Varo, rendimi le mie legioni: omaggio a Giacomo Matteotti
Giorgio Panizzi
TESTO IN ITALIANO (Texto em português) NuoviPercorsi/Sarapegbe, 12 giugno 2025
Per la celebrazione dell’anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti.
Discorso pronunciato dall'autore il 10 giugno 2025 a Roma,
di fronte al Monumento sul Lungotevere Arnaldo da Brescia.
Celebriamo oggi, come ogni anno in questo giorno, il sapere e la memoria di Matteotti. Questo giorno, questa ricorrenza dell’assassinio vigliacco e crudele di Giacomo Matteotti offusca sempre la possibilità di una riflessione comune tra noi e l’evidenza della necessità di un impegno politico e culturale, quotidiano, nella vita quotidiana, per assumere quei comportamenti e quegli atteggiamenti per esprimere quelle opinioni e quelle esortazioni che possano condurre al mantenimento della libertà e al rafforzamento della democrazia.
Le modalità, le efferatezze, le crudeltà dell’assassinio di Matteotti sono descritte e ripetute minuziosamente. Meno attenzione - se non da parte di democratici e socialisti impegnati, di storici e di cultori dalla letteratura politica – è data al sapere, ai saperi di Matteotti. Questi sono raccolti nei suoi innumerevoli scritti, nelle testimonianze dei suoi coetanei, negli atti dei congressi del Partito Socialista, nei discorsi tenuti da Matteotti alla Camera.
Sono ricordati e commentati in saggi di notevole levatura come – tra i più significativi - quello di Gaetano Arfé ne “I socialisti del mio secolo”; di Mauro Canali, “Il delitto Matteotti”; di Alberto Aghemo, “La scuola di Matteotti”; quello recente - “Il pensiero di Giacomo Matteotti” - a cura di Maurizio Degli Innocenti, Andrea Giardina e Alessandro Roncaglia e anche in occasioni come questa, in manifestazioni analoghe che si svolgono in tutta Italia; nella recente costituzione del Circolo Giacomo Matteotti a Milano, come casa del dibattito politico democratico, liberale e socialista.
L’ultimo discorso di Matteotti alla Camera, alla vigilia del suo assassinio, è un esempio del rigore e della chiarezza della denuncia di Matteotti e della sua precisione nella descrizione degli avvenimenti e dei fatti/misfatti. Da non dimenticare la commemorazione che ne fece Carlo Rosselli ricordando - nell’Almanacco Socialista, 1934 – un incontro che con Piero Gobetti ebbe con lui e definendolo come “Eroe tutto prosa”. Attingendo da queste fonti e da innumerevoli altre, il pensiero di Matteotti ci porta a cercare elaborazioni e analogie con le situazioni politiche contemporanee.
Il pensiero di Matteotti si manifesta nelle vicissitudini del Partito Socialista dai primi anni del 1900 fino all’ultimo discorso alla Camera nel maggio del 1924, una decina di giorni prima di essere rapito e assassinato. È un ventennio tragico. I socialisti dovettero affrontare un problema che oggi vediamo nella storia e nei ricordi che ci siamo tramandati e hanno un primo culmine nella necessità di impedire l’intervento dell’Italia nel conflitto mondiale del 1914/18 e che fu poi definito “l’inutile strage”.
È questa posizione di Matteotti contraria all’intervento che lo fa distinguere sia per la sua fermezza ma anche nella sua convinzione di una posizione più realistica nei confronti della posizione internazionale dell’Italia. Questa sua fermezza non gli risparmiò il ‘confino’ politico che si prolungò molto oltre la fine della guerra.
Gli esiti politici del dopoguerra di allora li conosciamo tutti: ci vengono tramandati con ricordi, commenti, celebrazioni ed è in quel periodo che si delineano nette le posizioni politiche di Matteotti e la sua ferma avversione ai comportamenti massimalisti e scissionisti che indebolendo il partito socialista e, mirando a chimere che necessitarono più di mezzo secolo – dal 1917 al 1989 - per essere almeno formalmente sfatate, contribuirono alla affermazione del fascismo.
L’azione di Matteotti, derivante dal suo pensiero lucido, documentato e preveggente si manifestò nel contrasto con i ‘massimalisti’, con coloro che vedevano nelle rigide contrapposizioni di classe, nella imitazione pedissequa di esperienze non riproducibili in Italia e nelle nazioni europee dove Matteotti incontrava altri socialisti e laburisti.
Anche allora, fin dagli inizi del secolo, si poteva vedere la contrapposizione tra socialisti riformisti e socialisti massimalisti. Matteotti rifuggiva da posizioni manichee. Indicava una visione più ampia dei problemi e non le dispute e le divisioni ideologiche. Mirava al benessere dei lavoratori e delle popolazioni che conosceva bene frequentando i paesi del suo Polesine e presentandosi come rappresentante delle categorie meno agiate, lui ‘ricco’, figlio della classe agiata.
Aveva Matteotti una conoscenza della realtà, una visione delle mete future da conquistare, dei tempi necessari e delle risorse intellettuali ma anche elettorali di cui disporre per ottenerle. Matteotti sapeva benissimo che nell’immediato doveva contrastare il fascismo nascente. Lo sapeva per la drammatica esperienza personale, per le minacce e per le aggressioni fisiche che subiva e che avrebbe subito.
Per questo cercava alleanze e non solo contrasti ideologici. E queste alleanze le cercava indicando una visione del futuro basata sulla denuncia delle condizioni politiche ed economiche che si manifestavano, dopo la Grande Guerra, in tutto il paese, sulla critica aspra e documenta sia contro le prepotenze fasciste che sull’ignavia che ancora allignava in molte categorie intellettuali e professionali, sia contro coloro i ‘massimalisti’ con cui apertamente ebbe contrasti politici, ideologici e organizzativi perché riteneva che l’atteggiamento e il comportamento massimalista non avrebbero impedito le reazioni violente che si manifestarono con la sua morte tragica e si protrassero per un ventennio.
Alla base della sua visione riformista c’era una conoscenza della realtà, una chiarezza dei metodi e degli strumenti per approfondirla, e una chiara percezione delle mete da raggiungere. C’era una conoscenza dell’avversario. Non solo il rapporto personale con Mussolini che si era manifestato fin dai congressi socialisti in cui militavano insieme ma anche dopo, quando Mussolini temeva i suoi discorsi alla Camera.
E Matteotti con la veemenza dei suoi interventi, veemenza dovuta agli argomenti e non al tono sempre pacato conciso e preciso, scopriva i lati deboli del fascismo, della dittatura incipiente e indicava ai potenziali ma inebetiti alleati le tappe graduali per riconquistare la democrazia e migliorare le condizioni economiche e sociali dell’Italia intera.
Oggi ci troviamo di fronte a una deriva massimalista. Di fronte a politiche governative che richiedono politiche e contrasti per la loro tendenziale caratteristica autarchica e nazionalista si oppongono dichiarazioni ideologiche rispolverando paradigmi di interpretazione di una società che è cambiata e mutata nel tempo e richiede nuovi interventi sociali e politici che indichino ben visibile un orizzonte di progresso e di benessere e non una reprimenda su comportamenti, talvolta miserrimi, talvolta esecrabili, che danno luogo a soluzioni politiche e amministrative anacronistiche che però richiederanno tempi lunghi per poterne dimostrare la loro inefficacia e le loro dannosità.
La società è cambiata e cambia in continuazione. Occorre conoscere la dinamica e la stratificazione di questi cambiamenti. Non si tratta di applicare regole astratte a cui costringerla bensì individuare le mete che possano essere perseguite a beneficio di tutti. Ecco, non è possibile operare in questo senso con indicazioni astratte che sono appunto massimaliste. Questo massimalismo darà soddisfazione, credo masochista, ai suoi propugnatori ma non porterà beneficio alcuno alla società in cui viviamo.
Monumento a Giacomo Matteotti, Lungotevere Arnaldo da Brescia, Roma
“L'idea, la morte” fu realizzato nel 1974 dall'artista pistoiese Jorio Vivarelli. Una targa rivolta verso la strada riporta una frase attribuita allo stesso Matteotti in punto di morte: “Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai”. L'autore intitolò l'opera: “L'idea, la morte”, ispirandosi proprio alla suddetta frase.
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Giorgio Panizzi. Vicepresidente del "Circolo Fratelli Rosselli".
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TEXTO EM PORTUGUÊS (Testo in italiano) NuoviPercorsi/Sarapegbe, 12 giugno 2025
Varo, devolva-me minhas legiões: homenagem a Giacomo Matteotti
por
Giorgio Panizzi
Este discurso foi pronunciado pelo próprio autor em 10 de junho de 2025,
em Roma, para a celebração do aniversário do assassinato de Giacomo Matteotti,
em frente ao Monumento para ele, situado no Lungotevere Arnaldo da Brescia.
Hoje, como todo ano acontece neste dia, celebramos o saber e a memória de Matteotti. Este dia, este aniversário do covarde e cruel assassinato de Giacomo Matteotti, sempre ofusca a possibilidade de uma reflexão comum entre nós, e a evidência da necessidade de um compromisso político e cultural, cotidiano, na vida cotidiana, para assumir aqueles comportamentos e atitudes, expressar aquelas opiniões e aquelas exortações que podem levar à manutenção da liberdade e ao fortalecimento da democracia.
Os métodos, as atrocidades, as crueldades do assassinato de Matteotti são descritos e repetidos em detalhes. Menos atenção — exceto por democratas e socialistas comprometidos, por historiadores e estudiosos da literatura política — é dada ao conhecimento, ao saber de Matteotti. Estes estão reunidos em seus inúmeros escritos, nos testemunhos de seus pares, nas atas dos congressos do Partido Socialista, nos discursos proferidos por Matteotti na Câmara dos Deputados da Itália.
Eles são lembrados e comentados em ensaios de notável calibre, como — entre os mais significativos — o de Gaetano Arfé em "Os socialistas do mio secolo meu século"; de Mauro Canali, "O crime de Matteotti"; de Alberto Aghemo, "A escola de Matteotti"; o recente - "O pensamento de Giacomo Matteotti" - organizado por Maurizio Degli Innocenti, Andrea Giardina e Alessandro Roncaglia e também em ocasiões como esta, em eventos semelhantes que ocorrem em toda a Itália; na recente criação do Circolo Giacomo Matteotti em Milão, como sede do debate político democrático, liberal e socialista.
O último discurso de Matteotti na Câmara, na véspera de seu assassinato, é um exemplo do rigor e da clareza da denúncia de Matteotti e de sua precisão em descrever acontecimentos e fatos/crimes. Importante é a homenagem que Carlo Rosselli lhe fez, recordando - no Almanaco Socialista de 1934 - um encontro que teve com Piero Gobetti e definindo-o como um “Herói de toda a prosa”. Basear-se nessas e em inúmeras outras fontes para o pensamento de Matteotti, nos leva a buscar elaborações e analogias com situações políticas contemporâneas.
O pensamento de Matteotti se manifesta nas vicissitudes do Partido Socialista italiano desde o início dos anos 1900 até seu último discurso na Câmara em maio de 1924, cerca de dez dias antes de ser seqüestrado e assassinado. É um período trágico de vinte anos. Os socialistas tiveram que enfrentar um problema que vemos hoje na história e nas memórias que nos foram transmitidas e que tem como primeiro ápice a necessidade de impedir a intervenção da Itália no conflito mundial de 1914/18, que mais tarde foi definido como "o massacre inútil".
É essa posição de Matteotti contra a intervenção que o destaca tanto por sua firmeza quanto por sua convicção de uma posição mais realista em relação à posição internacional da Itália. Essa firmeza não o poupou do "confinamento" político que continuou muito além do fim da guerra.
Todos conhecemos os resultados políticos do pós-guerra: eles nos são transmitidos com memórias, comentários, celebrações, e é nesse período que as posições políticas de Matteotti são claramente delineadas e sua firme aversão a comportamentos maximalistas e secessionistas que, ao enfraquecer o partido socialista e, visando quimeras que precisaram de mais de meio século - de 1917 a 1989 - para serem, pelo menos formalmente dissipadas, contribuíram para a afirmação do fascismo.
A ação de Matteotti, derivada de seu pensamento lúcido, documentado e perspicaz, manifestou-se no contraste com os "maximalistas", com aqueles que viam nas rígidas oposições de classe, na imitação servil de experiências que não podiam ser reproduzidas na Itália e nas nações européias, onde Matteotti conheceu outros socialistas e trabalhistas. Mesmo assim, desde o início do século, era possível perceber o contraste entre socialistas reformistas e socialistas maximalistas.
Matteotti evitava posições maniqueístas. Ele indicava uma visão mais ampla dos problemas e não das disputas e divisões ideológicas. Ele visava o bem-estar dos trabalhadores e das populações que conhecia bem, freqüentando as aldeias de sua região de Polesine e se apresentando como representante das categorias menos abastadas, ele, o "rico", filho da classe abastada. Matteotti tinha um conhecimento da realidade, uma visão dos objetivos futuros a serem conquistados, do tempo necessário e dos recursos intelectuais, mas também eleitorais, disponíveis para alcançá-los.
Matteotti sabia muito bem que, no futuro imediato, teria que combater o fascismo nascente. Ele sabia disso pela experiência dramática pessoal, pelas ameaças e agressões físicas que sofreu e sofreria. Por isso, buscou alianças e não apenas conflitos ideológicos. E buscou essas alianças indicando uma visão de futuro baseada na denúncia das condições políticas e econômicas que se manifestavam, após a Primeira Guerra Mundial, em todo o país, nas duras e documentadas críticas tanto à arrogância fascista e à covardia que ainda reinavam em muitas categorias intelectuais e profissionais, quanto àqueles "maximalistas" com quem mantinha abertamente conflitos políticos, ideológicos e organizacionais, por acreditar que a atitude e o comportamento maximalistas não teriam impedido as reações violentas que se manifestaram com sua trágica morte e continuaram por vinte anos.
Na base de sua visão reformista estava um conhecimento da realidade, uma clareza dos métodos e ferramentas para aprofundá-la e uma percepção clara dos objetivos a alcançar. Havia um conhecimento do adversário. Não apenas a relação pessoal com Mussolini, que se manifestara desde os congressos socialistas nos quais militaram juntos, mas também posteriormente, quando Mussolini temia seu discurso na Câmara.
E Matteotti, com a veemência de suas intervenções, veemência devido aos argumentos, e não ao tom sempre calmo, conciso e preciso, descobriu os pontos fracos do fascismo, da ditadura incipiente, e indicou aos aliados potenciais, mas atordoados, as etapas graduais para recuperar a democracia e melhorar as condições econômicas e sociais da Itália como um todo. Hoje nos encontramos diante de uma deriva maximalista.
Diante de políticas governamentais que exigem políticas e contrastes devido às suas tendências autárquicas e nacionalistas, opõem-se declarações ideológicas, resgatando paradigmas de interpretação de uma sociedade que mudou e se transformou ao longo do tempo e que exige novas intervenções sociais e políticas que indiquem claramente um horizonte de progresso e bem-estar e não uma repreensão por comportamentos, ora mais miseráveis, ora execráveis, que dão origem a soluções políticas e administrativas anacrônicas que, no entanto, levarão muito tempo para poderem demonstrar sua ineficácia e sua nocividade.
A sociedade mudou e está mudando continuamente. É necessário conhecer a dinâmica e a estratificação dessas mudanças. Não se trata de aplicar regras abstratas com as quais forçá-la, mas de identificar os objetivos que podem ser perseguidos em benefício de todos. Ora, não é possível operar nesse sentido com indicações abstratas que sejam precisamente maximalistas. Esse maximalismo dará satisfação, acredito que masoquista, aos seus defensores, mas não trará nenhum benefício à sociedade em que vivemos.
Monumento a Giacomo Matteotti, Lungotevere Arnaldo da Brescia, Roma.
"A ideia, a morte", foi criado em 1974 por Jiorio Vivarelli, artista italiano da cidade de Pistoia. Uma placa voltada para a rua ostenta uma frase atribuída ao próprio Matteotti à beira da morte: "Matem-me, mas jamais matarão a ideia que há em mim". O autor intitulou a obra: "A ideia, a morte", inspirado na frase acima mencionada.
Traduzione in portoghese di A.R.R.
© SARAPEGBE.
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