Vita e amicizia: Myriam Fraga, Zélia Gattai e Jorge Amado. - PRIMA PARTE -
Cássia Lopes
Foto copertina: Lúcia Correia Lima
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

“Riconosco che il tempo trascorso con Zélia e Jorge mi ha offerto un’esperienza troppo importante per essere riportata entro i limiti ristretti di questo libro segnato dalle circostanze” (MYRIAM, 2013. p. 10). Con queste parole scritte nel libro “Memórias de alegria”, la scrittrice Myriam Fraga non solo confessa l'importanza dell'incontro affettivo con Zélia e Jorge Amado, ma ci colloca nei meandri dei circuiti degli affetti che ci permettono di pensare al valore filosofico e politico dell'amicizia nella costruzione di una vita letteraria e per l'esistenza, mentre comprendiamo il soggetto nella sua rete discorsiva e nell'intreccio degli amici.

Ciò che risalta è proprio l'attimo fuggente in cui qualcuno parla di sé parlando di qualcun altro, o parla di qualcun altro a sé stesso per trovare il luogo assente, segnato dal desiderio di far rivivere l'oggetto letteralmente amato, già iscritto nella storia dei cognomi degli amici Zélia e Jorge.

La fotografia di copertina del libro “Memórias de Alegria” ci colloca nel paesaggio del Pelourinho, presente nella poesia di Myriam Fraga come nelle pagine dei romanzi di Jorge Amado. Abbiamo qui già un primo indizio per pensare all'amicizia: essa coinvolge il tempo e lo spazio della convivenza, con il suo andirivieni attraverso le ore e i campi di segni che finiscono per intrecciare i sogni, produrre diligenza e capacità di incuriosirsi.

L'amicizia, in questo caso, è un campo di forza e di interessi, di sensibilità da espandere e difendere, con confini da restringere e ampliare in una comune esistenza sociale. Vestito con un abito monocromatico, blu-grigiastro, con un cappello nella mano destra e indossando delle espadrillas, emerge il corpo di Jorge Amado e, accanto a lui, l'immagine di Myriam Fraga, sorridente; uno che cammina accanto all'altro. 

Sullo sfondo di ogni figura si trova una frase, segno trasparente e oscuro impiegato nell’economia del desiderio condiviso[1]. Il fulcro della scena è il camminare, l'idea che l'amicizia implichi movimento, non solo un dasein, un essere nel mondo accanto all'altro, ma un camminare accanto all'altro, che calamita l'idea di spostamento al tema dell'amicizia, una certa coreografia dei corpi degli amici che si lasciano andare al ridere, ballare, viaggiare, pensare e scrivere; infine produrre un gesto del corpo.

 
Ci sono gesti che compiamo solo con qualche amico invitato a fare un salto, a staccarsi da terra, a lanciarsi in una caduta, con una certa performance discorsiva che coinvolge tutto il corpo. Nella fotografia ritagliata, Jorge Amado si aggrappa al braccio della sua amica Myriam Fraga per salire sul pendio del Pelourinho e, in questo gesto, possiamo vedere l'unione di amici, ma anche un tessuto di immaginari, una sorta di narrazione e storie condivise durante anni di esistenza in quel luogo storico e negli angoli di Bahia.

C'è qualcosa che Myriam Fraga è riuscita a sperimentare con i suoi amici Jorge e Zélia, un tipo di movimento unico che non potrebbe mai essere realizzato con altre persone:

Devo a Zélia e Jorge più di semplici momenti felici, devo loro una lezione di vita che mi permetta di affermare, contro ogni possibile scrupolo, che – pur riconoscendo che le mie parole sono solo una goccia d’acqua, con il sapore delle lacrime, nell’estuario degli omaggi che si moltiplicano quest’anno – non potevo restare in silenzio. (MYRIAM, 2013, pag. 10)

Sia la fotografia sulla copertina del libro “Memórias de Alegria” sia le testimonianze della scrittrice Myriam Fraga, presenti in questo libro, permettono di mettere in pratica l'elogio dell'amicizia da una prospettiva filosofica. C'è chi sostiene che lo stretto rapporto tra amicizia e filosofia sia evidenziato già nel nome philos, nel senso etimologico del termine, e questa approssimazione sarebbe la sua grande sfida: la filosofia non è una pratica da vivere tra amici, anche se non può prescindere dall'amicizia. Per chiarire questo tema, vale la pena di sottolineare il saggio di Giorgio Agamben, che presenta la prospettiva critica di Nietzsche su questo argomento.

Secondo l'approccio nietzscheano, l'amicizia deve abitare la regione della clandestinità, come chi viaggia o si stabilisce in un luogo, ma si ritrova senza il documento che lo costituisce definitivamente o costruisce un'identità chiusa. Nel gioco tra l'apollineo e il dionisiaco, l'amico ci fornisce lo specchio in cui ci guardiamo e ci riconosciamo come entità socialmente inscritta, ci dà una forma nel groviglio di segni che ci agitano, ma c'è l'informe della scena, dell'inconscio che fa dell'amico l'altro da noi stessi, colui che ci getta il suo volto sorridente e familiare in cui ci scopriamo estranei e ci disegniamo nella differenza.

Nel saggio “Amici”, Giorgio Agamben torna al tema dell'amicizia in questo gioco dell'alterità, in cui gli amici compaiono nelle scie di appunti, fotografie, lettere scambiate, ma se i riferimenti non sono autorevoli sul soggetto, nascono come esperienze di alterità, da momenti di piacere, di conflitto, di seduzione in cui il campo dell'ascolto, delle letture condivise, uno stato o una situazione affettiva, sempre incompiuti, creano istanze di discorsi e parole la cui forza sembra costituire la memoria dei giorni.

In questo caso, possiamo raccontare la storia di qualcuno attraverso i percorsi che ha percorso con gli amici, attraverso la narrazione delle sue amicizie e delle sue rotture: seguendo l'esempio di Nietzsche e Wagner; Samuel Beckett e James Joyce, Gustav Janouch e Kafka, nel caso specifico di questo saggio, Myriam Fraga con la coppia Zélia e Jorge Amado.

Ma l'amicizia non è sempre il filo conduttore nell'incontro delle idee, ma piuttosto un ostacolo. È quanto mette in luce il racconto di Giorgio Agamben, che decise di scambiare lettere sul tema dell'amicizia con l'amico Jean Luc Nancy, nel tentativo di affrontare un tema che meritava uno sguardo analitico e che, in quella forma epistolare, sembrava il modo migliore per esporne il contenuto.

Ma l'arrivo della lettera dell'amico non aprì orizzonti e l'amicizia tra loro, al contrario, finì per creare situazioni conflittuali e fluttuazioni discorsive, oscurando ambiti di comprensione tra i due filosofi. Il racconto esemplifica che la filosofia non è un semplice dialogo tra amici e, in questa linea di riflessione, Agamben cita Derrida che, nel suo libro La politica dell'amicizia, critica la visione fallocentrica delle relazioni tra amici. A tal fine, il filosofo francese utilizza come motto la frase attribuita ad Aristotele, ma da molti considerata apocrifa: “Oh, amici, non ci sono amici”. (AGAMBEN, 2009, pag. 80)

Secondo Agamben, con questa frase Derrida riprende la tradizione nietzscheana nel modo in cui affronta il tema dell'amicizia: ne sottolinea il bisogno e, allo stesso tempo, dimostra una certa sospensione o esitazione nei confronti degli amici; tutto questo come strategia filosofica. La regione dell'amicizia è quindi uno spazio di vicinanza e di lontananza, una regione clandestina, portatrice dell'alterità del soggetto: l'altro da sé.

Nel caso di Myriam Fraga, come dimostra il racconto del suo viaggio a Parigi nel 1989, l'anno della caduta del Muro di Berlino, possiamo vedere una città idealizzata e glamour, che però non corrisponde a ciò che l'autrice sognava guardando le strade e le fotografie parigine. A proposito, cito un estratto di un viaggio per ampliare la nostra discussione in questo saggio:

Comodamente sistemato nella vecchia Renauld di Alice – che Jorge Amado aveva affettuosamente chiamato Thereza Batista – con il cuore riscaldato dal calore dell’amicizia e dai fuochi d’artificio di un’estate europea che prometteva di essere intensa, pensai, estatico:
– Finalmente eccomi a Parigi dopo anni di attesa!

Quel pomeriggio dai toni grigio-blu sbiaditi, mi resi conto, un po' deluso, che, dopotutto, non stavo subendo l'impatto che avevo immaginato. Come un'antica nobildonna, la città sorprende chi arriva, come me, illuso dagli eccessi di entusiasmo che circondano la sua immagine e l'etichetta di "città della luce". All'improvviso, divenne ciò che era realmente: un mero stereotipo, un cliché che non trasmetteva il fascino discreto, la dignitosa austerità della città destinata a fungere da faro per l'Occidente. (MYRIAM, 2013, pag. 36)

Qui possiamo già intravedere una certa teorizzazione sul tema del viaggio, intrecciato con la dimensione dell'amicizia. Questo ci porta alle aree della conoscenza e dell'ignoranza. Quei giorni a Parigi erano riscaldati dalla compagnia degli amici Zélia e Jorge Amado, ma all'interno della città si creava uno spazio di estraneità rispetto alla città e a se stessi.

L'amicizia rende desiderabile la geometria della città, possibile, avendo accesso al linguaggio ricreato dalla coesistenza degli amici: si comincia ad amare Parigi non per sé stessa, ma per l'esistenza affettiva di quegli amici e per gli incontri vissuti in quel luogo, che hanno reso le strade e le piazze qualcosa di indimenticabile, memorabile:

Ricordo alcuni momenti indimenticabili, come la visita a Montmartre una domenica mattina, il cielo meravigliosamente azzurro, il movimento degli artisti che ripetevano lo stesso rituale anno dopo anno. Ciò che mi ha incantato di più, però, è stata la vitalità della coppia Amado, la loro gioia di vivere e la loro felicità nel condividere questa gioia con i loro amici. (MYRIAM, 2013, pag. 40)

Evidentemente, per quanti tentativi si facciano, diventa impossibile, perfino indesiderabile, definire cosa sia l'amicizia, collocarla in una catena di aggettivi; non è questo il nostro scopo. Ma il problema sta nel pensare a come questo affetto magnetizzi il corpo dell'altro in un modo che non lo deifica né lo banalizza: in questo caso, smettiamo di vedere il nostro amico come un'entità capricciosa che ci supera e può giudicarci o maledirci, e creiamo anche una visione del nostro amico entro certi limiti spaziali e temporali in momenti di spostamento, come durante un viaggio, in cui l'altro continua a essere ciò che è, e può essere, come entità socialmente incarnata, indipendente dalla volontà e dal desiderio della persona che condivide l'amicizia.

C'è qualcosa che unisce sempre gli amici, ma li separa: la diversità. È come se l’amicizia richiedesse da parte di ogni essere vivente una sorta di gioco tra co-sentimento e co-condivisione, senza trascurare le differenze. Queste due espressioni, analizzate da Giorgio Agamben durante la rilettura dell'Etica Nicomachea di Aristotele, risultano utili per riflettere sul rapporto di Myriam Fraga con Zélia e Jorge Amado.

Nel caso del viaggio di Myriam Fraga a Parigi, possiamo comprendere bene cosa si intende per co-sentimento: non si tratterebbe solo dell'idea di condividere gli stessi sentimenti, una sorta di condivisione di affetti comuni, ma anche di comprendere l'amicizia in una zona di sensibilità, che richiede una posizione del soggetto di fronte all'aisthesis dell'esistenza: un modo di accogliere e di espandere il campo affettivo inscindibile da ogni modo di esistere.

È in questa esperienza di co-sentimento che avviene anche la co-divisione dello spazio, così evidente nella fotografia di copertina del libro “Memorias de Alegria” già descritto in questo saggio. Ma ci  sono due altre fotografie, presentate in questo libro importanti per comprendere l'aisthesis nel contesto dell'amicizia. […]


----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
[1] Nella fotografia, súbito dopo Myriam Fraga e Jorge Amado, si vede lo scrittore José Saramago, che era in visita a Bahia ed era accompagnato da Zélia Gattai
 
 
Fine prima parte
La seconda parte sarà pubblicata in italiano nel prossimo numero 
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Cássia Lopes. Docente di Teoria Letteraria presso l'ILUFBA. Docente ordinaria del Programma Post-Laurea in Letteratura e Cultura dell'Istituto di Lettere e del Programma Post-Laurea in Arti Performative dell'Università Federale di Bahia-UFBA. Fa parte del Gruppo di Ricerca Dramatis/UFBA. Responsabile del Gruppo di Ricerca “Poetica e politica del corpo”. E-mail: cassia.c.lopes@hotmail.com.

Traduzione in italiano di A.R.R.

© SARAPEGBE.                                                          
E’ vietata la riproduzione, anche parziale, dei testi pubblicati nella rivista senza l’esplicita autorizzazione della Direzione 
-------------------------------------------------------------------------------


TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Vida e amizade: Myriam Fraga, Zélia Gattai e Jorge Amado. 
por
Cássia Lopes


                                                 

                                                  Foto Capa: Lúcia Correia Lima


“Reconheço que o convívio com Zélia e Jorge proporcionou-me uma experiência por demais importante para ser relatada nos estreitos limites deste livro marcado pelas circunstâncias” (MYRIAM, 2013. p. 10). Com essas palavras escritas no livro Memórias de alegria, a escritora Myriam Fraga não apenas confessa a importância do encontro afetivo com Zélia e Jorge Amado, mas nos coloca nos meandros dos circuitos de afetos que nos permitem pensar o valor filosófico e político da amizade na construção de uma vida literária e para a existência, enquanto entendemos o sujeito na sua rede discursiva e no entrelaçado de amigos.

Destaca-se exatamente o instante fugidio em que alguém fala de si quando fala de outrem, ou fala de outro para si a fim de encontrar o lugar ausente, marcado pelo desejo de reviver o objeto literalmente amado, já inscrito na história dos sobrenomes dos amigos Zélia e Jorge.

A fotografia da capa do livro Memórias de Alegria nos situa na paisagem do Pelourinho, tão presente na poética de Myriam Fraga quanto nas páginas dos romances de Jorge Amado. Aqui já temos um primeiro signo para pensar a amizade: esta envolve tempo e espaço de convivência, com suas idas e vindas pelas horas e pelos campos de signos que acabam entrecruzando sonhos, produzindo diligências e capacidade de se intrigar consigo mesmo.

A amizade, nesse caso, é um campo de força e de interesses, de sensibilidade para ser ampliada e defendida, com fronteiras a serem estreitadas e distendidas numa existência social em comum. Vestido de um conjunto todo em um único tom, azul acinzentado, com um chapéu na mão direita e usando alpercatas, emerge o corpo de Jorge Amado e, ao seu lado, a imagem de Myriam Fraga, sorrindo; um caminhando ao lado do outro.

No pano de fundo de cada figura jaz uma frase, um signo transparente e obscuro empregado na economia do desejo compartilhado.[1] O foco da cena recorta o caminhar, a ideia de que a amizade envolve o movimento, não apenas um dasein, um estar no mundo ao lado do outro, mas o caminhar ao lado do outro, o que imanta ao tema da amizade a ideia de deslocamento, certa coreografia dos corpos dos amigos que se permitem rir, dançar, viajar, pensar e escrever; enfim produzir um gesto de corpo.

Há gestos que só realizamos com alguns amigos convidados a alcançar um salto, a desprender-se do chão, a lançar-se em queda, com certo desempenho discursivo que envolve o corpo todo. Na fotografia recortada, Jorge Amado se segura no braço da amiga Myriam Fraga para subir a ladeira do Pelourinho e, nesse gesto, situa-se a aproximação de amigos, mas também um tecido de imaginários, um tipo de narrativa e de histórias compartilhadas durantes anos de existência naquele local histórico e nas esquinas da Bahia.

Há algo que Myriam Fraga pôde viver com os amigos Jorge e Zélia, um tipo de movimento singular que jamais poderia ser realizado com outras pessoas:

Devo a Zélia e a Jorge mais que momentos felizes, devo um aprendizado de vida que me autoriza a afirmar, contra todos os possíveis escrúpulos que – embora reconhecendo que minhas palavras são apenas uma gota de água, com gosto de lágrima, no estuário de homenagens que este ano se multiplicam – não poderia calar-me. (MYRIAM, 2013, p. 10)

Tanto a fotografia da capa do livro Memórias de Alegria como os testemunhos da escritora Myriam Fraga, presentes neste livro, possibilitam colocar em cena o elogio da amizade numa perspectiva filosófica. Há quem afirme que a estreiteza de relação entre amizade e filosofia já se realça no nome philos, no sentido etimológico do termo, e esta aproximação seria seu grande desafio: a filosofia não é uma prática para se viver entre amigos, embora não possa negligenciar a amizade. Para clarear esse mote, vale ressaltar o ensaio de Giorgio Agamben, em que traz a perspectiva crítica de Nietzsche quanto a esse tema.

Segundo a abordagem nietzschiana, a amizade deve habitar a região de clandestinidade, como aquele que viaja ou se instala num lócus, mas se encontra sem o documento que o predique definitivamente ou construa uma identidade fechada. No jogo entre o apolíneo e o dionisíaco, o amigo nos possibilita o espelho onde nos miramos e nos reconhecemos enquanto entidade socialmente inscrita, ele nos dá uma forma no emaranhado de signos que nos agita, mas há o disforme da cena, do inconsciente que faz do amigo o outro de nós mesmos, aquele que nos lança sua face risonha e familiar na qual nos estranhamos e nos desenhamos em diferença.

No seu ensaio intitulados Amigos, Giorgio Agamben retoma o tema da amizade nesse jogo de alteridade, em que os amigos aparecem nos rastros dos bilhetes, das fotografias, das cartas trocadas, mas se as referências não são de autoridade sobre o sujeito, nascem como experiências de alteridade, a partir de instantes de prazer, de conflito, de sedução em que o campo de escuta, de leituras em comum, um estado ou situação afetiva, sempre inacabada, criam instâncias de discursos e palavras cuja força parece constituir a memória dos dias.

Nesse caso, podemos contar a história de alguém pelos seus caminhos trilhados com amigos, pela narrativa de suas amizades e suas rupturas: a exemplo de Nietzsche e Wagner; Samuel Beckett e James Joyce, Gustav Janouch e Kafka, no nosso caso específico desse ensaio, Myriam Fraga com o casal Zélia e Jorge Amado.

Mas nem sempre a amizade é o fio condutor do encontro de ideias, mas se ergue como obstáculo. É o que ressalta o relato de Giorgio Agamben que resolveu trocar cartas sobre o tema da amizade com o amigo Jean Luc Nancy numa tentativa de se aproximar de um assunto que merecia um olhar analítico, e que, daquela forma epistolar, parecia ser a melhor maneira de trazer o conteúdo à baila.

Mas a chegada da missiva do amigo não abriu os horizontes, e a amizade entre eles, ao contrário, acabou por criar situações conflitivas e flutuações discursivas, obscurecendo zonas de entendimento entre os dois filósofos. O relato exemplifica que a filosofia não é um mero diálogo entre amigos e, nessa esteira de reflexão, Agamben cita Derrida que, no seu livro Políticas da amizade, faz uma crítica à visão falocêntrica das relações entre amigos. Para tal intento, o filósofo francês retoma como mote a frase atribuída a Aristóteles, mas considerada, por muitos, apócrifa: “ó, amigos, não há a amigos”. (AGAMBEN, 2009, p. 80)

Segundo Agamben, Derrida, com essa frase, retoma a tradição nietzschiana na maneira de abordar o tema da amizade: ressalta o quanto necessitamos dela e, ao mesmo tempo, demonstra certa suspensão ou hesitação quanto aos amigos; tudo isso como uma estratégia filosófica. Assim, a região da amizade é um espaço de aproximação e distanciamento, região clandestina, trazendo a outridade do sujeito: o outro de si. No caso de Myriam Fraga, como demonstra seu relato sobre sua viagem a Paris em 1989, ano da queda do muro de Berlim, nota-se uma cidade glamourizada, idealizada, mas que acabou não correspondendo ao que a autora sonhava das ruas e fotografias parisienses.

A propósito cito um trecho de viagem para ampliar a nossa discussão nesse ensaio:

Confortavelmente instalada no velho Renauld de Alice – que Jorge Amado batizara, carinhosamente de Thereza Batista – com o coração aquecido pelo calor da amizade e pelos fogos de um verão europeu que prometia ser intenso, pensei, extasiada:
 – Enfim, eis-me chegada a Paris depois de anos de espera!
Naquela tarde de esmaecidos tons cinza-azulados, reconheci um pouco decepcionada que, afinal, não estava sentindo o impacto que imaginava. Como uma velha fidalga, a cidade surpreende os que chegam, como eu, iludidos pelos excessos de entusiasmo que cercam sua imagem e o rótulo de “cidade da luz”. De repente, transformava-se no que era realmente: mero estereótipo, frase feita que não traduzia o encanto discreto, a digna austeridade da urbe destinada a servir de farol do Ocidente. (MYRIAM, 2013, p. 36)


Aqui já se nota certa teorização sobre o tema da viagem, entrelaçado ao âmbito da amizade. Esta nos leva a zonas de conhecimento e de desconhecimento. Quem aquecia aqueles dias em Paris era a companhia dos amigos Zélia e Jorge Amado, mas havia o espaço de estranhamento da cidade e de si, dentro daquela urbes.

A amizade torna a geometria da cidade desejável, possível, tendo acesso à linguagem recriada pela convivência dos amigos: passa-se a amar a Paris não por si mesma, mas pela existência afetiva daqueles amigos e dos encontros vividos naquele local, que fizeram de ruas e praças algo inesquecível, memorável:

Recorto da memória alguns momentos inesquecíveis como a visita a Montmartre, num domingo pela manhã, o céu lindamente azul, o movimento dos artistas, repetindo o mesmo ritual anos a fio. O que mais me encantava, no entanto, era a vitalidade do casal Amado, sua alegria de viver e sua felicidade em partilhar essa alegria com os amigos. (MYRIAM, 2013, p. 40)

Evidentemente, por mais tentativas realizadas, torna-se impossível, mesmo indesejável, definir o que seja a amizade, colocá-la numa cadeia de adjetivos; esse não é o nosso propósito. Mas a questão reside no fato de pensar como esse afeto imanta o corpo do outro de um modo que nem o diviniza, nem o banaliza: nesse caso, deixa-se de ver o amigo como uma entidade caprichosa que nos ultrapassa e pode nos julgar ou amaldiçoar, como também se cria a visão do amigo dentro de certos limites espaciais e temporais em instantes de deslocamento, como em caso de viagens, em que o outro continua a ser aquilo que ele é, e pode ser, enquanto entidade socialmente encarnada, independente da vontade e do desejo de quem compartilha a amizade.

Há algo que sempre aproxima, mas separa os amigos: a alteridade. É como se a amizade exigisse de cada ser vivente uma espécie de jogo entre com-sentir e com-dividir, sem negligenciar as diferenças. Essas duas expressões, discutidas por Giogio Agamben ao reler a Ética de Nicômaco de Aristóteles, são úteis quando se vai refletir a relação de Myriam Fraga com Zélia e Jorge Amado.

No caso da viagem de Myriam Fraga a Paris, podemos entender bem o que se chama de com-sentir: não seria apenas a ideia de dividir os mesmos sentimentos, espécie de partilha de afetos comuns, mas também de entender a amizade numa zona de sensibilidade, que requer uma posição do sujeito frente a aisthesis da existência: um modo de receber e ampliar o campo afetivo inseparável de cada modo de existir.

É nessa experiência de com-sentir que também ocorre a com-divisão de espaço, tão claro na fotografia da capa do livro Memórias da alegria, já descrita nesse ensaio. Mas há duas outras fotografias, apresentadas nesse livro, importantes para o entendimento da aisthesis no plano da amizade.

Fim da primeira parte. Continua no próximo número 

[1]     Na fotografia, logo atrás de Myriam e de Jorge Amado, encontrava-se o escritor José Saramago, que estava em visita à Bahia, e vinha acompanhado de Zélia.

© SARAPEGBE.                                                          
E’ vietata la riproduzione, anche parziale, dei testi pubblicati nella rivista senza l’esplicita autorizzazione della Direzione 
Cássia Lopes. Professora de Teoria da Literatura do ILUFBA. Docente permanente do Programa de Pós-Graduação em Literatura e Cultura do Instituto de Letras e do Programa de Pós-Graduação em Artes Cênicas da Universidade Federal da Bahia. Participante do grupo de pesquisa Dramatis/UFBA. Líder do grupo de pesquisa “A poética e a política do corpo”. E-mail: cassia.c.lopes@hotmail.com.