RICORDO DI OSCAR NIEMEYER: "NON E' L'ANGOLO RETTO CHE MI ATTRAE, E' LA LINEA LIBERA"
Antonella Rita Roscilli
Il brasiliano Oscar Ribeiro de Almeida Niemeyer Soares Filho noto come Oscar Niemeyer (1907-2012) è stato uno dei  più importanti architetti a livello internazionale del XX secolo. A lui, a fine 2007, il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano concesse la massima onorificienza di "Grande Ufficiale dell'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana" che venne consegnata da Michele Valensise, allora Ambasciatore dell'Italia in Brasile. 
L'intervista che segue fu rilasciata a Rio de Janeiro da Oscar Niemeyer ,in esclusiva, al compimento dei 100 anni , nel 2008.

A.R.R. “Non è l’angolo retto che mi attrae, ciò che mi attrae è la linea libera e sensuale ...la curva che incontro nelle montagne…”.  Così lei dice.  Ho letto che da piccolo amava disegnare con il dito nell’aria
Com’è stata la sua infanzia?
O.N. E’ vero. Parlo un po’ di questo nel mio libro di memorie "As curvas do tempo. Memórias" (ed. Revan) in cui racconto come il disegno mi abbia condotto all’architettura.


A.R.R:: Com'è stata la sua infanzia? 
O.N. La mia infanzia è  stata meravigliosa. I miei migliori ricordi dell’infanzia sono nella casa che si trova nel quartiere Laranjeiras di Rio de Janeiro dove vivevo con i miei cari nonni materni, Maria Eugenia e Antonio Augusto Ribeiro de Almeida. Lui era un esempio di correttezza etica e di non attaccamento al denaro che influì molto su di me.

A.R.R.: Nel dicembre 2007, in occasione dei suoi 100 anni di età, si è tenuto a Brasilia un Convegno dedicato alla sua opera, organizzato dall’Ambasciata d’Italia in collaborazione con la CONSECTI. In quell’occasione tutti i suoi collaboratori hanno parlato del suo lato professionale e di quanto hanno appreso con lei, ma hanno sottolineato sempre i suoi valori umani. Chi è Oscar Niemeyer?
O.N.: Un essere umano come qualsiasi altro. Qualcuno che porta con sé le angustie che caratterizzano la nostra precaria condizione umana, qualcuno che ha sempre la consapevolezza che la vita è un soffio e l’uomo è insignificante davanti a questo universo che incanta e umilia.

A.R.R.: Il 15 settembre 1956 il Presidente Kubitchek venne nella sua casa das Canoas, dove lei viveva, per invitarla a collaborare alla nuova capitale che stava pensando di costruire al centro del Paese. Cosa rappresentò all’epoca l’invenzione di Brasilia nel centro dimenticato e inospitale del Brasile? Cosa pensa oggi di Brasilia?
O.N. : Preferisco limitarmi a dire che Brasilia fu il sogno prediletto di Jucelino Kubitchek. Fu il cammino che lui trovò per trasportare il progresso all’interno del paese. E ciò è accaduto, indipendentemente dalle critiche che alcuni fecero (o fanno!) alla nuova capitale.

A.R.R.: Nel 1964 lei tornò da Israele dove aveva progettato l’Università di Haifa e incontrò un Brasile diverso. Il presidente João Goulart aveva accettato l’incarico nel 1961 dopo la rinuncia del presidente eletto Janio Quadros. Ma nel marzo 1964 venne deposto con un golpe militare e il nuovo capo fu il generale Castelo Branco. La dittatura in Brasile durò fino al 1985. Lei si autoesiliò in Francia. Cosa ha rappresentato l’esilio nella sua vita?
O.N.: L’esperienza dell’esilio è stata molto ricca per me perché mi ha garantito la possibilità di approfondire la mia coscienza politica. Fuori del mio Paese mi sono potuto dedicare a progetti importanti come la creazione dell’Università di Constantine (in Tunisia), l’università dei sogni, un’ esperienza pioniera nella costruzione di una università volta all’integrazione tra le varie aree della conoscenza, che potesse combattere l’iper-specializzazione riduttiva che ancora colpisce i corsi superiori scolastici in tutto il mondo. E’ una risposta che ha un significato politico ed educativo importante che ho spiegato nel libro pubblicato recentemente dall’Editore Revan di Rio de Janeiro
 
A.R.R. Cosa pensa del leader comunista Luiz Carlos Prestes?
O.N.: E’ uno dei più grandi brasiliani che ho conosciuto. Ho mantenuto con lui un buon rapporto di amicizia. Luiz Carlos Prestes è stato un patriota, un cittadino che ha lottato durante tutta la vita per il suo popolo, contro la miseria e le differenze sociali che, purtroppo, ancora persistono nel Brasile.
 
A.R.R. Cosa pensa del governo Lula?
O.N. E’ un governo che conta su un innegabile appoggio popolare e si è unito al movimento di difesa dell’America Latina, che si sta espandendo in tutto il nostro continente.
 
A.R.R. Come riesce ad essere sempre così coerente con il suo pensiero politico?
O.N. Credo di essere giunto a questa coerenza senza alcuno sforzo.
 
A.R.R: Fidel Castro una volta ha detto: "Nel mondo restano solo due comunisti: io e Niemeyer". Cosa pensa di Fidel Castro e di Cuba oggi?
O.N.: Fidel ancora è il riferimento politico fondamentale nella lotta per la sovranità dei popoli latino-americani, contro l’imperialismo degli Stati Uniti. Cuba rappresenta secondo me un esempio grandioso di resistenza contro questo mostro infame.
A.R.R.: Cosa pensa della  politica degli Stati Uniti nel mondo?
O.N. : Secondo me è uno schifo completo!...Dobbiamo comprendere che la politica globale nordamericana non è rivolta all’esterno, ma verso il suo interno sebbene il suo impatto sul resto del mondo sia stato grande e disastroso.

A.R.R.: La moglie di Jorge Amado, la memorialista Zélia Gattai mi ha mostrato a Salvador nella sua casa una scultura che lei ha realizzato per Amado accompagnata da una frase bellissima. Questa scultura verrà esibita nel futuro Memoriale. Cosa può raccontare sulla vostra amicizia?
O.N.: Jorge Amado era un compagno straordinario. Sono indimenticabili gli incontri che ho avuto con questo grande scrittore e sua moglie Zélia Gattai. Non mi ricordo con esattezza come li ho conosciuti; ma come mi è caro il ricordo dei nostri dialoghi interminabili, dell’allegria di Jorge, della simpatia di questa coppia! 

A.R.R.: Nel 2007 ha ricevuto il titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana concessole dal Presidente della Repubblica Napolitano e Le è stato consegnato a Rio personalmente da Michele Valensise, Ambasciatore dell’Italia in Brasile. Cosa ha provato?
O.N.: Mi sono sentito veramente molto onorato nel ricevere questo premio dall’Italia.


A.R.R.: Lei ha realizzato varie opere in Italia. Il Palazzo della Mondadori (1968-75), la sede della Fata-European Group a Torino (1976-81), il progetto del Congiunto architettonico di Vicenza (1978-79), il progetto del Ponte dell’Accademia a Venezia (1985), il progetto di uno stadio per Torino (1987), il progetto di un auditorium per Ravello. Nel suo libro "Le curve del tempo. Memorie" pubblicato nel 1999 scrive: "Com’è bella l’Italia e come sono buoni e allegri i nostri amici italiani. Come mi piaceva conoscere le opere del Palladio, di Brunelleschi, il Palazzo dei Dogi ecc. Può parlare un po’ di questo suo rapporto con l’Italia?
O.N.: Parlo sempre con molto affetto e entusiasmo dell’Italia , della sua gente amabile, del peso della sua cultura artistica. L’Italia….percorrere questo Paese significa incontrare dappertutto la bellezza in modo sempre sorprendente e rinnovato. Ho fatto molte amicizie che coltivo ancora oggi…insieme ai teneri ricordi che ho dei miei viaggi a Venezia…
 

A.R.R.: L’Istituto di Architettura e Umanità a Niteroi è un progetto a cui lei è molto interessato. Perché?
O.N.: La denominazione corretta è Scuola di Architettura e Umanità. Cerca di rispondere alla problematica della formazione che affligge i giovani in Brasile, specie quelli che escono dai corsi di livello superiore. In questa Scuola sarà riservato un ampio spazio per l’incentivo alla lettura – non solo di scrittori, ma anche di intellettuali che hanno dato contributi in campi diversi come la Filosofia, la Teoria Politica, la Storia, l’Economia, per affrontare le grandi questioni che formano il tessuto della nostra vita. L’obiettivo di questa istituzione è creare un corso più libero che includerà anche attività relazionate alla mia architettura e al tempo culturale in cui essa si inserisce.

A.R.R.: Perché lei e altri avete deciso di tenere lezioni di Filosofia nel suo studio di Copacabana?
O.N.: Ci ha motivato non la pretesa di ritenerci intellettuali, ma l’interesse a conoscere di più il dramma dell’essere umano e altre questioni che la Filosofia cerca di affrontare.
 
A.R.R.: Lei ha realizzato opere architettoniche nel mondo intero. Cosa rappresenta l’architettura nella sua vita?
O.N.:  E’ il mio lavoro. E’ l’attività a cui mi dedico con maggiore entusiasmo, pur essendo cosciente che la cosa più importante non è l’architettura. Le cose fondamentali sono la vita, gli amici, la famiglia, questo mondo ingiusto che dobbiamo trasformare.
 
A.R.R:: Qual è il suo sogno oggi?
O.N.: Forse il mio sogno è oggi quello di veder funzionare nella città di Niteroi la Scuola di Architettura e Umanità.

©ARR