Paulo Freire e la "pronuncia" del mondo
José Edemilson Pereira dos Anjos
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

                                                                                                             

L'esistenza, essendo umana, non può rimanere muta, silenziosa, nè può nutrirsi di parole false. Ha bisogno di parole vere, con le quali gli esseri umani possono trasformare il mondo. Esistere, umanamente, è pronunciare il mondo, è modificarlo. Il mondo pronunciato, a sua volta, diviene problematico per i soggetti pronuncianti perchè esige da loro un nuovo pronunciare. 
                                                                                                                                         Paulo Freire 
Ogni pratica educativa suppone una visione teorica che implica una concezione degli esseri umani e del mondo. Paulo Freire
[1]sottolinea, dunque, la necessità di superare le pratiche educative che riducono l'apprendimento ad un processo di memorizzazione e riproduzione di contenuti legati alla realtà degli studenti, ma non collegati alla loro esperienza esistenziale.

Così, per Paulo Freire, l'educazione come pratica di liberazione deve supporre un contesto di dialogo. Nel rendere possibile l'esperienza del 
dialogo, delle persone tra loro e di queste con la loro realtà, libera gli oppressi (dal punto di vista storico e politico) e umanizza il soggetto "reificato" (a livello ontologico).

Freire concepisce gli esseri umani come esseri di ricerca, esseri aperti, esseri incompiuti e consapevoli della loro incompletezza, la cui vocazione ontologica e storica è quello di essere di più, è umanizzare sè stessi. Gli oppressi - categoria sociologica attraverso la quale rappresenta, nella dialettica oppressore-oppressi, persone, gruppi, classi sociali e popoli sottomossi a varie forme di violenza fisica, culturale e politico-economica - è l'essere umano ridotto, nella relazione di oppressione, a "quasi cosa", a un ospite dell' oppressore dell'ospite, un essere doppio e inautentico, per il quale, essere è somigliare all'oppressore.

Così la lotta degli oppressi contro l'oppressione - e di quelli che si solidarizzano con loro attraverso questa lotta - costituisce un atto di amore. Un impegno umanista. Nella sua esistenza l'essere umano si relaziona con il mondo, comunica con un linguaggio che esprime la sua esperienza concreta della realtà vissuta e consente l'impegno nelle varie circostanze. Questa esperienza fornisce l'esercizio del dialogo, che si realizza mediato dalla realtà, dal mondo. Il dialogo come un incontro di soggetti che pronunciano il mondo, è la comunione di coloro che cercano di saperne di più.

Nell'esperienza di dialogo, Paulo Freire unisce i concetti di incontro (soggetti), la comunione (tra esseri umani) e l'esperienza comunitaria, concetti radicati nella matrice  semitica del suo umanesimo. Attraverso il dialogo, tra sé e con il mondo, gli esseri umani si storicizzano, diventano integrati alla loro realtà, agenti nel loro contesto. Il dialogo agisce come strumento di promozione della coscienza critica, della autonomia e della responsabilità del soggetto - che sono massime esisenziali acquisite con le esperienze concrete, rese possibili grazie all'ampliamento della partecipazione e attuazione nella vita della comunità, della ingerenza nella vita delle organizzazioni comunitarie e delle istituzioni pubbliche, come la scuola locale.

L'istruzione, nel promuovere il percorso dall'eteronomia all'autonomia, attraverso l'apprendimento del dialogo, adempie al suo compito di innalzare il livello di consapevolezza delle tematiche inerenti i problemi del suo tempo e il suo spazio: diventa educazione organica. In relazione all'organicità con lo spazio e l'epoca, rende possibile il prosizionarsi critico, cosciente, davanti al contesto, in modo che il soggetto possa intereferire, modificandolo. In questo senso, l'educazione diventa strumentale e l'emancipazione del soggetto corrisponde all'azione di "aiutarlo ad aiutare sé stesso", cioé aiutarlo nello sviluppo della sua coscienza critica davanti ai suoi problemi e ai problemi della sua comunità.

Nel lavoro di Paulo Freire il concetto di liberazione degli oppressi è l'equivalente politico della promessa moderna di emancipazione dell'individuo. In questo senso, sul piano storico-politico si riferisce alla constatazione di una realtà oppressiva e alla contraddizione oppressore-oppresso. Il piano del soggetto, il concetto di liberazione degli oppressi corrispondono a quello della umanizzazione. Nella lotta contro l'oppressione che è il compito umanista e storico degli oppressi, questi diventano  "restauratori di umanità" di sé stessi, cioè gli oppressi, ma anche degli oppressori.

In questo cambiamento concettuale contribuiscono la sua formazione cattolica, il suo umanismo di matrice semitica e l'applicazione della dialettica marxista nella elaborazione della sua teoria critica. La parola pronunciata  è praxis quando la sua autenticità si riferisce all'azione che trasforma il mondo. La parola inautentica, cioè, quella la cui pronuncia non trasforma  la realtà, indica la persistenza della dicotomia stabilita tra le due componenti della parola. Secondo Paulo Freire, l'azione e la riflessione sono due dimensioni della parola, così solidarie tra loro che, se sacrifichiamo l'una, l'altra ne risente.

Per esprimere il significato di questa unità dialettica Paulo Freire coniò un nuovo vocabolo: "Così come non è possibile il linguaggio senza pensiero e linguaggio-pensiero senza il mondo cui si riferiscono, la parola umana è più di un semplice vocabolo: è parolazione" (1977, p.59). Umanizzazione, dialogo e liberazione: tre concetti con i quali Paulo Freire pronunciò il mondo e ci ispira per continuar a pronunciarlo.
 
[1] Paulo Reglus Neves Freire (1921–1997) è nato a Recife, stato di Pernambuco, nel nordest del Brasile. Laureatosi in Giurisprudenza dalla Faculdade de Direito de Recife, scelse la carriera dell'insegnamento. Diresse il settore di  Educação e Cultura do Serviço Social da Indústria (SESI), divenendo il Sovraintendente di questa istituzione. E fu professore nella Universidade Federal de Pernambuco. Dopo il colpo militare in Brasile (1964–1985), fu incarcerato ed esiliato politico. Insegnò alla Università di Harvard (EUA). Foi Consuelente Speciale del Dipartimento di Educazione del Consiglio Mondiale delle Chiese, a Gievra (Svizzera). Sviluppò consulenze educative com vari governi dell'America Latina e dell'Africa. Tornato in Brasile, insegnò nella Universidade Estadual de Campinas (UNICAMP) e nella Pontifícia Universidade Católica di São Paulo (PUC-SP. Fu Secretário de Educação nella città di São Paulo (Brasil). Fonte: http://www.paulofreire.org/

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Bibliografia:
CINTRA, Benedito Eliseu Leite. Paulo Freire entre o grego e o semita. Educação: filosofia e comunhão. Porto Alegre: EDIPUCRS, col. Filosofia, n. 83, 1998).
FREIRE, Paulo. Educação como prática da liberdade. (Rio de Janeiro: Paz e Terra, 7ª ed., 1977).
FREIRE, Paulo . Pedagogia do Oprimido. (Rio de Janeiro: Paz e Terra, col. O Mundo, hoje, v. 21, 5ª ed., 1978).
FREIRE, Paulo. Conscientização: teoria e prática da libertação: uma introdução ao pensamento de Paulo Freire. (São Paulo: Cortez e Moraes, 1980).
FREIRE, Paulo. Educação e atualidade brasileira. (São Paulo: Cortez; Instituto Paulo Freire, 3ª ed., 2001).
FREIRE, Paulo. Ação cultural para a liberdade. E outros escritos. (São Paulo: Ed. Paz e Terra, col. O Mundo, hoje, v. 10, 13ª reimpressão, 2010).

 

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José Edemilson Pereira dos Anjos. Coordinatore del SOFIA Centro di Studi e nella Università Statale di Bahia (UNEB) in Brasile è vincolato come "mestrando" al Programa de Pós-graduação em Educação e Contemporaneidade (PPGeduC).

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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Paulo Freire e a pronúncia do mundo
por
José Edemilson Pereira dos Anjos
                                                                                                

                                                                                                       



A existência, porque humana, não pode ser muda, silenciosa, nem tampouco pode nutrir-se de falsas palavras, mas de palavras verdadeiras, com que os homens transformam o mundo.  Existir, humanamente, é pronunciar o mundo, é modificá-lo. O mundo pronunciado, por sua vez, se volta problematizado aos sujeitos pronunciantes, a exigir deles novo pronunciar.
                                                                                                                  Paulo Freire 

Toda prática educativa supõe uma visão teórica que implica uma concepção dos seres humanos e do mundo. Paulo Freire[1] aponta, deste modo, para a necessidade de superação de práticas educacionais que reduzam a aprendizagem a um processo de memorização e reprodução de conteúdos referentes à realidade dos aprendizes, mas desvinculados de sua experiência existencial. Por isso, para Freire, a educação como prática de libertação deve supor um contexto de diálogo; ao possibilitar a experiência do diálogo, das pessoas entre si e destas com a sua realidade, liberta o oprimido (plano histórico-político) e humaniza o sujeito “coisificado” (plano ontológico).

Paulo Freire concebe os seres humanos como seres de busca, seres abertos, seres inconclusos e conscientes de sua inconclusão, cuja vocação ontológica e histórica é ser mais, é humanizar-se. O oprimido – categoria sociológica através da qual representa, na dialética opressor-oprimidos, pessoas, grupos, classes sociais e povos submetidos a variadas formas de violência física, cultural e político-econômica – é o ser humano reduzido, na relação de opressão, a “quase coisa”, a um hospedeiro do opressor, um ser duplo e inautêntico, para quem ser é parecer com o opressor. Assim, a luta dos oprimidos contra a opressão – e dos que, com eles, verdadeiramente se solidarizam por meio desta luta – constitui-se em um ato de amor. Um compromisso humanista.

Em sua existência, o ser humano relaciona-se com o mundo, comunica-se por meio de uma linguagem existencial, que exprima a sua experiência concreta da realidade vivida e possibilite o comprometimento com a sua circunstância. Esta experiência propicia o exercício do diálogo, que se realiza mediado pela realidade, pelo mundo. O diálogo, enquanto encontro de sujeitos que pronunciam o mundo, é a comunhão daqueles que buscam saber mais. À experiência do diálogo, Paulo Freire associa as noções de encontro (de sujeitos), comunhão (entre os seres humanos) e experiência comunitária, noções enraizadas na matriz semítica de seu humanismo.

Por meio do diálogo, entre si e com o mundo, os seres humanos tornam-se históricos, integrados à sua realidade, interferidores em seu contexto. O diálogo atua como um instrumento de promoção da consciência crítica, da autonomia e da responsabilidade do sujeito – que são aprendizagens existenciais adquiridas através de experiências concretas, viabilizadas pela ampliação da participação e atuação na vida da comunidade, da ingerência na vida das organizações comunitárias e das instituições públicas, como a escola local.

Promovendo, por meio da aprendizagem do diálogo, o percurso da heteronomia para a autonomia, a educação cumpre a sua tarefa de elevar o grau de consciência dos sujeitos acerca dos problemas de seu tempo e de seu espaço, torna-se educação orgânica. Em relação de organicidade com o espaço e com a época, possibilita o posicionamento consciente, crítico, diante do contexto, de modo que o sujeito possa nele interferir, modificando-o. Neste sentido, a educação faz-se instrumental e a emancipação do sujeito corresponde à ação de ajudá-lo a ajudar-se, isto é, ajudá-lo no desenvolvimento de sua consciência crítica diante de seus problemas e dos problemas de sua comunidade.

O conceito de libertação dos oprimidos é o equivalente político, na obra de Paulo Freire, da promessa moderna de emancipação do indivíduo. Neste sentido, remete, no plano histórico-político, à constatação de uma realidade opressora e à contradição opressor-oprimidos. No plano da pessoa, o conceito de libertação dos oprimidos corresponde ao de humanização, ou seja, na luta contra a opressão, tarefa humanista e histórica dos oprimidos, estes se tornam “restauradores da humanidade”, deles próprios, os oprimidos, e dos opressores. Influem, nesta mudança conceitual, a sua formação católica, o seu humanismo de matriz semítica e a aplicação da dialética marxista na elaboração de sua teoria crítica.

A palavra pronunciada é práxis quando a sua autenticidade encontra-se referida à ação que transforma o mundo. A palavra inautêntica, isto é, aquela cuja pronúncia não transforma a realidade, indica a persistência da dicotomia estabelecida entre os dois elementos constituintes da palavra. De acordo com Paulo Freire, ação e reflexão são duas dimensões da palavra de tal modo solidárias entre si que, sacrificada uma, a outra se ressente. Com o intuito de exprimir o significado desta unidade dialética, cunhou novo vocábulo: “Assim como não é possível linguagem sem pensamento e linguagem-pensamento sem o mundo a que se referem, a palavra humana é mais que um mero vocábulo – é palavração” (1977, p. 59).

Humanização, diálogo e libertação, três conceitos com os quais Paulo Freire pronunciou o mundo e nos inspira a continuar pronunciando-o.
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[1] Paulo Reglus Neves Freire (1921–1997) nasceu na cidade de Recife, estado de Pernambuco, região nordeste do Brasil. Embora graduado pela Faculdade de Direito de Recife, optou pela carreira de professor. Dirigiu o setor de Educação e Cultura do Serviço Social da Indústria (SESI), tornando-se Superintendente desta instituição. E foi professor na Universidade Federal de Pernambuco. Após o golpe militar no Brasil (1964–1985), foi preso e exilado político. Lecionou na Universidade de Harvard (EUA). Foi Consultor Especial do Departamento de Educação do Conselho Mundial das Igrejas, em Genebra (Suíça). Desenvolveu consultoria educacional a vários governos da América Latina e da África. Ao retornar ao Brasil, lecionou na Universidade Estadual de Campinas (UNICAMP) e na Pontifícia Universidade Católica de São Paulo (PUC-SP) e atuou como Secretário de Educação no Município de São Paulo (Brasil). Fonte: http://www.paulofreire.org/.



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Referências:
CINTRA, Benedito Eliseu Leite. Paulo Freire entre o grego e o semita. Educação: filosofia e comunhão.
                                                    (Porto Alegre: EDIPUCRS, col. Filosofia, n. 83, 1998).
FREIRE, Paulo. Educação como prática da liberdade. (Rio de Janeiro: Paz e Terra, 7ª ed., 1977).
FREIRE, Paulo . Pedagogia do Oprimido. (Rio de Janeiro: Paz e Terra, col. O Mundo, hoje, v. 21, 5ª ed., 1978).
FREIRE, Paulo. Conscientização: teoria e prática da libertação: uma introdução ao pensamento de Paulo Freire. (São Paulo: Cortez e Moraes, 1980).
FREIRE, Paulo. Educação e atualidade brasileira. (São Paulo: Cortez; Instituto Paulo Freire, 3ª ed., 2001).
FREIRE, Paulo. Ação cultural para a liberdade. E outros escritos. (São Paulo: Ed. Paz e Terra, col. O Mundo, hoje, v. 10, 13ª reimpressão, 2010).

 

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Traduzione in italiano di A.R.R.
José Edemilson Pereira dos AnjosCoordenador do SOFIA Centro de Estudos e mestrando vinculado ao Programa de Pós-graduação em Educação e Contemporaneidade (PPGeduC), da Universidade do Estado da Bahia (UNEB) no Brasil.