OMAGGIO A MIRIAM MAKEBA
Antonella Rita Roscilli
"La storia di Miriam Makeba" di Nomsa Mwamuka (ed. Gorée, 2009).Copertina di Maurizio Ceccato
"Mama Africa" era una donna del Sudafrica, artista impareggiabile che con il suo canto, la sua voce, la sua musica divulgò in tutto il mondo la lotta contro il razzismo, facendosi ambasciatrice dei diritti umani. Parliamo di Miriam Makeba, un modello da seguire, una luce per il futuro del continente africano, esempio di coraggio col quale perseguire i propri ideali. Nata a Johannesburg il 4 marzo 1932, è  stata per tutta la vita una convinta attivista anti-apartheid e la sua esistenza si intreccia con la stessa storia del Sudafrica.  

Miriam Makeba venne a mancare in Italia, in una notte tra il 9 e il 10  novembre 2008. Quella sera volle partecipare ad un concerto. Infatti si esibì a Castel Volturno, vicino Caserta, in un concerto contro il razzismo per ricordare la strage di sei immigrati africani avvenuta due mesi prima. Subito dopo aver cantato il suo successo  Pata Pata , ebbe un infarto nel retropalco. La portarono di urgenza alla clinica Pineta Grande. Ma non ci fu nulla da fare e Nelson Mandela disse: “Giusto così, giusto che gli ultimi momenti di vita di Miriam siano passati sul palcoscenico. Le sue melodie hanno dato voce al dolore dell’esilio che provò per 31 lunghi anni, e allo stesso tempo, la sua musica effondeva un profondo senso di speranza”.

L’Italia la ricordò il 10 marzo 2010 con il meraviglioso convegno “Miriam Makeba: l’Artista, la donna, il messaggio”, promosso dal Movimento degli Africani, in collaborazione, tra gli altri, con SuLLeAli-Comunicazione responsabile, con il Patrocinio del Comune di Roma, Provincia di Roma, Presidenza del Consiglio-Pari Opportunità, Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati e Croce Rossa Italiana.  Secondo Maouka Sékou Diabaté, responsabile alla cultura del Movimento degli Africani, l’omaggio in Italia era doveroso perché Mama Africa “ha regalato gli ultimi suoi istanti alla lotta contro la criminalità organizzata in questo paese. Il Tributo vuole commemorarla per la sua preziosa poliedricità: la donna Cantante che racconta l’Africa, la donna Madre che insegna la fiducia negli altri nonostante le sue sofferenze personali, la donna Ambasciatrice dei diritti umani che lotta contro le prevaricazioni e le ingiustizie”.

Intervenne tra gli altri Roberto Meglioli che aveva condiviso, come manager, più di venti anni di musica con la cantante. Venne lanciato un libro”La storia di Miriam Makeba” di Nomsa Mwamuka (ed Gorée) e si realizzò un concerto che ancora ricordiamo per la straordinaria bellezza  all’Auditorium di via della Conciliazione di Roma. Oltre alle sue grandi doti artistiche, molti ripercorsero la sua vita, rilevarono
l'impegno politico contro il regime dell'apartheid e l’essere stata delegata alle Nazioni Unite.
 
La madre di Miriam Makeba era una sangoma di etnia swazi, ovvero una sciamana dei popoli Nguni. Il padre, morto quando lei aveva solo cinque anni, apparteneva ai Xhosa, un popolo dell’Africa centrale. Miriam iniziò a cantare a livello professionale negli anni Cinquanta: prima faceva parte del gruppo Manhattan Brothers, poi fondò la propria band, The Skylarks, che riusciva ad unire jazz e musica tradizionale sudafricana. Gli anni ’50 erano anche gli anni dell’apartheid, termine afrikaans usato per definire la segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca del Sudafrica nel 1954 e rimasta in vigore fino al 1990.

Nel 1960 Miriam partecipò al documentario anti-apartheid Come Back, Africa“, che le guadagnò molta attenzione e l’invito alla Mostra del Cinema di Venezia.  Ma il successo musicale e l’impegno socio-politico le costarono un esilio di ben trentuno anni, imposto dal governo di Pretoria dopo il suo primo tour negli Stati Uniti. A New York fu aiutata dal cantante e attore Harry Belafonte che la lanciò internazionalmente, tanto da farla cantare, nel 1963, per il presidente degli Usa John F. Kennedy che fece mandare una macchina a prenderla apposta per conoscerla di persona. La sua carriera internazionale la portò ad incidere più di 30 album, di cui molti live, ad avere collaborazioni prestigiose che le permisero di divulgare al massimo la sua Terra e il suo messaggio
 
Il legame con la terra d’origine rimase vivo attraverso il rapporto con Nelson Mandela, impegnato allora nell’”African National Congress”, ma soprattutto, rimase vivo grazie alla musica nella quale cantava la sua gente, le sue tradizioni, le sue lingue. Nel 1966 ricevette il Grammy per l’album An Evening with Belafonte/Makeba, manifesto della situazione della popolazione nera sotto il regime dell’apartheid. Nel 1967 incise la canzone che la porterà ad una fama mondiale, Pata Pata che rappresenta un inno alla vita.

Nel 1968 si sposò con l’attivista radicale Stokely Carmichael,  figura controversa nel panorama americano, tanto da comportare un calo drastico dei concerti e contratti. I due si trasferirono così in Guinea, dove divennero amici del presidente Ahmed Sékou Touré e di sua moglie. Nel 1974 Miriam si separò da Carmichael e continuò con i suoi concerti in Africa, Sudamerica ed Europa. Fu anche delegata della Guinea per l’Onu e vinse il Premio Dag Hammarskjöld per la Pace nel 1986. Dopo la morte della sua unica figlia Bongi nel 1985, si trasferì a Bruxelles e nel 1987 collaborò al tour di Paul Simon, mentre poco dopo pubblicò l’autobiografia Makeba: My Story. Nel 1990 Nelson Mandela la convinse a ritornare in Sudafrica, dove continuò ancora con più forza il suo impegno sociale e politico.

Nel 1992 recitò nel film Sarafina! Il profumo della libertà nel ruolo della madre del protagonista, mentre nel 2002 partecipò al documentario Amandla!: A Revolution in Four-Part Harmony. Nel 2001 ricevette la Medaglia Otto Hahn per la Pace, poi vinse il Polar Music Prize e nel 2005, dopo l’aggravarsi della sua artrite reumatoide, decise di dedicarsi al suo tour di addio mondiale.

Ma non volle mancare al concerto in Italia, a Castel Volturno. E quel concerto rimane il simbolo estremo del suo impegno antirazzista concreto, di un impegno che durò fino alla fine. Consentì a Miriam Makeba, ancora una volta, di mostrare la sua partecipazione solidale e coraggiosa, per veicolare un messaggio di lotta al razzismo nel mondo, un messaggio di speranza globale che rimarrà sempre viva attraverso le parole delle sue canzoni.