GLI INTELLETTUALI AFRICANI E IL PENSIERO DI ERNESTO CHE GUEVARA -testo in italiano e in portoghese -
ANTONELLA RITA ROSCILLI
Ernesto Che Guevara in Congo
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

Nel 1964 il trentaseienne Ernesto Che Guevara, dopo aver partecipato a New York all’Assemblea delle Nazioni Unite,  andò in Algeria ove conobbe la maggior parte dei dirigenti nazionalisti africani in esilio. Con loro stabilì accordi che prevedevano l’appoggio algerino alle spedizioni di armi e uomini in America Latina, mentre i cubani in cambio avrebbero sostenuto le guerriglie nelle colonie portoghesi, in Namibia e nel Congo ex Belga. Per diversi anni il punto di osservazione principale di Guevara era stato l’Algeria che aveva conquistato l’indipendenza nel 1962. Non fece in tempo a conoscere direttamente Frantz Fanon, medico e intellettuale martinicano votato alla causa algerina, ma ad Algeri stabilì un importante dialogo con la vedova Josie.

Proprio a lei  Guevara espose chiaramente in una intervista le ragioni per cui considerava l’Africa “il più importante campo di battaglia contro tutte le forme di sfruttamento che esistono nel mondo: contro l’imperialismo, il colonialismo e il neocolonialismo”. Quel viaggio rappresentò per lui la prima tappa di un lungo viaggio nel continente africano: vide che in Africa il livello di sfruttamento era superiore a quello dell’America Latina, venivano saccheggiate le ricchezze naturali di un Paese in cui gli africani erano considerati come cittadini di terza categoria. Nei paesi colonizzati non si riconosceva loro diritto alcuno, e la maggioranza del popolo era mantenuta sottomessa all’ignoranza, al limite della povertà, semi-schiavizzata. La sua sensibilità umana, il profondo sentimento del dolore, lo portarono ad identificarsi subito con la lotta del popolo africano, soprattutto con coloro che avevano impugnato le armi per raggiungere la libertà politica, economica e sociale.

L’assassinio del presidente congolese Patricio Lumumba, avvenuto nel 1961, lo aveva marcato profondamente. Sentiva che la congiura imperialista aveva raggiunto la vita di uno dei grandi uomini africani: un comunista e terzomondista che aveva osato nazionalizzare le ricche miniere delle multinazionali. Già allora diceva che il suo assassinio dimostrava il terrore degli imperialisti davanti al sorgere di un leader capace di condurre il suo popolo alla lotta per arrivare alla sua vera indipendenza.
Il 2 gennaio 1965 arrivò a Brazzaville (la capitale di quello che era stato il Congo coloniale francese) dove incontrò Agostinho Neto, dirigente della rivoluzione angolana, per offrire solidarietà al movimento rivoluzionario inviando istruttori cubani per la guerriglia. Guevara temeva che l’imperialismo avrebbe ripetuto in Africa ciò che aveva fatto in America Latina: ovvero vanificare l’indipendenza raggiunta, sostituendola con una dominazione neocoloniale facilitata da divisioni introdotte artificialmente,  con la creazione di Stati non autosufficienti da contrapporre l’uno all’altro.

Mozambico, Angola, Capo Verde, Guinea Bissau, São Tomé e Principe si trovavano sotto il giogo portoghese dal 1400 ed erano diventate nel XVII secolo riserve di “merce umana”, di schiavi da selezionare e da inviare in Brasile, altra loro conquista. Negli anni ’50 del secolo XX il Portogallo le aveva “democraticamente” definite “Province d’oltremare”. Dal punto di vista sociale  erano composte da una piccola élite che guardava alla madrepatria come ad un modello di perfezione.  Esisteva un gruppo di “assimilados” che si facevano spesso aguzzini dei loro stessi fratelli e dall’altra parte c’era una grande massa soggiogata e senza alcun diritto civile. La figura dell’intellettuale africano emerse distaccandosi in parte da queste basi sociali. Benestante, ebbe la possibilità di approfondire gli studi a Lisbona sviluppando una coscienza sociale e politica che lo portò in due direzioni radicalmente opposte: considerarsi un europeo per la sua formazione culturale che disprezzava le radici africane oppure abbracciare la causa del popolo e lottare per ottenere l’ indipendenza dai colonizzatori. 

I movimenti di liberazione nazionale furono  teoricamente e praticamente guidati da intellettuali provenienti da famiglie borghesi come Agostinho Neto del Movimento per la liberazione del popolo angolano (MPLA), Amilcar Cabral del Movimento per la liberazione di Guinea Bissau e Capo Verde (PAIGC),  Marcelino dos Santos del Fronte di liberazione del Mozambico (FRELIMO) (FRELIMO).
Il Che sosteneva che “a differenza dell’America Latina, dove la borghesia nazionale non ha altra via che porsi completamente sotto la tutela dell’imperialismo, in alcuni paesi africani la borghesia ha la possibilità di svilupparsi e svolgere un ruolo progressista raggruppando intorno a sé il popolo e le forze di sinistra”. Nei suoi discorsi insisteva sempre sulla necessità di unità d’azione tra i popoli per contrastare la pratica neocolonialista dei grandi interessi economici e il suo messaggio giunse nelle colonie portoghesi dell’Africa. Infatti gli intellettuali-guerriglieri africani che liberarono i loro Paesi dal colonialismo portoghese negli anni ’70 del XX secolo, combatterono con sentimenti di fraternità e solidarietà reciproca e rappresentano un grande esempio di unione sia ideologica che materiale.

Ne è dimostrazione Amilcar Cabral, capo del PAIGC. Ingegnere e intellettuale, abbracciò la guerriglia come via fondamentale per rendere libero il suo popolo. Non si concentrò solamente sulle lotte in Guinea Bissau, ma le estese anche a Capo Verde e fu sempre solidale con le battaglie che si sviluppavano nelle restanti colonie. Artefice dell’unità interna, affrontò le tendenze tribali, religiose e regionali che dividevano il suo Paese e convinse il popolo a combattere insieme per l’indipendenza ponendo le prime basi del sentimento nazionale. Mantenne sempre un’ideologia rivoluzionaria, antimperialista e anticolonialista. Conobbe il Che nel 1964 in Guinea, a Conakry e gli illustrò dettagliatamente la causa che difendeva chiedendo l’appoggio diretto di Cuba per le medicine, gli istruttori militari e gli strumenti agricoli per coltivare la terra nelle zone liberate.

Il guerrigliero doveva svolgere il ruolo di “riformatore sociale” e a questa dimensione non sfuggiva neppure l’artista che poteva contribuire alla formazione dell’azione cosciente dell’individuo-massa. La funzione dell’intellettuale rivoluzionario consisteva fondamentalmente nell’aprire nuove strade, nuove idee che si potevano realizzare in seguito a grandi rivolgimenti della coscienza. Quando la realtà sociale non permette un processo di ricomposizione immediata può scattare la molla dell’utopia, la proiezione ideale verso il futuro delle esigenze più profonde di liberazione dell’uomo. In questo senso grande appare il legame con gli intellettuali africani delle colonie portoghesi che furono al tempo stesso rivoluzionari guerriglieri e “ricercatori” della dignità del popolo attraverso  loro sogni. Infatti usarono la parola scritta, la poesia e la letteratura per iniziare il processo di coscientizzazione di popoli oppressi da secoli. La letteratura divenne uno strumento utilissimo per riappropriarsi della loro identità, l’arte divenne un mezzo per sensibilizzare civilmente e politicamente i fratelli. 

Pepetela (pseudonimo di Artur Carlos Pestana dos Santos) unì la sua vocazione letteraria all’impegno politico sostenendo la lotta di liberazione angolana dell’MPLA. Può essere definito uno scrittore-guerrigliero che ha tentato attraverso le proprie opere di far nascere nel popolo un sentimento nazionale. Occorreva combattere per ridare dignità e coscienza politica ad un popolo oppresso. Bisognava lottare contro la miseria e contro l’alienazione e in questo senso appare importante la concezione umanistica del Che, la sua riflessione sull’uomo. Il Che era andato presto incontro all’”Altro”, al diverso e, nel suo primo viaggio con Alberto Granado, aveva abbracciato i lebbrosi, quale espressione esasperata della sofferenza umana, dell’uomo schiacciato dal destino e dalle condizioni sociali. La sua ricerca dell’”Altro” iniziò dal fondo della disperazione sociale e psicologica per poi concentrarsi sugli emarginati delle Ande, sui minatori del salnitro, su quelle masse che per prime avevano pagato il prezzo del colonialismo e dell’imperialismo.

Bisognava dunque rimettere al centro l’uomo, i problemi della sua liberazione, la ri-appropriazione della sua umana essenza, l’uomo come essere sociale e attore cosciente della storia.
Agostinho Neto, intellettuale e medico, cominciò a vedere l’”Altro” andando nei musseques, i quartieri poveri di Luanda ove toccò con mano l’alienazione fisica e psicologica che aveva reso tanti suoi fratelli assenti ed estranei nella loro stessa terra.  La lotta per la riappropriazione della dignità umana pervade tutto il suo discorso letterario e politico. Così il Mare divenne l’immagine di denuncia di un passato la cui memoria il popolo doveva recuperare per re-incontrare la sua vera identità storica. E’ un passato che provoca in Neto la “nausea” anticoloniale. Quella “nausea” era stata al centro anche degli studi di Franz Fanon che parlava dell’alienazione psicotica provocata dall’oppressione coloniale. Neto, già toccato dalla dialettica marxista trovò in questo discorso  lo stimolo per un’azione rivoluzionaria che avrebbe trasformato l’individuo alienato in Uomo Nuovo e Soggetto della Storia.

Bisogno di liberarsi dall’alienazione e riappropriazione della dignità umana divenne quindi un punto comune tra il pensiero di Neto e quello di Che Guevara. E’ questo il loro punto d’incontro, l’atto di fede che li vedrà insieme a colloquio nel 1965 e farà dire a Agostinho Neto che per essere un vero rivoluzionario bisogna seguire la visione del Che Guevara. L’umanismo etico di Che Guevara si consolidò con una coerenza programmatica tra fine e mezzi, una coincidenza di valori e vissuto. La sua vita è una lista interminabile di esempi di coerenza: dalla povertà scelta come vocazione, al rifiuto di ogni privilegio materiale sino al sacrificio della propria vita. “Non basta che sia pura e giusta la nostra causa. E’ necessario che la purezza e la giustizia esistano dentro di noi” ebbe a dire il Che. Agostinho Neto iniziò la sua poesia “Do povo buscamos a força” (Poemas de Angola) proprio con questa frase del Che, atto di onestà profonda.

Il 14 marzo 1965 il Che scomparve agli occhi del mondo. Si ritirò per modificare le sue sembianze e arrivare, attraverso la Tanzania, nell’ex Congo belga (oggi Zaire). I movimenti rivoluzionari africani avevano bisogno di aiuti. Il Che non titubò neanche un minuto nel trasmettere le sue esperienze ai comandi del Consiglio Supremo della Rivoluzione Congolese che lottavano per la cacciata del dittatore Moises Thombe, imposto dagli imperialisti e uno dei principali responsabili dell’assassinio di Patricio Lumumba. La straordinaria capacità politico-ideologica del Che gli permise di approfondire in Congo la conoscenza della realtà africana: conobbe l’organizzazione lasciata dai colonialisti, una società divisa dal sistema schiavista, il feudalesimo, il patriarcato e l’ignoranza che lasciava nell’ombra le menti dei combattenti congolesi. Perciò i combattenti consideravano i mercenari bianchi, inviati dall’imperialismo, come déi immortali.

Prese lezione di swahili per comunicare con i combattenti congolesi, parlò con i sacerdoti Mugangas per neutralizzare gli orientamenti feticisti, a coloro che parlavano francese fece lezioni sulla storia, la tradizione, il colonialismo e l’imperialismo, medicò i ribelli e i feriti,  preparò spazi dedicati alla scuola e all’educazione. Il suo pensiero e le sue azioni in terra africana divennero un esempio per tutti coloro che credevano nella lotta di liberazione. Nel 2004 Paulo Pombolo, primo segretario della Gioventù del Movimento popolare per la Liberazione dell’Angola, durante una visita a Cuba al Memoriale del Che, insieme a una delegazione, depositò dei fiori ai piedi della scultura in bronzo dell’eroico guerrigliero e disse che quando i rivoluzionari si trovano nel luogo ove giacciono i resti di giovani stimati come il Che, si rinnovano le energie e lo spirito patriottico per continuare la lotta. “Nella guerra di liberazione dell’Angola i nostri dirigenti si sono ispirati alla sua esperienza, intelligenza e capacità del Che. Quando passò nel Congo, il Movimento di liberazione angolano aveva là le sue basi e lui incontrò Neto e Lucio Lara: abbiamo creato il programma della nostra indipendenza nel 1975 proprio attraverso la sua esperienza”.

Carlos Bellibello, un famoso economista ed analista politico d’Angola, nel 1997 era consigliere della Presidenza Angolana e ricordò sul giornale cubano Granma   i tempi in cui aveva avuto il privilegio di conoscere il Che durante il suo viaggio in Africa alla fine del 1964. “Noi del MPLA combattevamo in Angola. Ernesto Che Guevara, con la modestia che lo caratterizzava e con grande rispetto delle nostre opinioni, ci parlò dell’ esperienza cubana e del ruolo che dovevano svolgere i dirigenti rivoluzionari nella guerra di liberazione nazionale, al lato del popolo, al lato di coloro che erano disposti a dare la vita per raggiungere la libertà. Nei nostri contatti con il Che ci scambiammo esperienze e beneficiammo della sua concezione scientifica del mondo, della conoscenza del colonialismo, dell’imperialismo.

Conoscemmo il suo profondo sentimento solidario e internazionalista. Solo un uomo della sua capacità e con un pensiero politico tanto avanzato, pur venendo dall’emisfero occidentale, poteva comprendere la nostra realtà e  combattere rischiando la sua vita per l’Africa. Che Guevara lasciò l’Africa per prepararsi alla guerriglia dell’Esercito di Liberazione Nazionale in Bolivia e, nonostante quello che si è meschinamente detto per falsare la realtà della sua eroica vita, dico che il Che lasciò l’Africa vittorioso. Thombe fu cacciato dal Congo. Gli insegnamenti del Che vivono in Africa nell’indipendenza delle colonie portoghesi, nei combattimenti trionfanti di Cabinda e nelle altre regioni dell’Angola. Il Che vive nei popoli africani che esprimono la loro solidarietà con Cuba e  mantengono la sua immagine viva come bandiera sulle facciate delle case”.
 
                           

Articolo pubblicato nella rivista italiana "Latinoamerica e tutti i sud del Mondo" diretta da Gianni Minà (n. 3-2005)
                                                   

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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

OS INTELECTUAIS AFRICANOS E O PENSAMENTO DE ERNESTO CHE GUEVARA
di
Antonella Rita Roscilli
 
Em 1964 Ernesto Che Guevara tinha 36 anos de idade. Após ter participado da Assembleia das Nações Unidas em Nova York, viajou para Argélia, onde se encontrou com a maioria dos líderes africanos nacionalistas que là viviam exilados. Com estes líderes, ele fechou muitos acordos que previam o apoio argelino à expedição armada na América Latina. Em troca, os cubanos apoiariam as guerrilhas nas colônias portuguesas, na Namíbia e no antigo Congo Belga. Em 1962 a Argélia se tornou um paìs independente e, durante muitos anos, foi o maior ponto de observação de Che Guevara.

Apesar disso, o guerrilheiro argentino não conseguiu conhecer Frantz Fanon, médico e intelectual da Martinica, e que se dedicou por inteiro à causa argelina. Mas ele conseguiu estabelecer em Argel um importante diálogo com Josie, a viúva dele. Guevara explicou para ela os motivos pelos quais considerava a África “um campo de batalha muito importante, contra todas as formas de exploração: contra o imperialismo, o colonialismo e o neocolonialismo”.

Esta viagem foi para ele a primeira etapa de uma longa viagem no continente africano. Na África, Che Guevara observou que o nível de exploração era maior do que aquele que existia na América Latina: sstavam sendo exploradas as imensas riquezas naturais de um país onde os africanos eram considerados cidadãos de terceira categoria.

Nos países colonizados, a maioria da população não tinha reconhecimento e direito algum, submetida por causa da ignorância. Além disso, vivia semiescravizada. A sensibilidade humana de Che Guevara, junto a um profundo sentimento de dor, o levou a se identificar logo com a luta dos povos africanos, sobretudo com aqueles que pegaram as armas para conseguir a liberdade política, econômica e social.
 
O homicidio do presidente congolês Patrice Lumumba, em 1961, marcou profundamente Ernesto Che Guevara. A conspiração imperialista tinha alcançado a vida de um dos maiores homens africanos: um comunista e terceiro-mundista que tinha ousado nacionalizar as ricas minas exploradas cotidianamente pelas multinacionais. Mesmo assim, Guevara afirmou que o homicidio de Lumumba mostrava o medo dos imperialistas em frente de um líder capaz de conduzir o seu povo à luta . 
 
A cidade de Brazzaville era a capital do que na época era o Congo colonial francês. Aqui Chegara chegou no dia 2 de janeiro de 1965 para ter uma importantissima reunião com Agostinho Neto, líder da revolução angolana. Ofereceu sua pessoal solidariedade ao movimento revolucionário e enviou instrutores cubanos para a guerrilha. Guevara temia que na África o imperialismo  ia repetir o esquema que já tinha aplicado na América Latina: uma vez alcançada a independência, o plano foi o de atacar a independência, substituindo-a por uma dominação neocolonial, facilitada por divisões introduzidas artificialmente, com a criação de Estados incapazes de se auto-sustentar e em constante rivalidade, um com outro. 
 
Moçambique, Angola, Cabo Verde, Guiné-Bissau, São Tomé e Príncipe desde 1400 estavam sob o jugo de Portugal que, no século XVII, as transformou em reserva de “mercadorias humanas”, isto é, seres humanos escravizados, selecionados e enviados para o Brasil – outra conquista territorial portuguesa -. Nos anos '50 do século XX, Portugal “democraticamente” começou a chamar estes territórios africanos de “províncias ultramarinas”. Nas provincias vivia uma pequena elite que olhava para a pátria mãe como um modelo de perfeição. Assim um pequeno grupo de “assimilados” virou perseguidor dos próprios irmãos e a maioria do povo estava do outro lado, submisso e sem direito algum.

Podemos afirmar que a figura do intelectual africano surge a partir da ruptura destas bases sociais. De familia rica, o intelectual teve a possibilidade de prosseguir seus estudos em Lisboa, desenvolvendo uma consciência socio-política que o levou para duas direções opostas: ou identificar-se como um europeu, por causa de uma formação cultural que desprezava sua ascendência africana; ou abraçar a causa do povo e lutar pela independência. 
 
Os movimentos de libertação nacional se deram de forma teórica e prática, graças a intelectuais de classe média, como Agostinho Neto, do Movimento pela Libertação do Povo de Angola (MPLA); comoAmilcar Cabral, do Movimento de Libertação da Guiné-Bissau e Cabo Verde (PAIGC); como Marcelino dos Santos, da Frente de Libertação de Moçambique (FRELIMO).
 
Che Guevara achava que ao contrário da  América Latina, onde a burguesia nacional tinha se submetido totalmente ao imperialismo, em alguns países africanos "a burguesia teve a oportunidade de desempenhar um papel progressista, juntando o povo e as forças de esquerda”. Em seus discursos, Ernesto Che Guevara insistia sobre a necessidade da unidade de ação de todas as nações, para poder lutar contra a prática neocolonial das grandes empresas. E realmente, nos anos '70 do século XX, os intelectuais-guerrilheiros africanos libertaram seus países do colonialismo português, lutando juntos, graças a um sentimento de fraternidade e de solidariedade mútua. Representaram um grande exemplo de unidade, tanto ideológica quanto material.
 
Demonstração disso é Amilcar Cabral, líder do PAIGC (Partido Africano para a Indepenncia da Guiné e Cabo Verde). Engenheiro e intelectual, abraçou a guerrilha qual caminho fundamental para libertar o povo. Participou das lutas na Guiné-Bissau, como também nas de Cabo Verde e foi sempre solidário com as outras colônias. Criador da unidade interna, enfrentou as tendências tribais, religiosas e regionais que dividiam seu país e convenceu o povo a lutar junto pela independência, dando origem ao sentimento nacional. Amilcar Cabral sempre teve uma ideologia revolucionária, anti-imperialista e anticolonialista. Conheceu Che Guevara em 1964, na Guiné, em Conakry, e explicou-lhe em detalhes a causa defendida, pedindo o apoio direto de Cuba para a medicina, os instrutores militares e as ferramentas agrícolas para cultivar a terra nas zonas libertadas.
 
O guerrilheiro devia desempenhar o papel de “reformador social” e também o artista poderia contribuir para a formação da consciência. A função do intelectual revolucionário consistia, basicamente, na abertura de novas estradas, novas ideias que podiam realizar-se após grandes mudanças de consciência. Quando a realidade social não permite um processo de recomposição imediata, pode surgir a utopia – a projeção ideal para o futuro das necessidades mais profundas de libertação humana. Neste sentido se estabelecee um grande vínculo com os intelectuais africanos das colônias portuguesas que foram ao mesmo tempo guerrilheiros revolucionários e “pesquisadores” da dignidade do povo através de seus sonhos. Na verdade, a literatura pode virar uma ferramenta muito útil para um processo de conscientização dos povos oprimidos.
 
Pepetela (pseudônimo de Carlos Artur Pestana dos Santos) juntou a sua vocação literária com a política e apoiou a luta de libertação de Angola do MPLA. Pode se definir um escritor-guerrilheiro que tentou, através de sua própria obra, de despertar e construir no povo um sentimento nacional. Era preciso combater para resgatar a dignidade e a consciência política. Era necessário lutar contra a pobreza e contra a alienação. Neste sentido, torna-se importante o conceito humanista de Che, a sua reflexão sobre o homem.

Ernesto Che Guevara fprocurou o encontro com o “Outro”,  e, na sua primeira viagem com Alberto Granado, abraçou leprosos como um simbulo, abraçou o sofrimento humano, o homem oprimido. A sua busca do “Outro” partiu do mais profundo desespero social e psicológico para, em seguida, concentrar-se nos marginalizados dos Andes, nos mineiros de salitre, naqueles que pagam o preço do colonialismo e do imperialismo. 
 
Precisava então, recolocar o homem no centro, a sua libertação, a reapropriação de sua essência humana, o homem como Ser social e consciente da história.
 
Agostinho Neto, intelectual e médico, olhou para o “Outro” indo para os “musseques”, nas favelas de Luanda, onde tocou com a mão a alienação física e psicológica que transformou muitos dos seus irmãos em ausentes na sua própria terra. A luta pela reapropriação da dignidade humana permeia todo o seu discurso literário e político. Assim, o mar tornou-se a imagem de uma denuncia do passado cuja memória o povo precisava recuperar para reencontrar sua verdadeira identidade histórica.

É um passado que provoca em Agostinho a “náusea” anticolonial. Aquela “náusea” foi também o centro dos estudos de Frantz Fanon, que falava da alienação psicótica causada pela opressão colonial. Agostinho Neto, que já conhecia bem a dialética marxista, encontrou neste discurso o estímulo para uma ação revolucionária que iria transformar o homem alienado em Homem Novo e Sujeito da História.
 
A necessidade de libertar-se da alienação e  se reapropriar da dignidade humana torna-se, assim, um ponto em comum no pensamento de A. Neto e de Che Guevara. Este é um ponto de encontro, um ato de fé que vai juntarà os dois em um importante encontro de 1965.  Agostinho Neto disse que, para ser um verdadeiro revolucionário, è preciso seguir Ernesto Che Guevara. O humanismo ético de Che Guevara se consolidou com uma coerência programática entre objetivo e meio, valores e vida vivida. A vida dele é uma interminável lista de exemplos de coerência,: desde a pobreza como escolha vocacional, até rejeitar qualquer privilégio material. “Não é suficiente que nossa causa seja pura e justa. É importante que a pureza e a justiça existam dentro de nós”, disse Che. Agostinho Neto iniciou seu poema “Do povo buscamos a força” (Poemas de Angola) com uma frase, esta frase que è do Che: um ato de honestidade profunda com o povo.
 
Em 14 de março de 1965, Che Guevara sumiu. Na realidade se retirou para mudar algo do seu visual e depois viajar. Queria chegar no antigo Congo Belga (hoje em dia Zaire), através da Tanzânia. Os movimentos revolucionários na África estavam precisando da ajuda dela.

Sem nenhuma duvida, Ernesto Che Guevara transmitiu suas experiências para o Conselho Supremo da Revolução Congolesa, que queria derrubar o ditador Moises Thombe, que os imperialistas quiseram naquele papel. Além disso, ela era um dos principais responsáveis pelo assassinato de Patrice Lumumba. A extraordinária capacidade político-ideológica de Che Guevara permitiu-lhe aprofundar, no Congo, o conhecimento da realidade africana. Conheceu assim a organização deixada pelos colonialistas – uma sociedade dividida pelo sistema de escravidão; o feudalismo, o patriarcado, a ignorância que deixavam "cegos" os combatentes congoleses. Tanto que alguns deles chegavam a considerar quase "deuses imortais" os mercenários brancos.
 
Ernesto Che Guevara recebeu aula de swahili para se poder comunicar com os guerrilheiros congoleses, conversou com os padres Mugangas para neutralizar as diretrizes fetichistas, deu aulas de história para os que falavam francês e aprofundou o pensamento falando de tradição, colonialismo e imperialismo. Cuidou dos rebeldes e dos feridos, preparou espaços para a escola e a educação. Seu pensamento e suas ações na África tornaram-se um exemplo para todos os que acreditavam na luta pela libertação.

Em 2004, Paulo Pombolo, primeiro secretário da Juventude do Movimento Popular de Libertação de Angola, durante uma visita a Cuba junto com uma delegação, depositou flores no "Memorial Che Guevara", aos pés da escultura de bronze do heroico guerrilheiro e disse que, quando os revolucionários ficam nos lugares onde estão guardados os restos mortais de pessoas como Ernesto Che Guevara, se renovam as energias e o espírito patriótico para continuar a luta. “Na guerra de libertação de Angola, os nossos líderes se inspiraram na experiência, inteligência e capacidade do Che. Quando ele passou no Congo, o Movimento de Libertação de Angola tinha uma base là, e là ele encontrou com Agostinho Neto e Lúcio Lara. Em 1975 criamos o programa de nossa independência graças à sua própria experiência”.
 
Carlos Bellibello, famoso economista a analista político de Angola, era um conselheiro da presidência angolana. Em 1997 contou ao jornal cubano Granma, de quando ele teve o privilégio de conhecer Che Guevara, durante a viagem que o argentino fez na África, no final de 1964:
 
 “Nós do MPLA lutávamos na Angola. Ernesto Che Guevara, com a grande humildade que sempre o caracterizou e com um enorme respeito para com nossas opiniões, nos falou da experiência cubana e do papel que precisavam desempenhar os líderes revolucionários na guerra de libertação nacional. Estar ao lado do povo, ao lado dos que estavam dispostos a dar sua vida pela liberdade. No nosso contato com ele trocamos experiências e aprendemos o seu conceito científico do mundo, do colonialismo e do imperialismo.
Sabíamos de seu profundo sentimento solidário e internacionalista. Somente um homem que tivesse a capacidade do Che Guevara, e com um pensamento político avançado, mesmo vindo do hemisfério ocidental, poderia entender a nossa realidade e lutar, arriscando a vida, pela África. Ernesto Che Guevara deixou a África para se preparar para a guerrilha do Exército de Libertação Nacional da Bolívia e, apesar do que se falou para distorcer a realidade de sua vida heroica de forma mesquinha, eu aqui digo que Che deixou a África vitorioso. Thombe foi expulso do Congo. Os ensinamentos de Che Guevara vivem ainda, hoje em dia, na África, na independência das colônias portuguesas, nas batalhas triunfantes de Cabinda e em outras regiões de Angola. Che Guevara vive na alma dos povos africanos, que expressam sua solidariedade com Cuba e mantém viva a sua imagem, como uma bandeira nas fachadas das casas”.
 
Artigo publicado na revista italiana “Latinoamerica e tutti i sud del mondo”, dirigida por Gianni Minà (n. 3-2005).
 
Traduzione in portoghese di Antonio Carlos Monteiro Teixeira Sobrinho
NELLA FOTO IL GIOVANE MEDICO ERNESTO CHE GUEVARA CON IL SUO AMICO BIOCHIMICO ALBERTO GRANADO NEL VIAGGIO CHE INTRAPRESERO NEL 1951 A BORDO DELLA MOTO "LA PODEROSA" PERCORRENDO BUONA PARTE DEL SUDAMERICA. NEL 2004 PER RICORDARE IL LORO VIAGGIO NACQUE IL FILM "I DIARI DELLA MOTOCICLETTA" DI WALTER SALLES E IL DOCUMENTARIO DI GIANNI MINA' "IN VIAGGIO CON IL CHE" VINCITORE DEL PRIMO PREMIO NEL SETTORE DOCUMENTARI AL FESTIVAL DI MONTREAL E IL NASTRO D'ARGENTO IN ITALIA. SEGNALIAMO ANCHE IL LIBRO "UN GITANO SEDENTARIO" DI ALBERTO GRANADO (ED. SPERLING &KUPFER, c2005, p. 329) nel quale Granado rievoca il suo viaggio con Ernesto Guevara. Questo viaggio avrebbe segnato il destino di entrambi, mettendoli di fronte al degrado e alla miseria di tanta parte della popolazione. Al loro ritorno, Ernesto iniziò il suo impegno rivoluzionario e Alberto si dedicò alla cura dei lebbrosi. Si ritrovano nel 1961 nella Cuba conquistata da Fidel Castro, dove il comandante Che Guevara si era ormai stabilito. All'invito del compagno, Alberto lasciò il suo lavoro all'università di Caracas e si trasferì nell'isola, dove aprì una scuola di medicina e partecipò con entusiasmo alla costruzione di una nuova società.
IN BRASILE LA CANZONE "SOY LOCO POR TI AMERICA" (GILBERTO GIL & CAPINAN) nacque proprio per ricordare Ernesto Che Guevara e il suo grande significato nel mondo latinoamericano. Il paroliere e poeta José Carlos Capinan afferma: "[...] La morte del Che fu la ragione che mi spinse a scrivere una canzone memoriale, fatta immediatamente e automaticamente, dopo aver appreso la notizia della sua morte. [...]. Nello scriverla ho cercato parole di portoghese e castigliano che non mostrassero le loro differenze. Dal punto di visto della sonorità alcune parole mi sembravano più poetiche in castigliano che in portoghese. Ricordavano Federico Garcia Lorca. Inoltre c'era il discorso legata ad una estetica del continente, in un'epoca in cui le diverse questioni di ogni Paese si avvicinavano molto. Una latinità di mondo alternativo."   Intervista a A.Torres (Nov. 2007-Qualdelas, Blogspot)
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Antonella Rita Roscilli, brasilianista e giornalista. Si dedica alla divulgazione di cultura e attualità del Brasile e Paesi dell’Africa. Laureata in Lingua e Lett. Brasiliana presso “La Sapienza”, Università di Roma, è Mestre em Cultura e Sociedade (Facom-Ufba). Biografa della memorialista Zélia Gattai Amado, ha pubblicato le opere Zélia de Euá Rodeada de Estrelas (ed. Casa de Palavras, 2006), Da palavra à imagem em “Anarquistas, graças a Deus” (ed. Edufba/Fapesb, 2011). Ha curato la post-fazione dell’edizione italiana di Un cappello di viaggio (ed. Sperling &Kupfer) di Zélia Gattai. Collaboratrice della "Fundação Casa de Jorge Amado" di Salvador (Bahia). Membro corrispondente dell'ALB (Academia de Letras da Bahia) e Socia correspondente dell’IGHB (Instituto Geográfico e Histórico da Bahia).