Fado, l'Anima lusitana
Rafael Campanile
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

Dopo 16 anni di vita in Portogallo potrei parlare di migliaia di cose che amo di questo paese. Il Portogallo possiede un fenomeno che mi stupisce e che, finora, ho notato solo qui: un piccolo paese come questo riesce ad avere una enorme varietà naturale, culturale, di accenti e di costumi, notevolmente diversificati nel giro di pochi chilometri. Patria di una fantastica culinaria che va dal mare alla terra, con una moltitudine di possibilità e sapori. Un paese in cui un operaio e un giudice possono andare nello stesso ristorante senza destare stupore. Una terra piena di grandi scrittori, poeti e artisti.

Tra queste e altre cose che amo, uno dei simboli più emblematici del Portogallo che non aveva conquistato il mio cuore fino a pochi mesi fa era il fado. Detestavo il fado. Può sembrare scortese, ma questa è la verità. Sono musicista e brasiliano, vengo da un paese dove la saudade e la tristezza vengono trattate in musica con melodie romantiche e di solito con un ritmo che puoi persino ballare. Forse la bossa nova e il samba sono un pò la sintesi di questa antitesi brasiliana: testi tragici e tristi cantati con gioia e un ritmo contagioso. Coloro che vogliono comprendere meglio, potrebbero ascoltare "Saudosa Maloca" o "A Felicidade" di Vinícius de Moraes.

Ma il fado per me non era così. C'erano dentro un peso e una densità che mi davano fastidio ... Quel lamento, tragedia, fatalismo ...Belle donne, tutte coperte di nero, che cantavano i loro lamenti... Non ho detto che la musica portoghese non mi piacesse, al contrario, la amo molto. Partendo dalla musica popolare portoghese (che, secondo me, è forse uno dei più grandi tesori sconosciuti allo stesso pubblico portoghese)  fino alle bande di rock, attraverso la musica di protesta, indie ecc., io sono un consumatore di musica portoghese. Ma il fado ... Oh, il fado ... Non c'era modo di piacermi. Finchè....

In una bella giornata, in pieno agosto 2017, durante una vacanza a Lisbona, accompagnato da familiari giunti in visita dal Brasile, sorse una richiesta tipica dei turisti: "Vorremmo conoscere una casa di fado". Mi risuonò come un "programa de indio"(N.d.T. fare qualcosa che fanno tutti), ma vabene, non sarebbe stata la prima volta che avrei visto il fado dal vivo. Confesso che fino ad allora avevo visto solo dilettanti suonare il fado, e in luoghi "niente fado, per così dire. Avevo assistito al concerto di Mariza e ammetto di essere rimasto incantato dalla sua potenza vocale e dalla sua presenza. Ma molti amanti del fado ne parlavano male, il che mi fece apprezzare ancor meno il fado, perché se a chi se ne intende non piaceva, (e a me quella musica era piaciuta), allora il problema era proprio il fado.

Tuttavia era cambiato qualcosa, dal giorno della proposta fino alla tanto attesa serata. Sembra che lo spirito del fado avesse cominciato ad accompagnarmi e a tentarmi come nei film dell'orrore.
Lisbona è una città bellissima, assolutamente bellissima e perfetta per coloro che amano passeggiare e godersi i suoi particolari, perché la sua bellezza non è, a mio parere, nei grandi monumenti, ma è nei vicoli, le stradine con caffè e negozi antichi, suoni e profumi. E tutta questa lusitanità urbana minimalista si cominciò a preparare per la serata in questione.

Se vuoi veramente conoscere una città, chiedi ad uno del posto, ne vale la pena. Io lo feci. Chiamai un amico produttore musicale, lisbonese genuino. Mi indicò il posto che secondo lui era quello più tradizionale  dove si faceva il fado: "A Tasca do Chico", nel quartiere di Alfama. "Tasca" è una mistura di ristorante e bar, di solito di piccole dimensioni, ove gli stessi proprietari servono ai tavoli quelli che sono i i migliori snack tipici portoghesi. Chiunque visiti il ​​Portogallo dovrebbe visitarne uno e, se all'ingresso, ti saluta un cameriere in giacca e cravatta, fuggi immediatamente! Questa non è una vera tasca!

La notte era bella, quasi bella come la passeggiata ad Alfama, con le sue salite e un centinaio di piccoli ristoranti e bar delle specie più varie. Arrivammo davanti alla "Tasca do Chico", stavo per aprire la porta per entrare quando, all'improvviso, un signore gridando mi disse di fermarmi. Era Chico in persona. Mi sentii come un ladro in procinto di rapinare una casa. A brutto muso e voce roca il signore disse che non potevamo aprire la porta perchè stavano cantando, era pieno e, probabilmente, non c' era posto (il tipico malumore lusitano che, dopo 5 minuti di dialogo,si trasforma in risata...). In quel momento, come un bambino che riceve un rimprovero da sua madre, mi scusai e attesi.

Trovai un tavolo per quattro. Lo spazio era piccolo, buio e c'era odore di vino. Nel corridoio c' erano tre sedie vuote con le chitarre appoggiate accanto ad ogni sedia. Dopo aver chiesto sangria, il signor Chico, non più serio, chiese a tutti di tacere, perché il cantante "tal de' tali" stava per entrare a cantare. Le luci si spensero e il luogo, che era già buio, si fece di un'oscurità totale. Entrò una signora cieca accompagnata da una persona che la aiutò a posizionarsi sul palco. Senza amplificazione, la sua voce non riempiva l'intero locale.

Due chitarre, una chitarra portoghese e una voce. Mi colpì come un'onda d'urto! C'erano tre canzoni, tre destini, il silenzio nel locale era assoluto e venne interrotto solo quando la cantante chiese al pubblico di seguire le linee di un fado corridinho (una variante allegra). Al termine ci fu un grande applauso, le luci si accesero e, come per magia, il signor Chico, accompagnato da una ragazza, servì più vino e cibo a tutti  All'improvviso, l'odore delle salsicce arrosto e del baccalà si mescolò alle conversazioni a voce alta, ma il locale cambiò altrettanto rapidamente. Ancora una volta il proprietario interruppe tutto e ripeté il rituale.

Questo andò avanti per tutta la serata. La dinamica del luogo vuole che musicisti e fadisti arrivino, cantino tre o quattro canzoni e poi proseguano la loro serata per altri locali. Non c'erano differenze, vedemmo esibirsi cantanti famosi e dilettanti con lo stesso entusiasmo e lo stesso atteggiamento informale. In quella casa si respirava Lisbona in ogni centimetro e noi respiravamo con lei. Rimanemmo quasi fino alla chiusura del locale e io uscii con la certezza di aver trascorso una delle migliori serate della mia vita.  
 
Per concludere, devo riconoscerlo: dopo tanto tempo di travagliata relazione, il fado mi aveva conquistato! Era stato necessario andare nel suo habitat per capire che il lamento non è poi così pesante, che la tristezza e il fatalismo dei testi non sono poi così tragici. Le voci potenti e il suono delle chitarre sono ipnotizzanti, e tutta questa musica comincia a mischiarsi al vino, al locale, al signor Chico ed esce per le strade del quartiere, per il Tejo, si espande per un paese e - allora si! - si trasforma in fado. Si discute molto sulla origine del fado. In effetti, importa poco. Niente è più portoghese del fado e, dopo quella notte, io sono diventato certamente più lusitano di quanto potessi immaginare.


Rafael Campanile. Brasiliano nato a Passo Fundo, nel Rio Grande do Sul, nipote di italiani. Ha iniziato a dedicarsi alla musica all'età di 15 anni. Laureato in Contrabasso alla "Wichita State University", dopo cinque anni negli Stati Uniti, venne invitato in Portogallo, ove risiede fino ad ora. E lì lavora come musicista, produttore e compositore, oltre ad essere il direttore della Scuola di Arti "Palco Central".

Traduzione in italiano di A.R.R:

© SARAPEGBE                                                             
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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Fado, a Alma lusitana
por
Rafael Campanile

              
                                                                   

Após 16 anos morando em Portugal poderia discorrer sobre milhares de coisas que eu adoro nesse país. Portugal possui um fenómeno que me espanta e encanta que só vi aqui: um país minúsculo que consegue ter uma variedade natural, cultural, de sotaques e de costumes enorme e acentuadamente diversificada ao longo de poucos quilómetros percorridos. Pátria de uma culinária fantástica que vai do mar à terra, com uma infinidade de possibilidades e sabores. Um país onde um operário e um juiz podem ir ao mesmo restaurante sem causar espanto. Uma terra cheia de grandes escritores, poetas e artistas.

De entre todas essas e outras coisas que adoro, um dos mais emblemáticos símbolos de Portugal não havia conquistado meu coração, até alguns meses atrás: o fado. Eu detestava fado. Pode parecer rude mas é a mais pura verdade. Sou músico e brasileiro, venho de um país onde a saudade e a tristeza são tratadas na música com melodias românticas e normalmente um ritmo que você consegue até dançar. Talvez a bossa nova e o samba seja um pouco a síntese dessa antítese brasileira: letras trágicas e tristes cantadas com uma alegria e um ritmo contagiante. Para quem não entendeu procure escutar “Saudosa Maloca” ou “A Felicidade “ de Vinícius de Moraes.  

Mas o fado não é assim. Havia ali todo um peso e densidade que me incomodavam... Aquela lamúria, a tragédia, o fatalismo... Lindas mulheres, todas cobertas de negro, cantando seus lamentos... Entendam bem, eu não disse que não gostava de música portuguesa, muito pelo contrário, eu adoro música portuguesa. Da musica folclórica portuguesa (que, na minha opinião, talvez seja um dos maiores tesouros desconhecidos pelo próprio público lusitano) às bandas de rock, passando pela música de intervenção, indi e outros . Sou um consumidor de música portuguesa. Mas o fado... Ah, o fado... Não tinha maneira de gostar daquilo. Até que...

Num belo dia, em pleno agosto de 2017, durante umas férias em Lisboa, acompanhado de familiares que vieram do Brasil em visita, surgiu a ideia dos turistas: “Queremos conhecer uma casa de fados”. Aquilo me soou como um “programa de índio”, mas OK, não seria a primeira vez que eu veria fado ao vivo. Confesso, até então eu só tinha visto amadores tocando fado, e em locais “nada fadistas”, por assim dizer. Tinha assistido ao concerto de Mariza e admito que fiquei encantado com ela,  com o seu poder de voz e a sua presença. Mas muitos apreciadores de fado se fartaram de falar mal dela, o que me fez gostar menos de fado, pois se quem entende não gosta e eu gostei dela, o problema era o fado mesmo. No entanto algo tinha mudado, desde o dia em que a proposta foi feita até à tão esperada noite. Parece que o espírito do fado começou a me acompanhar e me induzir como nos filmes de terror.

Lisboa é uma cidade linda, absolutamente linda e perfeita para quem gosta de caminhar e apreciar detalhes, pois sua beleza não está nos grandes monumentos (minha opinião) mas está nas vielas, nas ruas minúsculas com cafés e lojas centenárias, nos sons e aromas. E toda essa lusitanidade urbana e minimalista começou a fazer a preparação para a noite em questão.
Se quiser realmente conhecer uma cidade, questione um nativo acerca dos locais que valem realmente a pena. Assim fiz. Liguei a um amigo produtor musical, lisboeta de gema, que me indicou aquele que, segundo ele, era o local mais tradicional e verdadeiro do fado, A Tasca do Chico, no bairro de Alfama. “Tasca” é uma mistura de restaurante e bar, normalmente pequeno e servido pelos donos, onde se podem comer os melhores petiscos típicos portugueses. Qualquer pessoa que venha visitar Portugal deve visitar uma, e se, à entrada, algum garçom de terno e gravata te receber, fuja imediatamente! Isso não é uma verdadeira tasca!

A noite estava linda, quase tão linda quanto a caminhada em Alfama, com suas ladeiras e uma centena de pequenos restaurantes e bares das mais variadas espécies. Chegamos à frente d’A Tasca do Chico, entreabro porta para entrarmos, quando, subitamente, um senhor deu um grito e mandou eu parar. Era o próprio Chico. Me senti um ladrão prestes a assaltar uma casa. Com cara feia e voz ríspida o senhor disse que não poderíamos abrir a porta, pois estavam cantando, que estava lotado e, provavelmente, não haveria lugares (o típico mau humor lusitano que, após 5 minutos de conversa, se transforma em risadas...). Naquele momento, como uma criança que leva um raspanete da mãe, pedi desculpa e aguardei.

Conseguiu uma mesa para quatro. O espaço era pequeno, escuro e com cheiro a vinho. Três cadeiras vazias com guitarras pousadas ao lado ficavam no corredor. Após pedirmos uma rodada de sangria, o senhor Chico, já não tão sisudo, pede silêncio a todos, pois entraria a cantora XXX para cantar algumas canções. As luzes se apagam e o lugar, que já era escuro, fica uma penumbra total. Entra uma senhora cega acompanhada de uma pessoa que a coloca no palco. Sem amplificação nenhuma sua voz preenche toda a sala.

Dois violões, uma guitarra portuguesa e uma voz. Tudo aquilo me atingiu como uma onda de choque! Foram três canções, três fados, o silêncio na sala era absoluto e  foi quebrado somente quando a cantora pediu para o público acompanhar os versos de um fado corridinho (uma variante alegre e bem humorada). No final, fortes aplausos tomaram a sala e as luzes se ascenderam e, como por mágica, o senhor Chico, acompanhado de uma menina, serviram mais vinho e comida a todos que ali estavam. De repente, o cheiro de chouriças assadas e  bacalhau se misturaram com conversas em voz alta, mas com a mesma rapidez, a sala se transformou novamente. Mais uma vez o proprietário interrompe tudo e repete o ritual. Assim foi a noite toda, uma dinâmica em que músicos e fadistas da noite passam por lá, cantam três ou quatro músicas e seguem sua rota. Ali não há vedetismos: vemos cantores famosos e amadores com o mesmo entusiasmo e eles próprios com a mesma atitude informal. Aquela casa respira Lisboa em cada centímetro e nós a respiramos também. Quase fechamos o local e dali saí com a certeza de que foi uma das melhores noites da minha vida.

Reconheço por fim: após tanto tempo em uma relação conturbada, o Fado me pegou! Foi preciso ir ao seu habitat para entender que o lamento não é tão pesado assim, que a tristeza e fatalismo das letras não são tão trágicos. As poderosas vozes e o som das guitarras são hipnotizantes, e toda essa música começa por se misturar com o vinho, com a sala , com o senhor Chico e sai pelas ruas do bairro, pelo Tejo  e se espalha por um país e – aí, sim! –  se transforma em Fado.

Muito se discute sobre sua origem. Na verdade, pouco importa. Nada é mais português que o Fado e, após essa noite, com certeza fiquei mais lusitano do que eu pensava.




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Rafael Campanile. Brasileiro nascido em Passo Fundo, no Rio Grande do Sul, neto de italianos. Começou na música aos quinze anos. Formado em Contrabaixo na Wichita State University, após cinco anos nos EUA foi convidado a morar em Portugal onde reside até hoje, atuando como músico, produtor e compositor, além de ser o diretor da Escola de Artes "Palco Central"