Il cordel di Antônio Vieira, santamarense del Recôncavo baiano
Antonella Rita Roscilli
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

Molti anni fa in Brasile conobbi e accompagnai da vicino l'arte del poeta e cordelista Antônio Vieira. Mi piaceva andare a casa sua, salendo la lunga scala bianca vicino a Dique do Tororó, a Salvador Bahia e venni sempre ricevuta molto bene da lui e da tutta la sua famiglia. Mi piaceva ascoltarlo parlare, cantare, raccontare. Poi prendeva la chitarra e declamava cordeis. Era delizioso ascoltarlo. Ricordo che comprai quasi tutta la sua opera che custodisco tuttora con molto affetto. Era originario di Santo Amaro da Purificação e diceva in versi: "I nomi dei poeti popolari dovrebbero stare sulla bocca del popolo!" Questo era il desiderio maggiore di Antônio Vieira, uno dei grandi esponenti nordestini della "literatura de cordel", arte popolare trasmessa in piccoli brici i cui fogli erano messi insieme da una cordicella.
 
La letteratura del cordel apparve nel XVI secolo nella penisola iberica e, attraverso i colonizzatori portoghesi, giunse a Salvador, capitale del Brasile fino al 1763. Qui, nel nordest brasiliano, si rinnovò e “ricevette sangue nuovo” come dice Antonio in un cordel: “La nostra poesia è una sola e io non vedo ragione per separarla  / Tutta la conoscenza che qui esiste / arrivò in un' unica nave…/ e qui, all’arrivo…. / la poesia ricevette sangue nuovo, elementi salutari”.
 
Ben sintetizza il pensiero di Antonio che riconosceva l’importanza della scienza, ma lottava contro la discriminazione della saggezza popolare. Vieira era un grande conoscitore delle storie del Recôncavo Baiano, regione che ha saputo valorizzare con grande maestria illustrando costumi e tradizioni popolari della regione e non solo. Nel XIX secolo, con la nascita delle piccole tipografie, il cordel (versi in rima cantati e musicati) diventa una vera e propria peculiarità della cultura nordestina. Si vende nelle fiere, nei mercati e sarà rivalutato, quale genuina espressione di cultura popolare, solo molti anni dopo, grazie a illustri studiosi come Luis da Câmara Cascudo e Manuel Diégues Junior che contribuiscono in maniera determinante alla sua  riscoperta. 
 
I primi cordelisti sono Ugulino de Sabugi e suo fratello Nicandro, ambedue figli di Agostinho Nunes da Costa, padre della poesia popolare. Romano Elias da Paz, Manoel Caetano, Leandro Piruá, Fabiano de Queimadas, Inácio da Catingueira sono alcuni dei molti poeti popolari che cantano i loro versi  tra il XIX e il XX secolo negli stati del nordest brasiliano come Maranhão, Paraiba, Ceará e Pernambuco. Il cordelista Antonio Vieira viaggiando in queste terre tra il 1980 e il 1993 raccolse esperienze umane, apprese tradizioni, canti, inventò il cordel remoçado e nei suoi 150 libretti riportò alla luce storie altrimenti dimenticate.
 
Poeta, musicista, cantore e compositore, Antônio nacque a Santo Amaro da Purificação nel 1949 (a 73 km  da Salvador) nel Recôncavo baiano, una zona molto fertile che, fino agli anni ‘60 del secolo scorso, costituiva uno dei più importanti poli economici di Bahia, grazie allo sviluppo della coltivazione della canna da zucchero. Il padre era proprietario di un emporio e Antonio, fin da bambino, ebbe l’opportunità di conoscere ed ascoltare i  racconti di tanti clienti, molti dei quali amavano leggere cordeis per intrattenere le persone. All’età di otto anni cominciò a comporre per gioco cordeis in prosa e in rima e a 13 anni imparò a suonare la chitarra. A scuola scriveva con uno spiccata vena poetica, tanto che i professori, a volte, non credevano che ne fosse lui l’autore.
 
Continuò a farlo anche più tardi quando, da militare, espresse tutto il suo romanticismo nelle lettere che scriveva al posto dei colleghi per le rispettive fidanzate. Nel 1974 giunse nel nord di Goiás ove lavorò per  14 anni nel settore di legalizzazione delle terre pubbliche per conto dello Stato integrando una equipe di tecnici. Era un tecnico agricolo e ciò gli facilitò la conoscenza della foresta. Usava stivali, cappello, in certe circostanze anche il coltello. Ma per lui la foresta era anche una geografia privilegiata per conoscere meglio gli uomini e le loro storie: “La storia dei meno favoriti mi ha sempre attratto, ho sempre voluto comprendere il motivo delle differenze sociali” mi disse in una lunga intervista nel 2006.
 
La terra e la causa agricola gli aprirono nuovi orizzonti mostrandogli un Brasile visto dal basso e servirono di ispirazione per le cronache  popolari che scriveva su un giornale locale. Inoltre, componeva musiche con elementi caratteristici della regione collaborando a un movimento teatrale. Poi si spostò in altre zone, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Belém, São Luis e accumulò  storie di vita: “Mentre gli altri andavano solo per lavoro, io facevo appassionate ricerche socio-economiche e annotavo termini, concetti, spesso entravo in contatto anche con le comunità degli indios”.
 
Quando tornò a Salvador, carico di esperienze umane, unì la cultura della sua regione con quella acquisita all’interno del Brasile e decise di scrivere sui differenti “Brasili” che aveva conosciuto per fare un'opera di coscientizzazione. Iniziò con la prosa, ma poi scelse il cordel perché lo considerava un mezzo di espressione ideale: "il cordel proviene dall’ispirazione popolare ed è universale". Arriva a tutti, persone semplici, alfabetizzati, analfabeti e intellettuali. “ Il cordelista che vive una realtà scrive per dire che il popolo può giungere alle proprie conclusioni a dispetto delle imposizioni culturali che i dominatori tentano di impiantare”.
 
Spesso il cordel era visto come divertimento,  con frasi e storielle allegre che non traducevano la realtà. Invece Antonio decise di riempirlo di messaggi in grado di  svegliare le coscienze. Inventò perciò il cordel remoçado (cordel ringiovanito): un cordel antico in termini di struttura e di tradizione, ma adeguato alla modernità, capace di concorrere con altre arti, capace di portare a conoscenza del pubblico fatti storici, biografici, atti ed eventi della cultura che, per varie ragioni, sfuggono alla storia ufficiale. Infatti le storie e i personaggi di Antonio Vieira ritrattano la forma di vivere del popolo brasiliano, soprattutto della cultura nordestina e salvano dall’oblio momenti, gesti, i mille modi in cui il popolo e i suoi eroi intervennero nel corso della formazione del Brasile. Nella sua musica ritroviamo lezioni di vita e storia brasiliana, anche quella negata dai libri ufficiali.
 
C'è la storia della Conjuração Baiana, la storia del capoeirista santamarense Besouro, di Serapião e Gustavo. Infatti Antônio ha sempre tenuto fede ad un principio che amava ricordare: “Con il cordel si può parlare di fatti storici dimenticati. La storia ufficiale relega sempre in un angolo il ruolo del popolo. Io invece mi concentro proprio su questo”. Antonio utilizzava  anche la chitarra e tutti i ritmi musicali, adattandoli al personaggio o al tema, senza alcuna frontiera. Tradizionalmente, per accompagnare il cordel, vengono utilizzati tre strumenti: pandeiro, viola, rabeca, strumenti importati dagli europei.
 
Diceva: “Il mio scopo è quello di diffondere informazioni: per esempio nel cordel ‘Se il treno è progresso, perché si è fermato?’ parlo della mia indignazione dovuta al fatto che la ferrovia venne smantellata per favorire la multinazionale Shell”. Utilizzava anche metafore: “Qui a Bahia molti potenti vivono sfruttando  altre persone e io mando messaggi su questa tematica, traduco la mia maniera di vedere la vita e gli avvenimenti. Ma mi piace anche raccontare storielle ludiche, comiche! Mi piace la bossa nova! La musica può essere  intrattenimento, ma può essere anche un grande veicolo per l’educazione del popolo”.
 
Antônio Vieira  è autore di più di trenta lavori e dodici di questi fanno parte della collezione Histórias do Recôncavo. In Brasile ha lanciato due libri: Il cordel remoçado, storie che il popolo racconta - vol. 1 e 2”,  ha registrato il CD "O Cordel remoçado". Costanti sono stati gli interventi nelle università, scuole e istituzioni legate alla cultura dello Stato di Bahia e del Brasile. Uno dei suoi obiettivi era far si che la scuola utilizzasse il cordel come fattore di coscientizzazione.
 
Il lavoro di questo grande artista è conosciuto in diversi Paesi, specie quelli di lingua portoghese. Nel 2004 è stato invitato in Portogallo dalla compagnia di teatro Cena Lusofona  per fare presentazioni e pubblicare uno dei suoi libretti, il cordel Popó do Maculelê de Santo Amaro. In Italia nel 2006 gli è stato dedicata una intera puntata del programma radiofonico “Brasileirinho” condotta da Edson Santos a Radio Città Futura e in quella occasione fummo io e lui a porgere diverse puntate all'ospite e artista santamarense.
Antônio Vieira non si definiva un accademico perché  “…l’intellettuale di solito è vanitoso e sta al di sopra della realtà. Io invece credo che la funzione del poeta sia quella di riscattare azioni e personaggi che il popolo deve conoscere. Non possiamo fare versi solo per fare versi, non amo l’arte per l’arte, ma l’arte con  un obiettivo.”

Mi ricordo che nel 2006 alla fine della lunga intervista gli chiesi: “Cosa può fare il cordel per trasformare il mondo? “. I suoi grandi occhi risero e rispose:” In questo caso il cordel agisce come quell’uccellino che prendeva con il becco goccioline di acqua per spegnere l’incendio divampato nella foresta. Gli altri animali lo videro e gli chiesero: ‘Ma tu pretendi di spegnere l’incendio in questo modo?”  E l’uccellino, senza interrompere il suo lavoro, rispose: ”No, ma sto facendo la mia parte!”. E concluse: “Io sono come quell’uccellino che porta una gocciolina d’acqua, ma fa la sua parte: faccio musica e poesia per svegliare la coscienza dell’individuo”.
 
La sua preziosa eredità culturale è ora portata avanti tenacemente da sua moglie Coracy e i figli.
Resta importante per chiunque voglia conoscere o approfondire questa grande e ricca arte musicale popolare dalla quale si conosce anche tanta della storia del Nordest brasiliano.






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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

O cordel di Antônio Vieira, santamarense do Recôncavo baiano
por
Antonella Rita Roscilli


                                                       
                                                        Foto di A.R.R.
 

Há muitos anos, no Brasil, conheci e acompanhei de perto a arte do poeta e cordelista Antônio Vieira. Eu gostava muito de subir aquela longa escada branca para chegar na casa dele, perto do Dique do Tororó, em Salvador Bahia e sempre fui muito bem recebido por ele e toda sua família. Gostava de ouvi-lo falar, cantar, contar a vida dele. Depois ele pegava o violão e declamava cordeis. Era uma delícia ouvi-lo. Lembro que um dia comprei quase toda a sua obra e guardo-a com muito carinho na minha casa romana. Ele era natural de Santo Amaro da Purificação e assim dizia em versos: “Os nomes dos poetas populares deveriam estar na boca do povo”. Era esse o desejo de Antônio Vieira, um dos grandes expoentes nordestinos da "literatura de cordel", arte popular transmitida em pequenos livros cujas folhas são presas por um cordão.
 
A literatura de cordel surgiu no século XVI na Península Ibérica e, através dos colonizadores portugueses, chegou a Salvador, capital do Brasil até 1763. Aqui, no Nordeste brasileiro, se renovou e "recebeu sangue novo", como diz Antonio em um cordel: “Nossa Poesia è uma e não vejo razão para separá-la / Todo o conhecimento que existe aqui / chegou em um navio… / e aqui, na chegada…. / o poema recebeu sangue novo, elementos saudáveis ​​”.
 
Isso resume bem o pensamento de Antônio que reconhecia a importância da ciência, mas lutou contra a discriminação contra a sabedoria popular. Vieira foi um grande conhecedor das histórias do Recôncavo Baiano, região que sabia contar com grande habilidade, ilustrando os costumes e tradições populares da região. No século XIX, com o nascimento dos pequenos impressores, o cordel (versos rimados cantados e musicados) tornou-se uma verdadeira peculiaridade da cultura nordestina. Era vendido em feiras, em mercados e só foi reavaliado, como verdadeira expressão da cultura popular, muitos anos depois, graças a ilustres estudiosos como Luís da Câmara Cascudo e Manuel Diégues Junior que contribuíram significativamente para a sua redescoberta.
 
Os primeiros cordelistas foram Ugulino de Sabugi e o irmão Nicandro, ambos filhos de Agostinho Nunes da Costa, pai da poesia popular. Romano Elias da Paz, Manoel Caetano, Leandro Piruá, Fabiano de Queimadas, Inácio da Catingueira eram alguns dos muitos poetas populares que cantavam seus versos entre os séculos 19 e 20 nos estados do Nordeste brasileiro como Maranhão, Paraíba, Ceará e Pernambuco. O cordelista Antonio Vieira que viajou por estas terras entre 1980 e 1993 recolheu experiências humanas, aprendeu tradições, canções, inventou o cordel remoçado e nos seus 150 livrinhos trouxe à luz histórias outrora esquecidas.
 
Poeta, músico, cantor e compositor, Antonio nasceu em Santo Amaro da Purificação em 1949 (73 km de Salvador) no Recôncavo Baiano, uma região muito fértil que, até a década de 1960, foi um dos mais importantes pólos econômicos da Bahia, graças ao cultivo da cana-de-açúcar. Seu pai era dono de uma loja e Antonio, ainda criança, teve a oportunidade de conhecer e ouvir as histórias dos  clientes, muitos dos quais adoravam ler cordeis para divertir as pessoas. Aos oito anos de idade começou a compor prosa e rima, cordeis, para se divertir e aos 13 anos aprendeu a tocar violão. Na escola escrevia com forte veia poética, tanto que os professores, às vezes, não acreditavam que ele próprio fosse o autor.
 
Continuou a fazê-lo sempre, também quando, mais tarde, expressava todo o seu romantismo nas longas cartas que escrevia no lugar de seus colegas para as respectivas namoradas. Em 1974 chegou ao norte de Goiás onde atuou por 14 anos no setor de regularização de terras públicas em nome do estado, integrando uma equipe de técnicos. Ele era técnico agrícola e isso facilitou seu conhecimento da floresta. Ele usava botas, chapéu, em certas circunstâncias até a faca. Mas para ele a floresta também era uma geografia privilegiada para conhecer melhor os homens e suas histórias: "A história dos menos favorecidos sempre me atraiu, sempre quis entender o porquê das diferenças sociais", disse-me numa longa entrevista em 2006.
 
A terra abriu-lhe novos horizontes ao mostrar-lhe um Brasil visto de baixo e serviu de inspiração para as notícias populares que escrevia num jornal local. Além disso, compôs música com elementos característicos da região colaborando com um movimento teatral. Depois mudou-se para outras áreas, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Belém, São Luís e acumulou outras histórias de vida: “Enquanto os outros iam só para trabalhar, eu fazia pesquisas socioeconômicas apaixonadas e escrevia termos, conceitos, muitas vezes entrava em contato também com as comunidades indígenas ”.
 
Quando voltou para Salvador, cheio de experiências humanas, combinou a cultura de sua região com a adquirida durante as longas andanças e resolveu escrever sobre os diversos “brasileiros” que conheceu fazendo um trabalho de conscientização. Começou com a prosa, mas depois escolheu o cordel por considerá-lo um meio ideal de expressão: "o cordel vem de inspiração popular e é universal". Atinge a todos, pessoas simples, alfabetizadas, analfabetas e intelectuais. “O cordelista que vive uma realidade escreve para dizer que o povo pode tirar suas próprias conclusões apesar das imposições culturais que os governantes tentam estabelecer”.
 
O cordel costumava ser visto como uma brincadeira, com frases alegres e piadas que não traduziam a realidade. Em vez disso, Antônio decidiu enriquecê-lo com mensagens capazes de despertar as consciências. Por isso, inventou o cordel remoçado: um cordel milenar em estrutura e tradição, mas adequado à modernidade, capaz de competir com outras artes, capaz de trazer ao conhecimento do público fatos históricos, biográficos, atos e acontecimentos culturais que, por diversos motivos, escapam à história oficial. De fato, as histórias e personagens de Antonio Vieira retratam o modo de vida do povo brasileiro, principalmente da cultura nordestina e salvam do esquecimento momentos, gestos, as mil maneiras com que o povo e seus heróis intervieram no processo da formação do Brasil. Em sua música encontramos aulas de vida e histórias brasileiras, às vezes até esquecidas nos livros oficiais.
 
Por exemplo sobre a história do Conjuração baiana, ou a história do capoeirista santamarense Besouro, Serapião e Gustavo. Na verdade, Antônio sempre se manteve firme e tinha fé em um princípio que gostava sempre de lembrar: “Com o cordel podemos falar sobre fatos históricos esquecidos. A história oficial sempre relega o papel do povo em um cantinho. Eu, ao contrario, quero focar justamente nisso ”. Antônio também usou o violão e todos os ritmos musicais, adaptando-os ao personagem ou tema, sem nenhum tipo de fronteira. Tradicionalmente, três instrumentos são usados ​​para acompanhar o cordel: pandeiro, viola, rabeca, instrumentos importados pelos europeus.
 
Ele me disse: “Meu propósito é divulgar informações: por exemplo no cordel 'Se o trem está progredindo, por que parou?' falo da minha indignação pelo fato de a ferrovia ter sido desmontada para favorecer a multinacional Shell”. Ele também usava metáforas: “Aqui na Bahia muitos poderosos vivem explorando e eu mando mensagens sobre esse assunto, traduzco minha forma de ver a vida e os acontecimentos. Mas também gosto de contar histórias divertidas e cômicas. E amo a bossa nova! A música pode ser entretenimento, mas também pode ser um ótimo veículo para educar as pessoas ”.
 
Antonio Vieira é autor de mais de trinta obras e doze delas fazem parte da coleção Histórias do Recôncavo. No Brasil lançou dois livros: O cordel remoçado, histórias que o povo conta - vol. 1 e 2, gravou o CD O Cordel remoçado. Foram constantes as palestras em universidades, escolas e instituições ligadas à cultura baiana e brasileira. Um de seus objetivos era fazer com que a escola usasse o cordel como fator de conscientização.
 
A obra deste grande artista é conhecida em vários países, principalmente de língua portuguesa. Em 2004 foi convidado no Portugal pela Companhia de teatro Cena Lusófona para fazer apresentações e publicar um dos seus libretos, o cordel Popó do Maculelê de Santo Amaro. Na Itália, em 2006, foi dedicado a ele um programa inteiro de "Brasileirinho" na Radio Città Futura de Roma, programa de Edson Santos e na ocasião fomos eu e Edson a fazer perguntas pelo telefone ao grande cordelista santamarense.
 
Antonio Vieira não se definia intelectual porque “... o intelectual costuma ser vaidoso e a se sentir sempre acima da realidade. Por outro lado, acredito que a função do poeta é resgatar ações e personagens que o povo deve conhecer. Não podemos fazer versos só para fazer versos, não amo a arte pela arte, mas arte com um objetivo.”
 
Lembro que em 2006, no final de uma longa entrevista, perguntei a ele: “O que o cordel pode fazer para transformar o mundo? " Seus grandes olhos riram e responderam: “Neste caso, o cordel age como aquele passarinho que pegava com o biquinho as gotas d'água para apagar o fogo na floresta. Os outros animais o viram e perguntaram: 'Mas você acha que vai apagar o fogo dessa forma?' E o passarinho, sem interromper o seu trabalho, respondeu: "Não, mas estou fazendo a minha parte!"
E concluiu dizendo: “Eu sou como aquele passarinho que carrega uma gota d'água, mas faz a sua parte: faço música e poesia para despertar a consciência do indivíduo”.
 
Sua preciosa herança cultural é agora tenazmente mantida em vida por sua esposa Coracy e seus filhos.
Continua sendo importante para quem queira conhecer ou aprofundar esta grande e rica herança de arte musical popular, através da qual também se pode conhecer boa parte da história e da alma do Nordeste brasileiro.
 



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