizade é o sal da vida” (Myriam, 2013, p. 205).
 
REFERÊNCIAS
AGAMBEN, George. O amigo. In: O que é contemporâneo e outros ensaios. Trad. Vinicius Ricastro Honesko. Chapecó: Argos, 2009.
FRAGA, Myriam. Memórias de alegria. Salvador: FCJA, 2013.
_______. Poesia Reunida. Salvador: Assembleia Legislativa do Estado da Bahia, 2008.
FREUD, Sigmund. Mal-Estar na civilização. In: Obras psicológicas completas. Rio de Janeiro: Imago Editora. V. XXI. 1988.
ROLLAND, Barthes. Por Roland Barthes. Trad. Leyla Perrone-Moisés. São Paulo: Estação Liberdade, 2003
 

A primeira parte do artigo està no n. 31 da Revista.


© SARAPEGBE.                                                          
E’ vietata la riproduzione, anche parziale, dei testi pubblicati nella rivista senza l’esplicita autorizzazione della Direzione 

Cássia Lopes. Professora de Teoria da Literatura do ILUFBA. Docente permanente do Programa de Pós-Graduação em Literatura e Cultura do Instituto de Letras e do Programa de Pós-Graduação em Artes Cênicas da Universidade Federal da Bahia. Participante do grupo de pesquisa Dramatis/UFBA. Líder do grupo de pesquisa “A poética e a política do corpo”. E-mail: cassia.c.lopes@hotmail.com.