Dal lavoro schiavizzato al lavoro libero ufficiale brasiliano: e il 14 maggio come rimane?
Ivandilson Miranda e Moisés Oliveira
© Opera di Lucas Batatinha
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

Già prima della firma della Legge Aurea, ultimo provvedimento popolare preso dal governo monarchico imperialista portoghese, che avvenne il 13 maggio 1888, l'élite brasiliana formata da politici e latifondisti del caffé, andavano già in cerca di un'alternativa alla carenza di manodopera schiava nera. 

La sostituzione della manodopera schiavizzata indigena con quella degli africani avvenne nel 1570, a causa delle lotte, delle rivolte e della fuga degli indigeni che conoscevano a menadito le terre di Pindoramas (ovvero “terra delle palme”, questo è il nome originario del Brasile).

La Legge Eusébio Queiroz venne firmata nel 1850, trentotto anni prima della promulgazione della Legge Aurea, e quasi tre secoli dopo la nascita del Quilombo dos Palmares, una comunità fondata nel 1580, che accoglieva i neri fuggiti dal lavoro schiavio nelle piantagioni di zucchero. Dal punto di vista geografico, la comunità apparteneva alle capitanìe di Pernambuco e Bahia, in particolare alla Serra da Barriga. Inizialmente accolse tremila tra rivoltosi e fuggiaschi dal lavoro e dalle torture degli schiavisti portoghesi nati in Brasile.

La Eusébio Queiroz era considerata una legge che avrebbe estinto il traffico negriero nell’Oceano Atlantico, ma essa non proibiva di schiavizzare quei neri che già si trovavano in terra brasiliana. Comunque, a causa di questa legge e della creazione dei Quilombos, iniziò a mancare manodopera schiavizzata.

Secondo la prospettiva storica dei bianchi, questa legge diede inizio alla regolamentazione dell’uso del lavoro libero salariale brasiliano , poichè sostituì il lavoro dei neri schiavizzati con il lavoro libero degli immigrati europei. Infatti, la legge obbligava i proprietari terrieri a pagare tutte le spese per l'arrivo dell'immigrato – dal pagamento delle spese di viaggio all'alloggio dei dipendenti -. All'arrivo, i coloni stranieri dovevano lavorare fino a saldare i loro debiti, e solo dopo potevano partecipare ai profitti ottenuti nella piantagione. Essi ricevettero terre, salari e altri previlegi.

Dal 1870 l'ingresso dei lavoratori europei in Brasile divenne ufficiale e organizzato. Pertanto aumentarono i vantaggi del lavoro degli immigrati.Oltre a sostituire il lavoro schiavizzato dei neri con il lavoro libero europeo, le autorità politiche e gli intellettuali di origine europea, nati in Brasile, vedevano l'Europa come il centro del mondo. Così, questi brasiliani cominciarono ad investire maggiormente nell'immigrazione degli europei, considerandoli una grande leva per un obiettivo non solo economico, ma per la costruzione graduale del progetto di sbiancamento della popolazione brasiliana. In questo modo si proiettava l'ambiziosa aspettativa razzista di ridurre la presenza "negativa" dei neri e “mulatti” nella formazione del popolo brasiliano.

Il 13 maggio 1888, istituito dalla Legge n. 3.353, all'epoca rappresentò la “fine legale della schiavità brasiliana”. Oggi serve solo come data che riflette ciò che rappresentò e ancora rappresenta, ovvero il sistema schiavista nella formazione socio-identitaria brasiliana. Serve anche per far conoscere l’origine della istituzionalizzazione dell’analfabetismo, della disoccupazione, della povertà, della segregazione tra classe e popolazione, della occupazione delle terre più lontane dalla “città Salvador”, e che fu l’origine delle favelas, delle occupazioni, dei quartieri periferici, delle palafitte.

Tuttavia, il 14 maggio dello stesso mese e anno, contrariamente a quanto molti credono, rompe con il mito di una principessa Isabel giusta, gentile e generosa nei confronti dei neri.

Infatti, già nel XVI secolo esistevano i Quilombos, principalmente quello di Palmares. Già esistevano lotte, fughe dei neri verso Palmares. Un secolo dopo, già esistevano pressioni da parte dei britannici per abolire il traffico negriero e la schiavitù, come tattica per attuare il loro progetto di sviluppo industriale.  
Insieme a queste azioni politiche dei neri, e delle restrizioni esterne, sorsero le lotte abolizioniste che coinvolsero molte persone di alcune classi sociali, anche militari, per la caduta della monarchia. Secondo loro la monarchia già stava cadendo, già era superata e stava facendo perdere molto denaro ai proprietari di terre e di manodopera schiavizzata. Anche per questo motivo, tanti vedevano nella creazione della Repubblica la soluzione per la crisi economica della colonia portoghese.

Molti fazendeiros, grandi latifondiari, senatori proprietari di fazendas, e altri appartenenti all'élite economica, soffrivano già nelle loro tasche, e con la promessa che la Repubblica potesse portare o accrescere le loro ricchezze. Così, la firma della Legge della principessa Isabel, fu una mossa politica da parte della monarchia per cercare di dare risposta al contesto politico, ideologico e economico, vissuto dalla Monarchia portoghese brasiliana.

Speriamo che dopo la lettura di questo breve testo, il lettore possa aver compreso perché il “13 maggio” non rappresenta per i neri e i meticci la giornata della liberazione della popolazione nera. La nostra data rappresentativa è quella del 20 novembre, per i motivi su citati, e anche perché per la maggioranza della nostra popolazione, rappresenta il giorno della lotta al sistema strutturalmente razzista.

Per questi contesti storici e politici, la data del 20 novembre rappresenta la giornata scelta per la continuazione della riflessione e della LOTTA politica, per obbligare le autorità brasiliane a firmare leggi che correggano le ingiustizie economiche, politiche e storiche, ancora presenti nel Brasile contemporaneo.

Che il 20 novembre di ogni anno, come giorno di celebrazione degli altri 364 giorni di resistenza e lotta, sia anche il giorno per ricordare e per deporre fiori sulle tombe di coloro che furono assassinati nel Quilombo do Palmares, e di coloro che continuano ancora ad essere uccisi da uno Stato genocida. Che questa data resusciti, in ognuno di noi, la lotta antirazzista di Zumbi e Dandara. E resuscitino così, tra di noi, vari Zumbis e Dandaras.

E che, in questa giornata, nessuno degli artisti della popolazione nera, sia forzato a ritrarre la  dura realtà vissuta a partire dal 13 maggio 1888 fino ad oggi. Come citato in una strofa della canzone “14 maggio” di Lazzo Matumbi e Jorge Portugal: “Il 14 maggio uscii e non avevo né lavoro, né casa, né dove andare, portandomi la senzala nell’anima, salii su nella favela, pensando che un giorno ne sarei disceso, ma non sono mai sceso”.  

Purtroppo verso la popolazione nera e indigena si mantengono ancora relazioni di potere, volenza e disuguaglianza. L’abolizione della schiavitù non è stata completata nella sua totalità. Questo giorno è soprattutto un giorno di riflessione e lotta per la fine reale di tutti i rapporti schiavisti. Continuiamo a lottare!
 

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Prof. Ivandilson Miranda e Prof. Moisés Oliveira. Siamo Neri e Indigeni -  
Dottori in Educazione e Contemporaneità alla Università Statale di Bahia (UNEB)



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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Do trabalho escravizado ao trabalho livre oficial brasileiro: e o dia 14 de maio, como fica?
por
Ivandilson Miranda e Moisés Oliveira


   
                                                             
                                                           ©Estampa por Lucas Batatinha

Antes mesmo da assinatura da Lei Áurea, última medida popular do governo monárquico imperialista português que aconteceu em 13 de maio de 1888, a elite cafeicultora e política brasileira já buscavam uma alternativa para a escassez da mão de obra escrava negra. A substituição da mão-de-obra escravizada indígena para a dos africanos ocorreu em 1570, devido às lutas, revoltas e fugas indígenas. As fugas foram decorrentes do conhecimento total das terras Pindoramas (terras das palmeiras, nome anterior ao de Brasil).

A Lei Eusébio Queiroz foi assinata em 1850, trinta e oito anos antes da promulgação da Lei Áurea (13 de maio de 1888), e quase três séculos após o nascimento do Quilombo dos Palmares que era uma comunidade de acolhimento dos/as negros e negras fugidos/as do trabalho escravo das plantações de açúcar, e que foi fundada em 1580.

A mesma comunidade, geograficamente, pertencente às capitanias de Pernambuco e da Bahia, localizava-se na Serra da Barriga. Inicialmente ela acolheu 3 mil revoltados/as e fugitivos/as do trabalho e do castigo dos escravocratas portuguêses nascidos no Brasil.

A Eusébio de Queirós era considerada uma lei extinguidora do trafico negreiro pelo Oceano Atlântico, mas não proibia a escravização daqueles/as negros/as que já se encontravam em terras brasileiras. Entretanto, foi por causa dessa lei e da criação dos Quilombos, que começou a faltar mão-de-obra escravizada.
 
A narrativa na perspectiva histórica branca registra que foi por causa da Lei Eusébio de Queiroz que se deu início da regulamentação do uso do trabalho livre assalariado brasileiro substituindo a mão-de-obra escravizada negra pelo trabalho livre de imigrantes europeus.
 
A Lei obrigava os proprietários de terras a pagarem todas as despesas com a vinda do/a imigrante, desde os custos com viagem à acomodação dos/as empregados/as. Ao chegar, o/a colono/a estrangeiro/a deveria trabalhar até saldar suas dividas, depois disso teria participação nos lucros obtidos da plantação. Esses também ganharam terras, salário, entre outros privilégios.

A partir de 1870, a entrada de trabalhadores europeus em terras brasileiras, passa a ser oficializada e organizada. Assim, aumenta a propagação das vantagens do trabalho imigrante oficial no Brasil.
Para além da substituição do trabalho escravizado negro, pelo trabalho livre europeu, as autoridades políticas e intelectuais de origens europeias, nascidos no Brasil, viam a Europa como o centro do mundo.
Assim, esses brasileiros, passaram a investir mais na imigração de europeus como grande alavanca para o proposito, não somente econômico, como também de construção gradual do projeto de branqueamento da população brasileira. Dessa forma, projetava-se a ambiciosa expectativa racista de diminuir a “negativa” presença de negros/as e “mulatos/as” na formação do povo brasileiro.

O dia 13 de maio de 1888, instituído pela lei de nº 3.353, representou, na época, o “fim legal da escravização brasileira”. Hoje ele serve como data reflexiva do que representou, e ainda representa, o sistema escravocrata na formação sócio-identitárias brasileiras. Serve também para possibilitar o conhecimento da origem da institucionalizacão do analfabetismo, do desemprego, da pobreza, da segregação entre classe e população, e da ocupação das terras afastadas da “cidade Salvador” e que originou as favelas, as ocupações, os bairros periféricos, as palafitas.

Entretanto, o dia 14 de maio do mesmo ano, serve para, ao contrário do que muitos acreditam, romper com o mito de uma Princesa Isabel justa, bondosa, generosa com os/as negros/as. No século XVI já existiam os Quilombos, principalmente dos Palmares. Já existia luta, fugas de negros/as para os Palmares; posterior a esta data, como já sinalizado acima, também já havia pressão inglesa para o fim da escravidão, entre mar, como tática para implantação do seu projeto de avanço industrial.

Juntamente a essas ações políticas, por parte dos/as negros/as, e das restrições externas, surgiram as lutas abolicionistas envolvendo muitas pessoas de algumas posições sociais, até mesmo de militares, para derrocada da monarquia. Porque, segundo eles, a mesma já estava “caducando”, já estava ultrapassada e fazendo os grandes proprietários de terras e de mão de obras escravizadas perderem muito dinheiro. Por esse motivo também, muitos ansiavam pela criação da República como solução para a crise econômica da colônia portuguesa.

Muitos fazendeiros, grandes latifundiários, senadores donos de fazendas, entre outros da elite econômica, já vinham sofrendo no bolso, e com a promessa de que a Republica poderia trazer-lhes ou aumentar suas riquezas. Assim, à assinatura da Lei pela princesa Isabel, foi uma jogada política monárquica de tentar dar resposta ao contexto político, ideológico e econômico vivido pela Monarquia portuguesa brasileira.

Espero que, ao terminar a leitura deste breve texto, o/a leitor possa ter entendido porque o ‘13 de maio’ não representa para os negros/as e mestiços/as o dia da libertação da população negra. A nossa data representativa, é a 20 de novembro, pelos mesmos motivos já citados acima, e também por simbolizar, para maioria da nossa população, o dia de combater o sistema estruturalmente racista.

Por esses contextos históricos e políticos, a data acima registrada representa o dia escolhido para a continuidade da reflexão e da LUTA política, para obrigar as autoridades brasileiras assinarem leis de correção às injustiças econômica, política e histórica, presentes ainda no Brasil contemporâneo.
Que o 20 de novembro de cada ano, enquanto dia de celebração dos somados 364 dias de resistência e de luta, seja também o dia de relembrar e de colocar flores nos túmulos daqueles/as que foram mortos/as no Quilombo dos Palmares, e que ainda continuam sendo mortos, por um Estado genocida. Que nesta data ressuscite, em cada um de nós, a luta antirracista de Zumbi e Dandara. Ressuscitando assim, vários Zumbis e Dandaras entre nós.

E que, nesse dia, nenhum/a dos/as artistas da população negra tenha que ser forçado a retratar a dura realidade vivida, desde 13 de maio de 1888, até hoje. A exemplo da afirmação citada em um trecho da letra da música ‘14 de maio’ de Lazzo Matumbi e Jorge Portugal (saudoso), que diz: “no dia 14 de maio, eu saí por aí, não tinha trabalho, nem casa, nem pra onde ir, levando a senzala na alma, eu subi a favela, pensando em um dia descer, mas eu nunca desci”.

Infelizmente, as relações de poder, de violência e de desigualdade ainda se mantêm entre as populações negra e indígena. A abolição da escravatura não se completou na sua totalidade. Este dia é, sobretudo, de  reflexão e luta por um fim real de todas as relações escravagistas. Sigamos lutando!




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Traduzione dal portoghese di Antonella Rita Roscilli
Ivandilson Miranda e Moisés Oliveira. Somos Negros e Indígenas - 
Doutores em Educação e Contemporaneidade pela Universidade do Estado da Bahia (UNEB).