Quell’estate romana del 1983, sognando Bahia
Giovanni Guaccero
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

Quando all’inizio dell’estate del 1983 si cominciò a parlare del Festival “Bahia de todos os sambas” ideato da Gianni Amico e promosso dal comune di Roma, già erano un po’ di anni che la mia passione per la musica popolare brasiliana era sbocciata. E vedere che erano annunciati i concerti di quegli artisti che fino a quel momento avevo ascoltato solo su disco, mi pareva a quell’epoca una cosa incredibile.  

Non era facile in quegli anni essere informati su quello che accadeva nella MPB, e c’è da dire che un ruolo importante per la sua divulgazione negli anni ’70-‘80 lo ebbero alcuni giornalisti “militanti” come Gianni Minà (con le sue storiche trasmissioni in Rai) o Marco Molendini su “Il Messaggero”. Il primo incontro con la musica brasiliana lo ebbi a 9 anni, nel 1975, con la trasmissione su una rete Rai del francese “Midem 75 – Gala Brésilien”, una serata a cui parteciparono artisti come Gilberto Gil, Baden Powell, Paulinho da Viola, Jorge Ben.

All’epoca ci era stato regalato, a me e a mio fratello Paolo, un piccolo registratore a cassette con cui potemmo registrare la trasmissione e riascoltare quelle canzoni cantate in una lingua per me allora tanto affascinante quanto misteriosa. In seguito mio padre Domenico, pur essendo un musicista molto selettivo riguardo agli ascolti musicali, incentivò questo mio interesse, regalandomi i primi dischi di Vinicius de Moraes e Toquinho.

Ma sicuramente una tappa fondamentale nel mio percorso di conoscenza della MPB, tra luglio e agosto del 1978, fu la trasmissione su Rai Due di alcuni dei concerti che erano nel cartellone della rassegna “I Lunedì del Sistina”, tenutisi tra 1975 e 1977. Le trasmissioni televisive erano annunciate sulla rivista settimanale della Rai, Il Radiocorriere TV, con articoli molto documentati che ancora conservo. In questo modo potei assistere per la prima volta in televisione ai concerti di Chico Buarque, MPB4, Caetano Veloso e Gal Costa, Gilberto Gil, Maria Bethania, Jorge Ben. E anche queste trasmissioni – curate da Sergio Bardotti, con la regia di Eros Macchi, in cui le riprese dei concerti erano alternate a interviste agli artisti – furono da me registrate, divenendo in quel periodo il mio ascolto preferito.

Da lì in avanti cominciai a cercare i dischi di questi musicisti, e qualcosa a Roma si trovava, in particolare alla libreria del P.C.I. “Rinascita”, in via delle Botteghe Oscure. Ricordo perfettamente che in quella fine degli anni ’70, nelle vetrine del negozio, erano esposti i dischi di Chico Buarque o Tom Jobim. Nello stesso periodo, nel giro di appassionati che in quegli anni si andava formando, cominciavano a circolare delle audiocassette in cui erano riversati LP di musica brasiliana.

E poi, finalmente, nel 1981 con mio padre potei assistere dal vivo al mio primo concerto brasiliano: Baden Powell in solo al Teatro Sistina, con un lungo omaggio a Vinicius de Moraes scomparso pochi mesi prima, e a seguire nello stesso anno Gilberto Gil, che sempre al Sistina lanciava il suo disco “Luar”. In quel periodo cominciavano ad uscire anche alcuni volumi, come “Vinicius de Moraes. Poesie e Canzoni” (1981) e “Musica Popolare Brasiliana” di Paolo Scarnecchia (1983), che mi consentirono di approfondire un argomento che mi appassionava sempre più.

Ormai, nel 1983 quegli artisti brasiliani erano già miei beniamini (all’epoca non ascoltavo altri tipi di musica pop), e quando si cominciò a parlare del festival dedicato a Bahia che si sarebbe tenuto al Circo Massimo, probabilmente l’ultimo grande progetto della giunta comunale di sinistra a Roma, l’attesa cominciò ad essere frenetica. I giorni previsti erano dal 23 e al 31 agosto. In quel periodo generalmente con la famiglia passavamo le vacanze in una villa affittata ai Castelli Romani, e così con mio fratello ci organizzammo per fare su e giù con Roma con i bus regionali. Ricordo che sarebbe voluto venire anche mio padre, ma la malattia che l’anno seguente lo portò via, glielo impedì. Ma anche in questo caso la Rai documentò quasi tutti i concerti che furono subito trasmessi in differita, e così fu possibile vedere una parte di quegli spettacoli anche in televisione. Non potemmo andare a tutti i concerti, ma quelli a cui ho assistito rimangono conservati nella memoria in modo indelebile.

Persa la prima serata dedicata al regista Glauber Rocha, scomparso due anni prima (ma mi rifeci qualche anno dopo, quando non persi un film della retrospettiva veneziana a lui dedicata nel 1986, presentata al cineclub romano “Il Labirinto”), il vero inizio del festival fu per me il concerto di Gilberto Gil. Nei giorni precedenti gli articoli su alcuni giornali (ad esempio Molendini su “Il Messaggero”, Paolo Scarnecchia, Gino Castaldo su “La Repubblica”), avevano preparato e alimentato un clima di grande attesa. E il mio “reincontro” con Gil il 24 agosto, in un contesto del genere, fu davvero emozionante: un concerto trascinante, pieno di energia, con anche un toccante intermezzo acustico con il grande sambista baiano Batatinha, prima di concludere con una carrellata di successi, primo tra tutti Aquele Abraço, che ancora ricordo risuonare in tutto il Circo Massimo.

Il giorno seguente Caetano Veloso deliziò il pubblico romano con un concerto indimenticabile, tra i suoi più belli che ho mai visto. In quei giorni a Roma cominciavano le tipiche piogge di fine agosto, e da pomeriggio fino a sera si riversò sulla città molta acqua. Nonostante questo, migliaia di persone alle dieci di sera gremivano l’arena. A un certo punto, improvvisamente, si apre uno squarcio tra le nubi, cessa la pioggia e sopra al Palatino appare la luna piena. È il segnale: entra il gruppo, A Outra Banda da Terra, che comincia a introdurre il concerto con suoni rarefatti, e a seguire compare Caetano con la sua lunga sciarpa celeste, che inizia a suonare gli accordi di Lua de São Jorge… ed è subito magia. Dopo alcuni brani tratti dai suoi ultimi dischi, in particolare Uns, ecco l’intermezzo acustico “voz e violão” con suoi classici come Tigresa, Leãozinho, Meu bem meu mal. Quando poi Caetano inizia a suonare Minha voz, minha vida, sale sul palco vestita di bianco colei che a quell’epoca mi appariva come una sorta di creatura divina dalla voce inimmaginabile: Gal Costa, per la quale il brano era stato scritto.

A ripensarci ora, considero un privilegio aver potuto assistere a momenti come questo, dove artisti sulla soglia dei quarant’anni, si esprimevano con tutto la loro forza espressiva e creativa. Quando rientra la banda è pura festa: samba, frevo, con Caetano che danza sulla passerella, per concludere con la carnevalesca Chuva, suor e cerveja, con la pioggia che pur essendo ricominciata, non riesce a far andar via le migliaia di persone accorse. La bella cronaca di Molendini si conclude così: «quanti altri artisti sarebbero riusciti a tenere quattro, cinquemila persone nel diluvio: sicuramente pochi. E quanti poeti? Nessuno, tranne Caetano»[i].
                                                             

Dopo lo spettacolo del “Grupo Viva Bahia”, con la partecipazione di Naná Vasconcelos, a cui non potei assistere, il 27 agosto fu la volta di Gal Costa, e quello fu un altro di quei concerti che mi sono rimasti impressi nella memoria per sempre. Con una band impeccabile la cantante baiana presentò un repertorio tratto dai suoi ultimi album, Minha Voz, Fantasia, Gal Tropical. A pochi metri dal palco rimanemmo tutti travolti dall’energia e dalle doti vocali di questa artista che percorreva lo spazio in lungo e in largo senza mancare una nota. E quando a un certo punto attaccò Vatapá, il miracolo si realizza: sale sul palco la storia della canzone brasiliana, Dorival Caymmi, che poi incanta il pubblico con un intermezzo voce e chitarra incentrato sulle sue “canções praieiras”. Poi rientra Gal, con una festa di ritmo, samba, frevo. Racconta Molendini: «Un’ubriacatura assoluta con la gente, là sotto il palco, a non tenersi più. È ancora una volta carnevale. Volano centinaia di stelle filanti, il Circo Massimo vibra tutto, sventola una bandiera brasiliana, Gal la prende in mano e l’agita sparendo fra le quinte nel suo vestito anch’esso fatto di luccicanti stelle filanti»[ii]. E poi il bis finale, voce e chitarra, con l’emozionante Força estranha di Caetano Veloso.

Caymmi si esibì anche il giorno dopo, fuori programma, perché Maria Bethânia non poté partecipare al festival per una indisposizione. E così potei veder cantare per la prima volta anche sua figlia Naná in un repertorio incentrato sulle canzoni del padre, accompagnati entrambi dal gruppo di Bethânia. Un concerto messo su in due giorni, che seppe comunque conquistare il pubblico romano. E a ripensarci oggi, quasi stento a credere di aver potuto assistere a un intero concerto di Dorival Caymmi, il quale, oltre ad aver rilasciato in quei giorni alcune interviste ai giornali, scrisse su “Il Messaggero” una presentazione dell’intero festival, che si conclude così: «È da Bahia che viene il nostro samba, cioè la nostra musica nazionale. Di Bahia sono la maggioranza degli artisti cantanti interpreti e musicisti che partecipano a questo nostro incontro. Il samba de roda, la capoeira, gli strumenti tipici di origine africana che vedrete durante questi concerti, come il berimbau, l’agogó, gli atabaques, sono tutti di Bahia. Nel Circo Massimo i baiani vengono per far vedere alla gente di Roma che finora ha conosciuto i mezzi toni della musica popolare brasiliana qual è il suo colore definitivo. È quello di Bahia. Grazie»[iii].

Dopo la serata con Moraes Moreira e Armandinho Macedo, e prima del gran finale a Piazza Navona con il Trio Electrico, spettacoli ai quali non potei assistere, il 30 agosto mi ritrovai a partecipare allo storico evento rappresentato dal ritorno in Italia del “mito” João Gilberto, dopo 20 anni. Un’atmosfera molto diversa da quella dei giorni precedenti, con João che, prima voce e chitarra e poi accompagnato dalla Nuova Orchestra da Camera di Roma, stregò il pubblico romano con un concerto indimenticabile. Le cronache parlano di alcuni disturbi iniziali dovuti un ronzio dell’amplificazione, a cui – devo dire – non prestai molta attenzione, essendo totalmente rapito dalla presenza di João Gilberto, che interpretò i classici del suo repertorio, da Insensatez a Estate di Bruno Martino, fino a Chega de saudade, cantata insieme a sua figlia Bebel, all’epoca ancora ragazza. Un concerto del genere non ha pietra di paragone per me, se non esclusivamente con i concerti di João Gilberto a cui ho potuto assistere in seguito, su tutti quello al Teatro Morlacchi a Umbria Jazz, qualche anno dopo.   
                                                         

Forse a 16 anni non comprendevo fino in fondo la grandezza di quello a cui avevo assistito in quei giorni. E a ripensarci oggi, posso dire che fu una pagina tra le più importanti nel rapporto culturale tra Brasile e Italia, in un periodo storico in cui nel nostro paese c’era ancora una televisione che era autenticamente “servizio pubblico”, una stampa in parte ancora indipendente, che non doveva rendere conto soltanto alle leggi del mercato. E il sostegno della Rai e di alcuni giornali fu davvero importante per la riuscita del festival.

Quei cinque concerti li conservo nella memoria come un bene prezioso. Non sarei il musicista che sono senza aver vissuto l’esperienza di “Bahia de todos os sambas” e posso dire che quell’energia vitale che allora entrò dentro me, ancora scorre nelle mie vene. Penso che quando da ragazzi si assiste ad aventi così intensi, con artisti nel pieno della loro forza creativa, questi eventi hanno una influenza su di noi, che rimane dentro per tutta la vita. Di quei giorni conservo il programma, ritagli di giornale di articoli e interviste, la videocassetta che uscì alcuni anni dopo con alcuni filmati, che in parte ora è possibile vedere su youtube.

                                                                 
Ma l’atmosfera, l’emozione, quella rimane solo dentro me, come un bene prezioso. Un’emozione che in seguito ritrovai solo in due momenti particolari della mia vita, quasi a coronamento del percorso iniziato nel 1983. Il primo è rappresentato dal mio arrivo a Salvador nel 2005: accolto all’aeroporto – mentre veniva diffuso in un video Domingo no parque di Gil – dal mio amico baiano Marco Antonio Costa, compagno di tante canzoni scritte qui a Roma, fui poi da lui portato in alcuni luoghi-simbolo di cui avevo sentito parlare solo nelle canzoni di Caymmi o nei romanzi di Jorge Amado che divoravo da ragazzo: la Lagoa do Abaeté, Itapoã, la Baixa do Sapateiro, e soprattutto il Pelorinho e il centro storico di Salvador – l’emozione più grande – che fino ad allora avevo potuto vedere solo in alcuni film come Dona Flor e i suoi due mariti di Bruno Barreto.

Il secondo più recente, quando nel 2017 al Conservatorio di Reggio Calabria, dove ho insegnato per 13 anni, ebbi l’occasione – grazie al compositore Aldo Brizzi – di portare nella mia classe Gilberto Gil per un incontro con docenti e allievi, con i quali avevo preparato un omaggio musicale al quale lui si unì, basato sui suoi brani Eu vim da Bahia, Refazenda e Filhos de Gandhi. Quell’ora di incontro e di didattica con Gil, oltre ad avermi emozionato e scosso (tutti trovammo incredibile l’energia magnetica che quell’uomo emanava), ha rappresentato per me, dopo 34 dal primo concerto di “Bahia de todos os sambas”, come un cerchio che si chiudeva, un reincontro con una parte di me che aveva preso forma in quella lontana estate del 1983.   



[i] Molendini, Marco. Ballando sotto la pioggia. In: Il Messaggero, 27 ago. 1983, p. 9
[ii] Molendini, Marco. Il suo nome è Gal e con la voce fa ciò che vuole. In: Il Messaggero,
           29 ago.1983, p. 7  
[iii] Caymmi, Dorival. Per conoscere il vero colore della musica brasiliana. In: Il Messaggero,
            23 ago. 1983, p. 8

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Giovanni Guaccero. Compositore e pianista, è nato a Roma, dove ha compiuto gli studi musicali e continua a svolgere la sua attività. Oltre all'attività nell'ambito della musica colta contemporanea, da molti anni si occupa di música popular brasileira (MPB). Svolge anche attività musicologica, didattica e di organizzazione musicale. Ha intrapreso gli studi musicali con il padre, il compositore Domenico Guaccero. E’ diplomato in Composizione nel 1995 e nel 1997 in Musica Elettronica al Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma. Laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con una tesi di storia della musica, è stato responsabile dell’ Archivio Domenico Guaccero, e membro del Comitato Artistico del Coro Aureliano diretto da Bruna Liguori Valenti, per il quale ha composto diverse opere. Ha collaborato con alcuni dei maggiori artisti e intellettuali italiani, quali Enzo SicilianoEnnio Morricone  e Giovanna Marini. Ha composto musiche su testi di Elio PecoraDacia Maraini. Le sue opere, pubblicate da editori indipendenti (Tored, Domani Musica, Semar, Pontevecchio), sono state più volte trasmesse da Rai RadioTre, Radio Vaticana e il 5° Canale delle della Filodiffusione. Per maggiori informazioni: 
http://www.giovanniguaccero.net/ita/biografia.php
http://www.giovanniguaccero.net/ita/biografiabrasiliana.php

 


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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Aquele verão romano de 1983, sonhando com a Bahia
por
Giovanni Guaccero


                                                               


Já fazia alguns anos que minha paixão pela música popular brasileira havia nascido quando, no início do verão de 1983, começamos a falar do Festival "Bahia de todos os sambas" idealizado por Gianni Amico e promovido pela prefeitura de Roma. Naquela época me pareceu uma coisa incrível ouvir o anuncio dos shows ao vivo de artistas dos quais eu só tinha ouvido as gravações.

Na Itália naquela época não era tão fácil se informar sobre a MPB, e precisa dizer que para a sua divulgação, nas décadas 1970 e 1980, o que desempenhou um papel importante foi a “militância” de alguns jornalistas como Gianni Minà (com seus programas históricos na emissora publica Rai-Radiotelevisione italiana) ou Marco Molendini no jornal “Il Messaggero”.

Meu primeiro encontro com a música brasileira aconteceu quando eu estava com  9 anos de idade, em 1975, através de um programa em um canal da RAI do francês "Midem 75 - Gala Brésilien", aquela noite  contou com a presença de artistas quais Gilberto Gil, Baden Powell, Paulinho da Viola, Jorge Ben. Na época, meu irmão Paolo e eu tínhamos recebido de presente um pequeno gravador com o qual gravamos o programa  e ouvimos aquelas músicas caraterizadas por uma linguagem que me pareceu fascinante e  misterioso ao mesmo tempo. Mais tarde, meu pai Domenico, apesar de ser um músico muito selectivo no que diz respeito à escuta musical, me encorajou neste meu interesse, me doando os primeiros discos do Vinicius de Moraes e do Toquinho.

Um passo fundamental na minha trajetória de convivência com a MPB foram, entre julho e agosto de 1978, alguns concertos na Rai2 que integravam a programação de "I Lunedì del Sistina", realizada entre  1975 e 1977. Os programas foram anunciados no "Il Radiocorriere TV", Revista semanal da Rai, com muitas reportagens que ainda guardo. Foi assim que eu pude assistir, pela primeira vez na televisão, os concertos de Chico Buarque, MPB4, Caetano Veloso e Gal Costa, Gilberto Gil, Maria Bethânia, Jorge Ben. Esses programas tinham roteiro de Sergio Bardotti e direção de Eros Macchi, e as gravações dos shows se alternavam com entrevistas aos artistas: Os gravei e tornaram-se os meus preferidos da época.

A partir daí comecei a procurar os discos desses músicos: achei algo em Roma, no P.C.I. “Rinascita”, na rua delle Botteghe Oscure. Lembro-me perfeitamente que no final dos anos 1970 os discos de Chico Buarque ou Tom Jobim estavam nas vitrines. No mesmo período, dentro do círculo de fãs que criou-se naqueles anos, começaram a circular fitas cassetes com LPs de música brasileira.
Finalmente, em 1981 junto com meu pai pude assistir o meu primeiro show brasileiro ao vivo: Baden Powell em solo no Teatro Sistina, com uma longa homenagem a Vinicius de Moraes, falecido há alguns meses, e a seguir, no mesmo ano, Gilberto Gil, que sempre no Sistina lançou seu disco "Luar". Nessa época na Itália começavam a se publicar alguns livros, como “Vinicius de Moraes. Poesie e Canzoni "(1981) e "Música Popular Brasileira" de Paolo Scarnecchia (1983), o que me permitiu aprofundar um tema que estava me fascinando cada vez mais.

A essa altura, em 1983, aqueles artistas brasileiros já eram os meus favoritos (na época eu não ouvia outro tipo de música pop), e quando começou a se falar do festival dedicado à Bahia que se realizaria no Circo Massimo, - provavelmente o último grande projeto do conselho municipal de esquerda em Roma - a espera começou a virar ansiedade. Os dias programados foram de 23 até 31 de agosto.

Naquela época, nossa família geralmente passava as férias em uma casa alugada nos Castelli Romani, e assim, com meu irmão, nos viajávamos de ônibus para subir e descer até a cidade de Roma. Lembro que meu pai gostaria de ter vindo também, mas foi impedido pela doença que o levou embora no ano seguinte. Apesar disso tudo, a Rai documentava quase todos os shows que eram logo transmitidos pela TV, e por isso foi possível ver uma parte deles também pela televisão. Não pudemos ir para todos os shows, mas os que assisti permanecem guardados  na minha memória de forma indelével.

Perdi a primeira noite que foi dedicada ao diretor Glauber Rocha, falecido há dois anos, mas alguns anos depois no cineclub romano “O Labirinto”, não perdi nem um filme da retrospectiva veneziana dedicada a ele em 1986. Para mim, o verdadeiro começo do festival foi o show do Gilberto Gil. Nos dias que antecederam o show, as reportagens em alguns jornais (por exemplo Molendini no “Il Messaggero”, Paolo Scarnecchia, Gino Castaldo em “La Repubblica”), alimentaram um clima de grande expectativa. Meu "reencontro" com Gil em 24 de agosto, em tal contexto, foi realmente emocionante: um show envolvente, cheio de energia, até com um interlúdio acústico com o grande sambista baiano Batatinha, antes de encerrar com uma fila de sucessos dele, a começar por “Aquele Abraço”, que ainda me lembro quanto ressoou pelo Circo Massimo.

No dia seguinte, Caetano Veloso encantou o público romano com um show inesquecível, um dos mais belos que já vi. Naqueles dias em Roma começavam as chuvas típicas do final de agosto, e muita água derramava sobre a cidade, a partir da tarde e até a noite. Apesar disso, milhares de pessoas lotavam a arena às 22h00. A certa altura, de repente, abre-se uma brecha nas nuvens, a chuva pára e acima do monte Palatino aparece a lua cheia. Este é o sinal: entra o grupo “A Outra Banda da Terra”, que começa a apresentar o show com sons rarefeitos, e surge o Caetano com seu longo caracol azul claro. Começa a tocar “Lua de São Jorge” ... e é imediatamente mágia. Depois de alguns trechos de seus últimos discos, em particular “Uns”, aqui fica o interlúdio acústico "voz e violão" com seus clássicos como “Tigresa”, “Leãozinho”, “Meu bem meu mal”. Aí, quando o Caetano começa a tocar “Minha voz, minha vida”, sobe ao palco, vestida de branco, aquela que na época me parecia uma espécie de criatura divina com uma voz inimaginável: Gal Costa, para quem foi escrita a música.
                                                       

Olhando agora para trás, considero um privilégio poder testemunhar momentos como este, em que artistas, alguns no limiar de quarenta anos de idade, se expressaram com toda sua força expressiva e criativa. Quando a banda volta é pura festa: samba, frevo, com Caetano dançando na passarela, para encerrar com o carnaval “Chuva, irmã e cerveja”, com a chuva que, apesar de recomeçar, não consegue fazer com que os milhares de pessoas forem em bora. A bela crônica de Molendini termina assim: “quantos outros artistas teriam conseguido manter quatro, cinco mil pessoas no dilúvio: certamente poucos. E quantos poetas? Ninguém, exceto o Caetano”[i].

Depois do show do "Grupo Viva Bahia", com a participação de Naná Vasconcelos, a quem não pude comparecer, no dia 27 de agosto foi a vez de Gal Costa, e esse foi mais um daqueles shows que ficaram para sempre gravados na minha memória. Com uma banda impecável, a cantora baiana apresentou um repertório retirado de seus últimos discos, “Minha Voz”, “Fantasia”, “Gal Tropical”. A poucos metros do palco, ficamos todos maravilhados com a energia e as habilidades vocais desse artista que viajou por todo o espaço sem perder uma nota. E quando a certa altura atacou “Vatapá”, o milagre se concretizou: sobe ao palco a história da canção brasileira Dorival Caymmi, que  encanta o público com um interlúdio de voz e violão focado em suas “canções praieiras”. Aí volta Gal, com festa de ritmo, samba, frevo. Molendini diz: “Uma embriaguez absoluta com o povo, ali embaixo do palco, não aguentando mais. É carnaval mais uma vez. Centenas de serpentinas voam, o Circus Maximus vibra tudo, agita uma bandeira do Brasil, Gal pega e agita, desaparecendo nas asas em seu vestido também feito de serpentinas cintilantes”[ii]. E depois o "bis" final, voz e violão, com a empolgante Força de Caetano Veloso.

Caymmi se apresentou no dia seguinte, fora do horário, porque Maria Bethânia não pôde participar do festival por indisposição. E assim pude ver sua filha Naná cantando pela primeira vez com um repertório focado nas canções do pai, ambos acompanhados pelo grupo da Bethânia. Foi realizado em dois dias um show que conseguiu conquistar totalmente o público romano. Olhando para trás no tempo, hoje em dia, mal consigo acreditar que eu assisti a um show inteiro de Dorival Caymmi. Ele, além de ter dado algumas entrevistas para os jornais da época, escreveu uma apresentação do festival no "Il Messaggero" , que termina assim: «Nosso samba vem da Bahia, ou seja, nossa música nacional. A maioria dos artistas, cantores, intérpretes e músicos que participam do nosso encontro são baianos. O samba de roda, a capoeira, os instrumentos típicos de origem africana que você vai ver nesses shows, quais o berimbau, o agogó, os atabaques, são todos baianos. No Circo Massimo, os Baianos vêm mostrar para os Romanos - que até agora conheceram os meios-tons da música popular brasileira - qual é a cor definitiva dessa Música. É a da Bahia. Obrigado"[iii].

Depois da noite com Moraes Moreira e Armandinho Macêdo, antes do grande final na Piazza Navona com o Trio Elétrico, shows que não pude assistir, no dia 30 de agosto participei do evento histórico do retorno à Itália, após 20 anos, da "lenda" João Gilberto. Um clima muito diferente dos dias anteriores, com João que, primeiro só voz e violão, e depois acompanhado pela Nuova Orchestra da Camera di Roma, enfeitiçou o público romano com um show inesquecível. As crónicas falam de algum problema inicial de som devido a um zumbido da amplificação. Hei de dizer que não prestei muita atenção nisso, pois estava totalmente extasiado com a presença de João Gilberto, que interpretou os clássicos do seu repertório, desde “Insensatez”, até “Estate” de Bruno Martino, até “Chega de saudade”, cantando junto com sua filha Bebel, que na época era ainda uma menina. Um show como este, para mim, não tem comparação com nada, a não serem os próprios shows de João Gilberto, que consegui assistir mais tarde, sobretudo o do Teatro Morlacchi, no Festival Umbria Jazz, após alguns anos.
                                                               

Com 16 anos de idade, talvez, eu não entendia perfeitamente a grandeza do evento que tinha assistido naqueles dias. E olhando para trás, hoje em dia, posso dizer que esta foi uma das páginas mais importantes na relação cultural entre Brasil e Itália, em um período histórico em que em nosso país ainda existia uma televisão que era autenticamente "serviço público", e uma imprensa em parte ainda independente, e que não atendia apenas às leis do mercado. O apoio da RAI e de alguns jornais foi muito importante para o sucesso do festival.

Guardo na minha memória esses cinco shows como um bem precioso. Não seria o músico que hoje em dia sou, sem ter vivido a experiência da "Bahia de todos os sambas" e posso dizer que ainda corre nas minhas veias aquela energia vital que entrou dentro de mim. Acho que na adolescência, quando vivemos acontecimentos tão intensos, com artistas na plenitude da sua própria força criativa, esses acontecimentos têm sobre a gente uma tal influência que permanece viva para o resto da vida. Daqueles dias guardo o livrinho com a programação, os recortes de jornais de reportagens e entrevistas, a fita cassete que saiu depois de alguns anos, com algumas filmagens do evento, e agora algumas delas se podem assistir até no youtube. Mas dentro de mim, a atmosfera, a emoção, continuam permanecendo  como um bem precioso.

                                                           
Uma emoção que reencontrei somente em dois momentos marcantes da minha vida, em que quase coroei aquela  “viagem” que começou em 1983. O primeiro momento foi a minha chegada a Salvador no ano de 2005: no aeroporto - enquanto nos vídeos passava “Domingo no parque” di Gil – quem me acolheu foi o meu amigo baiano Marco Antonio Costa, companheiro de muitas músicas escritas aqui em Roma. Foi sempre ele que depois me levou para alguns lugares simbólicos, dos quais eu só tinha ouvido falar através das palavras nas canções de Caymmi, ou dentro dos romances de Jorge Amado que eu “devorava” literalmente desde menino: eram eles a Lagoa do Abaeté, Itapoã, a Baixa do Sapateiro. Sobretudo o Pelourinho e o centro histórico de Salvador - a maior emoção - que até aquele momento eu só tinha visto através de filmes quais “Dona Flor e seus dois maridos” de Bruno Barreto.

O segundo momento è mais recente e aconteceu em 2017 no Conservatório de Reggio Calabria, onde dei áula por treze anos. Foi quando, graças ao compositor Aldo Brizzi, tive a oportunidade de convidar e trazer Gilberto Gil para uma minha áula, para um encontro com professores e alunos. Eu tinha preparado junto com eles uma homenagem musical - à que o Gil se uniu - a partir das músicas dele “Eu vim da Bahia”, “Refazenda” e “Filhos de Gandhi”. Além de me emocionar, pois todos nós achamos incrível a energia magnética de Gil, naquela hora do encontro e ensino com ele, 34 anos após o primeiro concerto do "Bahia de todos os sambas", eu senti como se um círculo perfeito se fechasse: foi esse o reencontro com uma parte de mim que veio a se criar naquele distante verão de 1983.


[i] Molendini, Marco. Ballando sotto la pioggia. In: Il Messaggero, 27 ago. 1983, p. 9
 
[ii] Molendini, Marco. Il suo nome è Gal e con la voce fa ciò che vuole. In: Il Messaggero,
           29 ago.1983, p. 7
 
 
[iii] Caymmi, Dorival. Per conoscere il vero colore della musica brasiliana. In: Il Messaggero,
            23 ago. 1983, p. 8
 
 


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Traduzione da italiano a portoghese di A.R.R.
Giovanni Guaccero. Compositor e pianista, nasceu em Roma, onde completou os estudos musicais e onde continua exercendo a sua atividade. Além da atividade no campo da música culta contemporânea e música popular, há muitos anos se ocupa da música popular brasileira (MPB). Também realiza atividades musicológicas, didáticas e de organização musical. Iniciou os estudos musicais com o pai, o compositor Domenico Guaccero. Se formou em Composição em 1995 e em 1997 em Música Eletrônica no Conservatório "Santa Cecília" de Roma. Formado em Letras pela Universidade de Roma "La Sapienza" com uma Tese sobre História da Música, foi responsável pelo Arquivo Domenico Guaccero, e membro da Comissão Artística do Coro Aureliano dirigido por Bruna Liguori Valenti, para o qual compôs vários trabalhos.
Colaborou com alguns dos maiores artistas e intelectuais italianos, como Enzo Siciliano, Ennio Morricone e Giovanna Marini. Compôs música a partir de textos de Elio Pecora, Dacia Maraini. Suas obras, publicadas por editoras independentes (Tored, Domani Musica, Semar, Pontevecchio), foram veiculadas várias vezes pela Rai RadioTre, Rádio Vaticano e 5º Canale delle della Filodiffusione. Para maiores informações sobre as atividade dele: 
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