Nel Museo di Modena inaugurazione della "Collezione Emiri di Cultura Materiale Yanomami"
Loretta Emiri
TESTO IN ITALIANO   (Texto em português)

 
Grazie al personale interessamento della dottoressa Ilaria Pulini, poi divenutane la direttrice, nel 2001 il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena ha acquisito la Collezione Emiri di Cultura Materiale Yanomami. Per ragioni di spazio, la collezione non potette essere esposta. All’epoca si pensava che un edificio confinante sarebbe stato incorporato al museo e che una stanza sarebbe stata riservata alla collezione. Per diciotto interminabili anni la situazione è rimasta invariata, periodo durante il quale io e i miei amici, alternativamente, abbiamo cercato di sapere cosa ne fosse della collezione, temendo persino per la sua sorte sapendola relegata in un oscuro deposito.

Il 19 maggio 2019, in occasione della Giornata Europea dei Musei, si è finalmente giunti all’inaugurazione della Collezione Yanomami. Purtroppo non sono stati esposti tutti i 176 pezzi cha la compongono, perché l’allestimento è stato fatto all’interno di una vetrina, ma è già qualcosa, “meglio di niente” asserisce il detto popolare. Durante l’incontro all’uopo organizzato e aperto al pubblico, ho iniziato a parlare proponendo il ricordo di mia madre.

Un fulmine a ciel sereno la raggiunse quando mi senti proferire la striminzita locuzione “Vado in Amazzonia”, mentre angosciosamente mi chiedeva cosa avessi a cha fare io con “le missioni”, con il “terzo mondo”. Mi tolse la parola per molti mesi, ma quando prese coscienza del valore e originalità della mia scelta di vita passò a condividere con me tutti i momenti importanti e gioiosi che precedettero la partenza, trasformandosi in quella che sarebbe divenuta la mia più grande complice e sostenitrice. Mentre operavo in foresta tra gli yanomami, nell’ottobre del 1980 ricevetti la sua visita. Quando ripartì, a febbraio del 1981, fu lei a portare in Italia i primi reperti yanomami, e continuò a farlo in occasione dei successivi tre viaggi che la riportarono nell’Amazzonia brasiliana.

All’inizio del 1982, tornai in Italia per un periodo di riposo e studio. Attraversai il Brasile prevalentemente in pullman, eccetto il tragitto Boa Vista/Manaus per il quale utilizzai l’aereo. Consapevole della sua fragilità e preziosità, durante tutto il viaggio tenni in braccio la scatola che conteneva una pentola di terracotta, manufatto già all’epoca molto raro a causa dell’introduzione delle pentole di alluminio.

Durante la permanenza in Italia, con il consenso di mia madre naturalmente, trasformai la sua sala da pranzo in un piccolo, bellissimo, museo, proteggendo gli oggetti raccolti in bacheche appositamente costruite, e in un mobile-vetrina da cui vennero espulsi bicchieri e tazzine. Dopo il primo viaggio in Brasile mia madre aveva comprato un proiettore di diapositive ed era andata alcune volte nelle scuole per parlare degli yanomami. Divenuta “curatrice” di museo, sistematicamente invitava amici e conoscenti a farle visita, desiderosa di mostrare loro gli oggetti yanomami.

Io stessa ho curato la schedatura della collezione per il museo di Modena, suddividendo i materiali nelle seguenti categorie: armi, cesteria, giocattoli, bracciali, collane, ornamenti del capo, orecchini, perizomi, utensili, botanica, zoologia. Dal mio punto di vista, gli ornamenti costituiscono il nucleo più prezioso della collezione, essendo rappresentazioni dell’anelito che ogni popolo alimenta nei confronti della bellezza, dell’arte, del senso estetico della vita.  Ciò che vividamente mi auguro è che l’esposizione susciti la curiosità di universitari e ricercatori, magari inducendo qualcuno di loro ad approfondire lo studio di determinati aspetti culturali.

Valorizzare, divulgare, fomentare interesse per tutto ciò che riguarda gli yanomami è un modo per mantenere viva l’attenzione su di loro e sul contesto socio-economico-politico che li assedia e minaccia. È quanto ho sempre fatto, e continuo a fare, convinta che sia una maniera di appoggiarli nella loro impari lotta per la sopravvivenza fisica e culturale. Infatti, quella yanomami non è una società estinta, di cui parlare al passato remoto; è una popolazione a noi contemporanea, costantemente minacciata di genocidio ed etnocidio a causa dei sistematici tentativi di invasione del suo territorio da parte  dai più svariati fronti di espansione della società capitalistica occidentale; società i cui membri si considerano superiori agli yanomami, tacciati di essere “primitivi”. Solo che per gli occidentali “ecologia” è una parola alla moda, tanto è che hanno avvelenato terra, acqua, aria; mentre per gli yanomami è una stile di vita e a provarlo è il  fatto che hanno conservato intatta la foresta amazzonica fino ai nostri giorni.
 
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Loretta Emiri. E' nata in Umbria nel 1947. Nel 1977 si è stabilita in Roraima (Brasile) dove ha vissuto per anni con gli indios Yanomami. In seguito, organizzando corsi e incontri per maestri indigeni, ha avuto contatti con varie etnie e i loro leader. Ha pubblicato il Dicionário Yãnomamè-Português, il libro etno-fotografico "Yanomami para brasileiro ver", la raccolta poetica "Mulher entre três culturas", i volumi di racconti "Amazzonia portatile e Amazzone in tempo reale" (Premio Speciale della Giuria per la Saggistica del Premio Franz Kafka Italia 2013), il romanzo breve "Quando le amazzoni diventano nonne". È anche autrice dell’inedito "A passo di tartaruga", mentre del libro "Se si riesce a sopravvivere a questa guerra non si muore più", anch’esso inedito, è la curatrice.
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TEXTO EM PORTUGUÊS   (Testo in italiano)

Na Itália inauguração da "Coleção Emiri de Cultura Material Yanomami" 
por
Loretta Emiri


                                                                       

Graças ao pessoal interesse da doutora Ilaria Pulini, que em seguida tornou-se a diretora, em 2001 o Museu Cívico, Arqueológico, Etnológico de Modena adquiriu a Coleção Emiri de Cultura Material Yanomami. Por rações de espaço, a coleção não pude ser exposta.  Na época se pensava que um prédio confinante teria sido encorpado ao museu e que uma sala teria sido reservada para a coleção. Por dezoito intermináveis anos a situação ficou inalterada, período durante o qual eu e meus amigos, alternativamente, procuramos ter notícias da coleção, até temendo por sua sorte sabendo-a  relegada num escuro deposito.

No dia 19 de maio de 2019, por ocasião da Jornada Europeia dos Museus, finalmente se chegou à inauguração  da Coleção Yanomami. Infelizmente não foram expostas todas as 176 peças que a compõem, porque a instalação foi feita dentro de uma vitrine, mas já é algo, “melhor que nada” prega o dito popular. Durante o encontro expressamente organizado e aberto ao público, comecei a falar propondo a lembrança de minha mãe. Como um fulmine em céu sereno ela foi atingida por minha sucinta locução “Me mando para a Amazônia”, enquanto angustiosamente me perguntava o que eu tinha a ver com “as missões”, com o “ terceiro mundo”. Não me falou durante muitos meses; porém, quando tomou consciência do valor e da originalidade da minha escolha de vida, passou a compartilhar comigo todos os momentos importantes e alegres que antecederam a saída, metamorfoseando-se na pessoa que seria minha maior cúmplice e apoiadora. Enquanto eu operava na floresta entre os yanomami, em outubro de 1980 recebi sua visita. Quando foi embora, em fevereiro de 1981, foi ela que levou para a Itália os primeiros refertos yanomami, e continuou a fazer isso em ocasião das posteriores três viagens que a trouxeram de volta na Amazônia brasileira.  

No começo de 1982, voltei à Itália para um período de descanso e estudo. Atravessei  o Brasil prevalentemente de ônibus, excluindo o trecho Boa Vista/Manaus pelo qual utilizei o avião. Ciente de sua fragilidade e preciosidade, durante toda a viagem, fiquei segurando no colo a caixa que continha uma panela de barro, artefato já na época muito raro devido à introdução das panelas de alumínio.  

Durante a permanência na Itália, com a permissão de minha mãe naturalmente, transformei a sua sala-de-jantar num pequeno, belíssimo museu, protegendo os objetos recolhidos em quadros especialmente construídos, e num móvel-vitrine do qual foram expulsos copos e xicaras. Após a primeira viagem ao Brasil minha mãe tinha comprado um projetor de slides  e tinha ido algumas vezes nas escolas para falar dos yanomami. Quando se tornou “curadora” de museu, sistematicamente convidava amigos e conhecidos a visitá-la, desejosa de mostrar para eles os objetos yanomami.

Eu mesma curei a catalogação da coleção para o museu de Modena, subdividindo os materiais nas seguintes categorias: armas, cestaria, brinquedos, braçais, colares, cocares, brincos, cintos, utensílios, botânica, zoologia. No meu entender, os ornamentos constituem o núcleo mais precioso da coleção, sendo representações do anseio que cada povo alimenta em relação à beleza, à arte, ao sentido estético da vida.  Aquilo que vividamente desejo é que a exposição suscite a curiosidade de universitários e pesquisadores, quem sabe levando alguns deles a aprofundar o estudo de determinados aspectos culturais.  

Valorizar, divulgar, fomentar interesse por tudo aquilo que tem a ver com os yanomami é uma maneira de manter viva a atenção sobre eles e sobre o contexto sócio-econômico-político que os cerca e ameaça. É aquilo que sempre fiz, e continuo fazendo, convencida que seja uma maneira de apoiá-los em sua luta ímpar pela sobrevivência física e cultural. De fato, a yanomami não é uma sociedade extinta, da qual falar com verbos ao passado remoto; é uma população a nós contemporânea, constantemente ameaçada de genocídio e etnocídio a causa das sistemáticas tentativas de invasão de seu território por parte das mais diversificadas frentes de expansão da sociedade capitalista ocidental; sociedade cujos membros se consideram superiores aos yanomami, apelidados de “primitivos”. Só que para os ocidentais “ecologia” é apenas uma palavra à moda, tanto é que têm envenenado a terra, a água, o ar; enquanto que para os yanomami é um estilo de vida e a prova está no fato que preservaram intacta a floresta amazônica até os nossos dias.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Traduzione in portoghese di L.E.

Loretta Emiri. Nasceu na Itália, na região Umbria, em 1947. Em 1977 estabeleceu-se em Roraima onde conviveu durante anos com os índios yanomami. Em seguida, organizando encontros e cursos de formação para professores indígenas, teve contatos com várias etnia e seus líderes. Publicou o "Dicionário Yãnomamè-Português", o livro etno-fotográfico "Yanomami para brasileiro ver", o livro de poemas "Mulher entre três culturas". Em italiano publicou os livros de contos "Amazzonia portatile, “A passo di tartaruga – Storie di una latino-americana per scelta”, “Discriminati”, Amazzone in tempo reale" (Prêmio Especial do Júri para os Ensaios do Prêmio Franz Kafka Itália 2013); publicou ainda o romance breve "Quando le amazzoni diventano nonne". Inédito é o “Romanzo indigenista”, enquanto que do livro "Se si riesce a sopravvivere a questa guerra non si muore più", inedito também, é a curadora.