La Chiesa cattolica del “Sud globale” presenta un Documento per la giustizia climatica in vista della COP 30
Antonella Rita Roscilli
Foto di A.R.R.
TESTO IN ITALIANO (Texto em português) NuoviPercorsiSarapegbe, 2 luglio 2025
In vista della Conferenza sulla crisi climatica COP 30, che si terrà in Brasile, a Belém do Parà, nella regione amazzonica (10-21 novembre p.v.), è stato presentato martedì 1° luglio, presso la Sala Stampa Vaticana, il documento “Un appello per la giustizia climatica e la nostra casa comune: conversione ecologica, trasformazione e resistenza alle false soluzioni”.
Si tratta di un appello profetico e urgente per la giustizia climatica ed è a cura del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (FABC) e del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), coordinate dalla Pontificia Commissione per l'America Latina (PCAL). Nella stessa giornata, nel corso di una udienza, il testo è stato presentato dai relatori a Papa Leone XIV.
In Sala Stampa vaticana, all’incontro moderato dalla vicedirettrice della Sala Stampa, Cristiane Murray, sono intervenuti: la segretaria della Pcal, Emilce Cuda, i cardinali Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre (Brasile), presidente del Celam e della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb); Filipe Neri Ferrão, arcivescovo di Goa e Damão, in India, presidente della Fabc; Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, e presidente del Secam. Rappresentano oltre 800 milioni di cattolici nel mondo. In sala, tra gli altri, erano presenti il cardinale Michael Czerny, S.I., Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e il cofondatore del Movimento Laudato Si’ Tomas Insuà.
"Chi sta distruggendo la Terra e chi sta offrendo false soluzioni?": con questa domanda, i Vescovi Cattolici di Africa, Asia e America Latina chiedono piani trasparenti da parte di ogni paese per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi; nessuna nuova infrastruttura per i combustibili fossili e tassazione per chi ne ha già tratto profitto; finanziamento diretto per il clima per i paesi vulnerabili: niente prestiti e nessun intermediario come il FMI o la Banca Mondiale; soluzioni incentrate sulle donne e politiche decentralizzate per le energie rinnovabili; evitare false soluzioni, come i crediti di carbonio, che privatizzano la natura; valorizzare la vita prima del profitto. Fine dei combustibili fossili, quindi, mutamento energetico urgente e una finanza climatica equa che non deve peggiorare la crisi del debito del Sud del Mondo.
“Sono passati dieci anni dalla pubblicazione della Laudato Si’ e dalla firma dell’Accordo di Parigi. I Paesi del mondo non hanno risposto con la necessaria urgenza. La Chiesa non resterà in silenzio. Continueremo ad alzare la voce insieme alla scienza, alla società civile, ai più vulnerabili e con verità e coerenza, fino a quando non sarà fatta giustizia”: così si apre il documento di 32 pagine, simbolo di cammino di speranza, coerente e concreto. I firmatari del documento dicono di essere stati “ispirati sia dalla Laudato Si’ di Papa Francesco, sia dall’appello di Papa Leone XIV a vivere un’ecologia integrale con giustizia”.
Da qui, l’invito a una profonda conversione ecologica che deve guardare con impegno alla giustizia sociale. Nel corso degli interventi - tenuti in lingua portoghese, spagnolo, inglese e francese - la dott.ssa Emilce Cuda (Pcal), ha dichiarato: “Cerchiamo di raggiungere i cuori di credenti e non credenti”. Le Chiese cattoliche del Sud globale intendono “costruire ponti tra di loro come espressione della cattolicità”, e “ponti con chi sta al di fuori della Chiesa”. Il documento così è “espressione concreta della capacità di superare divisioni e ideologie” perché “o ci uniamo o anneghiamo”.
Nell’introduzione del documento, infatti, si sottolinea che l’impegno della Chiesa è andare “oltre le parole”, e si esortano i leader politici del mondo a “unire le forze per rafforzare i processi multilaterali democratici, come l’Accordo di Parigi del 2015, e ricostruire la fiducia nella cooperazione e nel dialogo, unendoci come umanità, Nord e Sud, per il benessere del pianeta”.

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Partito dall’Amazzonia, il cammino ha portato la Chiesa del “Sud globale” a parlarsi, a coordinarsi, a creare vaste reti ecologiche regionali. Il documento, infatti, insieme ai problemi trattati e alle soluzioni, mostra di non essere una presa di posizione isolata, ma è risultato di un lungo lavoro di “rete”, sia a livello ecclesiale che di società civile, associazioni, popolazioni indigene. “La crisi climatica è una realtà urgente, con un riscaldamento registrato di 1,55 °C nel 2024.
Non è solo un problema tecnico: è una questione esistenziale, di giustizia, dignità e cura della nostra casa comune”. In effetti, la scienza è molto chiara su questo e afferma che il riscaldamento globale va limitato a 1,5 °C per evitare effetti catastrofici.
“Non dobbiamo mai abbandonare questo obiettivo. Sono il Sud del mondo e le generazioni future che ne subiscono già le conseguenze. Rigettiamo le false soluzioni come il capitalismo ‘verde’, la tecnocrazia, la mercificazione della natura e l’estrattivismo, che perpetuano lo sfruttamento e l’ingiustizia” e antepongono il profitto alla vita. Al loro posto, gli episcopati chiedono un cambiamento strutturale che rimetta al centro il benessere della persona nella sua relazione col creato, e che non può non comprendere anche un vero cambio di paradigma del sistema economico, “sostituendo la logica del profitto illimitato con l’ecologia integrale”. Le soluzioni devono essere interdipendenti perchè interdipendenti sono essere umano, società e natura.
“Le nazioni ricche devono pagare il loro debito ecologico, con un finanziamento climatico equo, senza indebitare ulteriormente il Sud, per recuperare le perdite e i danni e favorire la resilienza in Africa, America Latina e Caraibi, Asia e Oceania”. Il documento illustra gli impegni che la Chiesa potrà mettere in campo concretamente: la difesa dei più deboli nelle decisioni su clima a natura; la promozione di sistemi basati sulla solidarietà, la “sobrietà felice” e i principi della saggezza ancestrale; il rafforzamento di un’alleanza intercontinentale tra i Paesi del Sud del mondo; ma anche la costituzione di uno speciale “Osservatorio sulla giustizia climatica” per monitorare i risultati delle Cop che si sono succedute nel tempo, senza o con poche azioni concrete.

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Importante poi l’accento posto sulla questione educativa, decisiva per contrastare “la posizione apertamente negazionista e apatica adottata dai segmenti super-ricchi della società, le cosiddette élite del potere”, sottolinea il documento, riprendendo anche l’esortazione apostolica di Papa Francesco Laudate Deum (n.38).
“Il messaggio è chiaro” ha sostenuto il cardinale Jaime Splengler “ non c’è giustizia climatica senza conversione ecologica, e non c’è conversione senza resistenza a false soluzioni”. Il capitalismo “verde” (o green economy) rischia di diventare "una logica tecnico-strumentale al servizio della ristrutturazione ecologica" dello stesso modello di sviluppo capitalistico, a vantaggio di pochi, come la transizione ecologica, l’estrazione mineraria e le monoculture energetiche, che sacrificano comunità ed ecosistemi. “Ci sono interessi economici che si nascondono dietro queste false soluzioni: e allora, è ancora possibile che la questione climatica sia un affare per pochi?”, è la denuncia del cardinale. La conversione ha un prezzo da pagare: “O abbiamo il coraggio di decisioni nette oppure metteremo in pericolo il futuro delle prossime generazioni”.
Il cardinale Fridolin Ambongo Besungu ha sottolineato come l’Africa sia “una terra ricca, depauperata da secoli di estrattivismo e sfruttamento. Oggi il continente che inquina meno paga il costo dell’inquinamento globale". È dunque "contraddittorio utilizzare i profitti dell’estrazione petrolifera per finanziare quella che viene presentata come una transizione energetica senza impegno per superarla” si legge nel documento. "Abbandonare i combustibili fossili non è solo necessario per ridurre le emissioni, ma anche per riparare un debito ecologico e morale nei confronti del Sud del mondo e delle comunità colpite da inquinamento, estrazione e cambiamento climatico".
Il cardinale Filipe Neri Ferrão ha spiegato che “fondamentali saranno i meccanismi di compensazione, ancora non sufficienti”, augurandosi che i “Paesi sviluppati si assumano il loro debito ecologico, che raggiungerà 192 trilioni di dollari entro il 2050". Il dossier spiega che “le misure oggi non sono commisurate alla velocità e all'intensità degli impatti climatici".
La Cop30 in Brasile, dunque, rappresenta una importante chiamata storica, e cade in un momento decisivo per l’umanità afflitta non solo dalla crisi climatica, ma anche dalle guerre: “Vogliamo che non sia solo un altro evento, ma una svolta morale”, hanno concluso i relatori.
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TEXTO EM PORTUGUÊS (Testo in italiano)Igreja católica do "Sul Global" apresenta Documento por justiça climática em vista da COP 30
por
Antonella Rita Roscilli
Foto: A.R.R.
NuoviPercorsiSarapegbe, 2 luglio 2025
Em vista da Conferência COP 30 sobre a crise climática, que será realizada em Belém do Pará, Brasil, na região amazônica (10-21 de novembro), foi apresentado em 1º de julho na Sala de Imprensa do Vaticano o documento "Um chamado por justiça climática e e a Casa Comum: conversão ecológica, transformação e resistência às falsas soluções".
Trata-se de um apelo profético e urgente por justiça climática, editado pelo Simpósio das Conferências Episcopais da África e Madagascar (SECAM), pela Federação das Conferências Episcopais da Ásia (FABC) e pelo Conselho Episcopal Latino-Americano (CELAM), coordenado pela Pontifícia Comissão para a América Latina (PCAL).
No mesmo dia, durante uma audiência, o texto foi apresentado pelos palestrantes ao Papa Leão XIV. Na Sala de Imprensa do Vaticano, o encontro, moderado pela Vice-Diretora da Sala de Imprensa, Cristiane Murray, contou com a presença de Emilce Cuda, secretária da Assembleia Paroquial Paroquial de Santo André (PAAL); dos Cardeais Jaime Spengler, Arcebispo de Porto Alegre (Brasil), Presidente do CELAM e da Conferência Nacional dos Bispos do Brasil (CNBB); Filipe Neri Ferrão, Arcebispo de Goa e Damão, na Índia, Presidente da FABC; Fridolin Ambongo Besungu, Arcebispo de Kinshasa, na República Democrática do Congo, e Presidente do SECAM. Eles representam mais de 800 milhões de católicos no mundo. Entre os presentes na sala estavam o Cardeal Michael Czerny, Prefeito do Dicastério para o Serviço do Desenvolvimento Humano Integral, e o cofundador do Movimento Laudato Si’, Tomas Insuà.
"Quem está destruindo a Terra e quem está oferecendo falsas soluções?": com esta pergunta, os Bispos Católicos da África, Ásia e América Latina pedem planos transparentes de cada país para alcançar os objetivos do Acordo de Paris; nenhuma nova infra-estrutura de combustíveis fósseis e impostos para aqueles que já lucraram com isso; financiamento climático direto para países vulneráveis: nenhum empréstimo e nenhum intermediário como o FMI ou o Banco Mundial; soluções centradas nas mulheres e políticas descentralizadas para energias renováveis; evitar falsas soluções, como créditos de carbono, que privatizam a natureza; valorizar a vida antes do lucro. Um fim aos combustíveis fósseis, portanto, uma mudança energética urgente e um financiamento climático justo que não deve agravar a crise da dívida do Sul Global.
“Dez anos se passaram desde a publicação da Laudato Si’ e a assinatura do Acordo de Paris. Os países do mundo não responderam com a urgência necessária. A Igreja não se calará, continuaremos a levantar nossas vozes junto com a ciência, a sociedade civil, os mais vulneráveis e com verdade e coerência, até que a justiça seja feita”: é assim que se abre o documento de 32 páginas, símbolo de um caminho coerente e concreto de esperança e ação.
Os signatários do documento afirmam ter sido “inspirados tanto pela Laudato Si’ do Papa Francisco quanto pelo apelo do Papa Leão XIV para viver uma ecologia integral com justiça”. Daí o convite a uma profunda conversão ecológica que deve olhar com compromisso para a justiça social. Durante os discursos, proferidos em português, espanhol, inglês e francês, Emilce Cuda (Pcal) declarou: “Procuramos alcançar os corações dos crentes e dos não crentes”. As Igrejas católicas do Sul global pretendem “construir pontes entre si como expressão de catolicidade” e “pontes com aqueles que estão fora da Igreja católica”. O documento é, portanto, “uma expressão concreta da capacidade de superar divisões e ideologias”, porque “ou nos unimos, ou nos afogamos”.

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Na introdução do documento destaca-se que o compromisso da Igreja é ir “além das palavras”, e os líderes políticos mundiais são instados a “unir forças para fortalecer os processos multilaterais democráticos, e reconstruir a confiança na cooperação e no diálogo, unindo-nos como humanidade, Norte e Sul, para o bem-estar do planeta”. Partindo da Amazônia, o caminho levou a Igreja do “Sul global” a dialogar, a se coordenar, a criar vastas redes ecológicas regionais.
O documento, de fato, juntamente com os problemas abordados e as soluções, mostra que não se trata de uma posição isolada, mas sim do resultado de um longo esforço de “conexão em rede”, tanto em nível eclesial quanto da sociedade civil, associações e populações indígenas. “A crise climática é uma realidade urgente, com um aquecimento registrado de 1,55 °C em 2024. Não é apenas um problema técnico: é uma questão existencial, de justiça, dignidade e cuidado com a nossa casa comum”. De fato, a ciência é muito clara sobre isso e afirma que o aquecimento global deve ser limitado a 1,5 °C para evitar efeitos catastróficos. “Nunca devemos abandonar este objetivo.
São o Sul do mundo e as gerações futuras que já estão sofrendo as conseqüências. Rejeitamos falsas soluções como o capitalismo "verde", a tecnocracia, a mercantilização da natureza e o extrativismo, que perpetuam a exploração e a injustiça colocando o lucro acima da vida. Em seu lugar, os episcopados pedem uma mudança estrutural que recoloque o bem-estar da pessoa no centro de sua relação com o ambiente e que não pode deixar de incluir uma verdadeira mudança de paradigma no sistema econômico, "substituindo a lógica do lucro ilimitado pela ecologia integral". As soluções devem ser interdependentes, pois os seres humanos, a sociedade e a natureza são interdependentes.
"As nações ricas devem pagar sua dívida ecológica, com um financiamento climático justo, sem endividar ainda mais o Sul, para recuperar perdas e danos e promover a resiliência na África, América Latina e Caribe, Ásia e Oceania". O documento ilustra os compromissos que a Igreja católica pode implementar concretamente: a defesa dos mais fracos nas decisões sobre clima e natureza; a promoção de sistemas baseados na solidariedade, na "sobriedade feliz" e nos princípios da sabedoria ancestral; o fortalecimento de uma aliança intercontinental entre os países do Sul do mundo; mas também a criação de um "Observatório da Justiça Climática" especial para monitorar os resultados das COPs que ocorreram ao longo do tempo, e que tiveram pouca ou nenhuma ação concreta. A ênfase dada à questão educacional também é importante, pois é crucial combater "a posição abertamente negacionista e apática adotada pelos segmentos super-ricos da sociedade, as chamadas elites do poder", sublinha o documento, retomando também a exortação apostólica do Papa Francisco Laudate Deum (n. 38).

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"A mensagem é clara", argumentou o Cardeal Jaime Splengler: "não há justiça climática sem conversão ecológica, e não há conversão sem resistência a falsas soluções". O capitalismo ‘verde’ (ou economia verde) corre o risco de se tornar "uma lógica técnico-instrumental a serviço da reestruturação ecológica do próprio modelo de desenvolvimento capitalista, em benefício de poucos, como a transição ecológica, as monoculturas de mineração e energia, que sacrificam comunidades e ecossistemas. Há interesses econômicos que se escondem por trás dessas falsas soluções: então, ainda é possível que a questão climática seja uma questão de poucos?", questiona o cardeal. A conversão tem um preço a pagar: “Ou temos a coragem de tomar decisões claras ou colocaremos em risco o futuro das gerações futuras”.
O Cardeal Fridolin Ambongo Besungu sublinhou que a África é “uma terra rica, empobrecida por séculos de extrativismo e exploração. Hoje, o continente que menos polui paga o custo da poluição global”. Portanto, é "contraditório usar os lucros da extração de petróleo para financiar o que se apresenta como uma transição energética sem o compromisso de superá-la", diz o documento. "Abandonar os combustíveis fósseis não é necessário apenas para reduzir as emissões, mas também para reparar uma dívida ecológica e moral para com o Sul do mundo e as comunidades afetadas pela poluição, extração e mudanças climáticas".
O Cardeal Filipe Neri Ferrão explicou que "mecanismos de compensação serão fundamentais, ainda que insuficientes", esperando que "os países desenvolvidos assumam sua dívida ecológica, que chegará a 192 trilhões de dólares até 2050". O documento explica que "as medidas hoje não são proporcionais à velocidade e à intensidade dos impactos climáticos".
Portanto a Cop30 no Brasil representa um importante chamado histórico e ocorre em um momento decisivo para a humanidade afligida não apenas pela crise climática, mas também por guerras: "Queremos que não seja apenas mais um evento, mas uma virada moral", concluíram os palestrantes.
Traduzione in portoghese di A.R.R.